Fare arte è un’impresa: i traguardi di Eugenia Delfini e l’ultima personale di Narcisa Monni nella galleria di Via Giulia

In occasione dell’ultima personale dell’artista di Alghero all’interno degli spazi della Galleria, abbiamo intervistato la curatrice e imprenditrice Eugenia Delfini, indagando l’origine di un’annata di successi

Ruvida e aspra: la terra sarda si svela come un’affascinante epopea scolpita nella roccia, una sinfonia di contrasti che danza tra asprezze e dolcezze, tra aridità e rigoglio, tra forza e delicatezza. I suoi paesaggi, battuti dal maestrale, raccontano storie di resistenza e resilienza. Le montagne coriacee si ergono fieramente, testimoni mutevoli di antichi segreti, mentre le pianure aride parlano di un terreno che ha visto la fatica degli uomini piegarsi alla sua rudezza. Lasciandoci andare a metaforiche riflessioni barocche possiamo perderci nelle similitudini che vedono combaciare perfettamente le peculiarità dei dipinti di Narcisa Monni (1981, Alghero) e la sua terra natia, la Sardegna.

Il lavoro di Narcisa Monni riflette l’ansia per un futuro tecnologicamente dominante e la nostalgia per un passato evocato ma temuto. Questa tensione riflette la nevrosi temporale della nostra era, intrappolandoci in una molteplicità temporale paranoica, incapaci di abbracciare il presente in costante cambiamento. Nonostante la sua generazione sia immersa nel mondo digitale, Monni sceglie la pittura come mezzo espressivo. Questa pittura si trasforma nell’unguento utile a cicatrizzare le ferite di una vita sull’orlo della paralisi, offrendo calore e un’ancoraggio esistenziale in un’era di astrazione. La sua opera si presenta come un riflesso della nostra lotta interiore tra il desiderio di connessione umana autentica e l’impatto della sempre crescente digitalizzazione nella nostra esistenza.

Narcisa Monni è protagonista di Rosa Carne, l’esposizione  che ha traghettato la Galleria romana di Eugenia Delfini dal 2023 al 2024. Nel percorso ideato dalla gallerista negli spazi di Via Giulia, viene presentata una selezioni di lavori che definiscono lo spaccato biografico vissuto dall’artista durante la pandemia del 2020. La dimensione individuale interpretata nei dipinti che partono dalla memoria dell’artista si trasforma ben presto in un racconto capace di catalizzare il riconoscimento collettivo. La storia di Narcisa Moni è la storia di chiunque di noi, della nostra angoscia e del nostro desiderio di rinascita. Abbiamo parlato con Eugenia delfini dell’opera di Narcisa Monni, della sua poetica e del criterio di selezione che ha portato l’artista sarda a presentare il suo lavoro in una duplice cornice. La gallerista e curatrice apre le porte della sua galleria per parlare inoltre della sua visione che mette in equilibrio il carattere imprenditoriale e la vocazione curatoriale della sua attività, mai dimenticando l’essenza di una vita professionale dedicata alla ricerca e all’innovazione in campo artistico. 

Cara Eugenia, è trascorso ormai più di un anno dall’inaugurazione della prima mostra della tua galleria, un anno intenso, pieno di traguardi raggiunti si direbbe, sei soddisfatta del percorso fatto fino a oggi?

Molto…ma c’è ancora tanto da fare! In primis il mio background curatoriale è stato senza dubbio di aiuto, poi la partecipazione ad Artissima lo scorso novembre e il premio Identity Fund for New Entries ricevuto in quell’occasione hanno sicuramente acceso i riflettori sulla galleria nonché attirato nuovo pubblico in galleria, infine, la partecipazione alla Roma Arte in Nuvola è servita ad ampliare il mio raggio di azione e dimostrare che la galleria è un organismo che si adatta a diverse circostanze…ma di nuovo, sento di essere solo agli inizi! I primi due e tre anni servono davvero a porre le basi per qualcosa, si spera, di più grande!

L’idea di aprire una galleria sappiamo che non è sempre stata il tuo obiettivo finale: il progetto prevedeva qualcosa di più simile a un residency program che a uno spazio commerciale ma le cose sono andate diversamente. A oggi sei convinta di aver trovato la dimensione più adeguata alla tua pratica?

Sì è vero, inizialmente avevo in testa una forma diversa, un luogo per la ricerca ma anche per la vendita delle opere, poi ho dovuto ridimensionare e partire con la galleria. Nonostante ciò non vedo la galleria come un ripiego, ma anzi come una grande scoperta! Quest’anno è stato pieno di soddisfazioni ma anche di grandi fatiche e momenti di sconforto, eppure mi piace tantissimo questo lavoro perché prevede non solo la cura delle mostre ma anche la pianificazione di un programma e di una serie di strategie, lo costruzione di nuove relazioni nonché una grossa energia per partecipare agli eventi pubblici. Dunque, si per ora credo di aver trovato la dimensione più adeguata ma non escludo affatto che qualche altro progetto o collaborazione possa portarmi a lavorare con gli artisti in altri contesti.

