Acuminate piramidi in cor-ten, bronzi che abitano foreste, scenografie teatrali, neon-icone della contemporaneità e un gigantesco Gorilla in bronzo che incede sulle dune della Feniglia: Hypermaremma è tornata, per il sesto anno di fila e in attesa dell’ultimo atto presso lo Spacco della Regina, a movimentare l’estate toscana con i suoi progetti d’arte pubblica. L’ormai conclamato Festival della bassa Toscana si guarda finalmente indietro senza distogliere lo sguardo sul futuro. A tracciare la rotta di questa esperienza, le parole di Carlo Pratis.

MB: Senza togliere d’importanza alla genesi di questo progetto, comincerei il racconto in medias res: dove si trova oggi Hypermaremma rispetto alle vostre aspettative, quali obiettivi sentite di aver raggiunto?
CP: Quest’anno, arrivati alla sesta edizione del festival, siamo riusciti a raggiungere due obbiettivi che con Matteo d’Aloja ci eravamo prefissi da tanto tempo: in primo luogo, non pensare più Hypermaremma come un evento stagionale, concependolo capace di abbracciare tutto l’anno, inaugurando opere importanti anche fuori stagione e mostrando così un’altra Maremma. Questo è stato il caso del bellissimo lightbox Left & Right di Claire Fontaine, inaugurato l’ultimo giorno dell’anno anticipando di qualche mese il trionfo di questo duo alla Biennale d’Arte. Curata personalmente da Giorgio Galotti, è diventata fin da subito un’opera iconica, che troneggia su un vecchio capannone agricolo a Pescia Fiorentina.

Il secondo obiettivo a cui tenevo personalmente da molto tempo era quello di sbarcare all’isola del Giglio nell’ottica di allargare il nostro campo d’azione e raccontare nuovi volti del territorio non limitando il progetto a uno scenario Capalbio-centrico. Questo è stato il caso dell’installazione site-specific di Giulia Mangoni, che, raccontando l’ultimo attacco dei pirati all’isola nel 1799, ha avviluppato i vicoli del borgo di Giglio Castello con dozzine di bandiere dipinte a mano rappresentanti la rocambolesca storia del patrono dell’Isola: San Mamiliano.

MB: Rimanendo sul presente, su questa edizione, il Festival ha confermato la sua tendenza a cimentarsi con opere di scala ambientale, puntando ancora più decisamente sull’aspetto land dell’arte contemporanea, una via già intrapresa agli esordi e costantemente rafforzata edizione dopo edizione. Rispetto a questo tema, quali sono gli interventi chiave di questa stagione?
CP: Anche quest’anno, fra gli altri, non sono mancati interventi monumentali, nello specifico due, molto distanti tra loro come immaginario ma entrambi di una potenza visiva incredibile. Le tre ciclopiche piramidi in corten di Mauro Staccioli, senza alcun dubbio l’artista italiano più importante del panorama internazionale per quanto riguarda interventi scultorei in dialogo col paesaggio. Un’opera storica, salvata dal passato, frutto di una collaborazione con l’Archivio dell’artista che lavora con noi sin dal 2019, primo anno del progetto.
A una manciata di minuti di macchina da quest’ultima, il Gorilla in bronzo di Davide Rivalta, inaugurato a Pasqua letteralmente nel bel mezzo di una mareggiata, oggi scruta il mare sereno presidiando la spiaggia della Feniglia.

MB: Questo atteggiamento armonico rispetto al territorio, che Hypermaremma trasmette agli artisti che partecipano al progetto, sembra virare verso un’intenzione di permanenza: in ogni edizione si è cercato di avere un lascito, un segno sul territorio che ne modificasse la morfologia creando nuovi punti di riferimento pur facendo sì che le opere fossero assorbite dai rispettivi luoghi e ne entrassero a far parte. Esiste una missione in questo senso?
CP: La direzione che sta prendendo il progetto, in maniera sempre più netta e decisa, è quella di grandi interventi che superino una loro permanenza solo stagionale sul territorio, acquistando, invece, un carattere permanente, andando così a formare tutte insieme un piccolo museo a cielo aperto fatto di tante tappe in grado di raccontare i molti volti della Maremma e del suo territorio d’eccezione.
Partendo dall’iconico Spazio Amato di Massimo Uberti (2020), passando poi per l’incredibile scultura di Giuseppe Gallo I Giocolieri dell’Armonia nel 2022, poi per il Fontanile di Giuseppe Ducrot inaugurato nel 2023 e adesso la monumentale installazione di Mauro Staccioli Prospettiva Cielo, possiamo vantare ad oggi 6 opere permanenti sul territorio.
Ultima su un piano temporale, Dal Giorno alla Notte, l’incredibile installazione di Felice Levini composta da 12 frecce di quasi quattro metri di altezza, otto delle quali hanno da poco trovato la loro collocazione definitiva nell’eccezionale Fattoria La Maliosa di Saturnia, con i suoi 170 ettari di vigneti, boschi, campi di grano e uliveti che guardano il mare.

Photo Daniele Molajoli
MB: Scorrendo la line-up di ogni edizione, salta all’occhio un altro dato interessante: la trasversalità degli artisti coinvolti. Troviamo grandi nomi internazionali italiani e stranieri, middle-career di grande prospettiva e storicizzati maestri del contemporaneo affianco a giovani promesse, ma quali sono stati gli interventi più legati alla storia e ai protagonisti del territorio?
CP: Nella nostra visione il territorio è sempre al centro di ogni narrazione del progetto. Quest’anno, in particolare, l’opera di Giulia Mangoni al Giglio si è rivelata un lavoro in grado di raccontare i miti vernacolari dell’isola e le sue storie più assurde, come l’assalto dei pirati, il miracolo di San Mamiliano e la figura di Eusebia, eroica viticultrice dell’isola.
Allo stesso tempo abbiamo anche aperto una finestra su un grandissimo artista del secondo novecento, rimasto un po’ tra le pieghe della storia, che ha fatto della Maremma la sua casa decidendo di passare ad Ansedonia il resto della sua vita: Gaetano Pompa. Una selezione di 25 incredibili bronzi realizzati fra la fine degli anni ‘69 e la fine degli anni ‘90 è stata esposta solo per un giorno in un bosco di querce della tenuta del Diaccialone a Pescia Fiorentina.

Bellissimo quest’anno anche il ritorno di Giuseppe Gallo in terra maremmana. 12 sedie in bronzo dalla presenza monumentale troneggiano davanti al Duomo di Grosseto, nella piazza centrale della città. In questo caso siamo stati invitati da un incredibile festival del capoluogo, Design Funzione Arte curato da Alessandro Corina, a pensare un intervento ad hoc. Senza dubbio una collaborazione del genere, con una realtà locale così ben strutturata, è un altro grande risultato che segna un forte legame col territorio.

MB: Cosa dobbiamo aspettarci ancora da questa edizione?
CP: A settembre ospiteremo un bellissimo progetto di Carola Bonfili, vincitore dell’ambitissimo bando Italian Council: sarà frutto di una collaborazione tra noi, il Museo MAXXI di Roma e la Fondazione Smart. Sarà la trasfigurazione di un luogo incredibile che è lo Spacco Della Regina, una fenditura molto simile ad una grotta, che attraversa il piccolo promontorio di Ansedonia.

Oltre a questo intervento, abbiamo in mente di coinvolgere musicisti e compositori della scena contemporanea per presentare diversi live all’interno di Prospettiva Cielo, la scultura monumentale da poco inaugurata di Mauro Staccioli, concepita da noi non unicamente come scultura ma come anfiteatro e palco a tutti gli effetti.