È di Elisabetta Benassi l’installazione site-specific concepita per il progetto L’ottava testa, che verrà inaugurata il prossimo 10 giugno 2024 nel Chiostro di Michelangelo delle Terme di Diocleziano. Un’arte contemporanea che con fermezza esperisce l’antico, senza alcuna sfrontatezza, dissonanza o ambiziosa pretesa, in un continuum dialogico delicato e potente che, inevitabilmente, funziona.
Una splendida iniziativa profondamente legata alla città di Roma – che arricchisce il fascino immutabile della capitale – promossa dal Museo Nazionale Romano e dall’Associazione Mecenati Roman Heritage, presieduta da Ugo Pierucci che ha manifestato l’orgoglio per «aver potuto realizzare un progetto così importante per il Museo, restituendo a queste opere la loro originaria bellezza, unitamente a una presenza contemporanea per uno sguardo che dialoga verso il futuro». Nel comitato scientifico troviamo altrettanti illustri nomi, Maite Bulgari – tra i fondatori dell’omonima associazione – Damiana Leoni, contemporary art consultant, Massimo Osanna, direttore Generale Musei presso il Ministero della Cultura, Ludovico Pratesi, curatore e critico d’arte e Stéphane Verger, che dirige il Museo.
Un’opera che, come lo stesso comitato ha affermato, «spicca per l’originalità» e «induce a riflessioni sulle capacità dell’artista di affrontare il soggetto attraverso un utilizzo consapevole della forza innovativa dei linguaggi del contemporaneo in rapporto all’arte classica». Elisabetta Benassi ci restituisce infatti un classico che – come lei stessa ha definito – è «un nodo da ripensare» tra un presente e un passato che inequivocabilmente è necessario percepire in modo «dialettico» e non «lineare», perchè solo così si può comprendere davvero. Un contemporaneo che diventa persuasivo, solo nel momento in cui abbandona il concetto di evoluzione: evolversi presuppone il raggiungimento di un apice, che nell’arte odierna – viste le infinite sfaccettature – è un paradosso.
Scopo principale de L’ottava testa è infatti quello di restaurare le sette sculture in marmo che da fine Ottocento sono accolte negli spazio del Chiostro di Michelangelo. Presente poi un ottavo pilastro – ecco il nome dell’iniziativa – ma assente la scultura che dovrebbe adornarlo: ed è proprio qui che è entrata in gioco la sperimentazione artistica di Elisabetta Benassi. E Roma, ancora una volta, conferma di non essere solo culla di una estetica antica, sintesi tra forma e contenuto: in questo caso si risignifica il passato, brillantemente si sperimenta e con profondo rispetto, lo si ascolta. La Benassi si interroga sul vissuto, lo scava, diventa testimone di una intensa e tortuosa comprensione di un qualcosa che è stato e dal quale, nel bene o nel male proveniamo. Qualcosa di prezioso, da non dimenticare o sostituire, ma accettare e – consapevoli dei nostri limiti – comprendere.