L’esperienza precedente all’apertura della galleria che ha segnato il tuo percorso personale ti ha visto impegnata con esperienze di curatela anche oltreoceano. Cosa hai importato di queste esperienze nel tuo progetto da gallerista?

Ho vissuto cinque anni a Venezia e cinque a New York, lavorando come curatrice per gli spazi non profit, le fondazioni e i musei. Questo mi ha permesso di costruirmi un’identità, un pensiero e anche un comportamento adeguato ogni volta alla situazione. Senza dubbio lavorare in istituzioni diverse ti aiuta ad affinare la tua metodologia e a definirti poiché ti permette di avere a che fare con politiche istituzionali ogni volta specifiche. Credo che l’esperienza precedente all’apertura della galleria sia dunque la mia forza nonché la risorsa principale da cui attingo ogni giorno e a questo si sta aggiungendo il nuovo profilo imprenditoriale che sto costruendo giorno dopo giorno, passo dopo passo.

La pittura italiana sta vivendo senza dubbio un momento di fulgore. La generazione a cui fa riferimento Narcisa Monni e quella subito successiva stanno dimostrando grandi potenzialità che cercano di emergere. Cosa contraddistingue il capitale pittorico italiano attuale nel più ampio scenario internazionale?

Ogni tot di anni si dice che la pittura sia morta, ma mi pare che la pittura stia dando prova di una tenace persistenza e continuità. Difficile dire cosa contraddistingue il capitale pittorico italiano attuale nel più ampio scenario internazionale perché la pittura è fatta di temi ma anche di categorie e iconografie e spesso di fa portavoce di questioni sociali, intimiste o spirituali. Ciò che è curioso è che ancora oggi è forse il mezzo universalmente più riconosciuto e ben accetto in tutte le culture. In italia mi pare che al momento ci sia un po’ un ritorno alla figurazione ma sono sicura che proprio per questo tra qualche anno ricominceremo a parlare di astrazione.

Dopo la parentesi segnata dalla pandemia la vita di molti, compresa la tua, ha preso una svolta. Da quello che sembrava una tragedia sono nate nuove occasioni e nuovi stimoli, lo dimostra il lavoro presentato da Narcisa Monni nel tuo spazio. La sua lettura dell’esperienza passata costretta nelle mura domestiche ha prodotto una riflessione estremamente intima ma capace di cogliere una condizione esistenziale capace di raccontare la storia di tutti. Cosa ti ha spinto a voler puntare sul suo lavoro?

ph. Sebastiano Luciano

Narcisa Monni è un’artista molto rigorosa. La sua coerenza, serietà e originalità mi hanno spinto a cercarla per lavorare con lei. I suoi soggetti siamo tutti noi, è l’umano (più che l’umanità) in trasformazione. Come scrive Nicolas Martino nel testo critico della sua prima mostra personale ora in galleria fino al 21 febbraio, le opere ad acrilico realizzate su fogli di riviste e giornali, polaroid o carta fotografica, sono un ciclo di lavori che si fa portavoce di un certo “realismo esistenziale del XXI secolo” fatto di amori, amicizie, sesso, solitudine, abitudini e noia in cui sembra che irrimediabilmente ci riconosciamo tutti o molti di noi. Nei suoi lavori pittorici, Narcisa propone una sorta di narrazione collettiva e individuale, non si vergogna di dare spazio ad alcune sensazioni o di riportare in evidenza alcuni attimi delle vita quotidiana che riguardano tutte e tutti e lo fa con tale sincerità e verità che è difficile non esserne attratti.

La direzione con cui stai guidando il tuo spazio ha saputo dimostrare – occorre sottolinearlo di nuovo – in poco più di un anno, che rappresentare artisti che fanno ricerca e sperimentano, trovando però un equilibrio con la dimensione commerciale intrinseca a una galleria, è possibile, anche in anni difficili come questi. Che direzione prenderà nel 2024 il tuo progetto?

La direzione è sempre la stessa, ovvero presentare artisti multidisciplinari che indagano il presente e le trasformazioni sociali che investono il nostro mondo per capire dove stiamo andando. Dopo Narcisa Monni, i primi di marzo inaugurerà una mostra di due artiste che sono di ritorno a Roma dopo molti anni trascorsi a Londra, che sono Giulia Parlato e Giovanna Petrocchi. Entrambe fotografe, hanno realizzato un progetto in collaborazione che critica le scelte istituzionali dei musei e il loro modo di costruire immaginari attraverso narrative e allestimenti sugli artefatti. La mostra dunque solleverà domande su come tramandiamo la nostra eredità culturale e sul ruolo che la fotografia occupa nel documentarla.

Info: galleriaeugeniadelfini.it

Narcisa Monni, Rosa Carne
Galleria Eugenia Delfini
6 dicembre 2023 – 21 febbraio 2024
Via Giulia 96, Roma