Ecco perché il Museo d’Arte Digitale non ci sarà

Per il sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi la monumentalità dell’edificio non sarebbe adatta a ospitare il Museo d’Arte Digitale, per cui sono stati stanziati sei milioni di euro del PNRR

L’idea del Museo Nazionale d’Arte Digitale si è affermata nel 2021, quando il ministro della cultura Dario Franceschini lo ha istituito – insieme ad altri musei autonomi – con il DPCM del 24 giugno. Un progetto innovativo per il Paese, affidato alla direzione di Ilaria Bonacossa, che ora sembra arenarsi. Il sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi ha opposto il proprio veto rispetto alla sede prescelta nel piano originario, e cioè l’ex Albergo Diurno di Porta Venezia a Milano.

Con l’apertura prevista nel 2026, sono attualmente in corso i lavori di ristrutturazione e restauro dell’edificio, progettato nel 1925 dall’architetto Piero Portaluppi. Una struttura monumentale nel cuore di Milano, i cui arredi Art Decò non sembrano adatti, secondo Sgarbi, ad ospitare il Museo d’Arte Digitale.

«Nei prossimi giorni convocherò la direttrice del museo Ilaria Bonacossa per richiamarla all’obbligo di non subordinare al progetto museale la dignità monumentale del sito, che forse sarebbe meglio vocato a un museo di arti decorative e industriali necessario a Milano. Un museo di arte digitale può meglio stare in uno spazio neutrale», ha dichiarato il sottosegretario. A motivare questa presa di posizione verso un progetto già avviato, la discontinuità di cui è portatrice l’arte digitale. «Ciò che è digitale non può comportare alterazione degli spazi, intrusioni di elementi tecnologici e l’abbattimento dei cubicoli dei bagni. L’arte digitale è immateriale e non può farsi spazio a colpi di piccone. Per questo chiederò alla Soprintendente Emanuela Carpani di essere rigorosa nel restauro, per cui il Ministero della Cultura ha stanziato 6 milioni di euro». Insomma, una commistione pericolosa ai danni della struttura.

Un’arte che richiede uno spazio neutrale, quella digitale, secondo Sgarbi. Eppure proprio su questa discontinuità tra opere esposte e struttura si era soffermata la direttrice Ilaria Bonacossa, con una carriera alle spalle tra il Museo di Villa Croce a Genova e Artissima a Torino. Il proposito era quello di esporre opere site-specific nel salone d’ingresso, mentre i bagni di lusso della struttura avrebbero dovuto ospitare la collezione del museo, da fruire attraverso monitor, visori e altri strumenti di accesso all’Internet Art. Era inoltre previsto l’abbattimento di alcuni cubiculi tra i meno costosi per offrire uno spazio dedicato alle opere immersive.

Una profonda interazione con lo spazio nel segno della rottura, ma anche un’occasione per la sua riqualificazione. I locali dell’ex Albergo Diurno di Porta Venezia, situati nello spazio sotterraneo di Piazza Oberdan, sono abbandonati da anni. Da qui, i sei milioni di fondi del PNRR per il restauro, da realizzarsi in quattro anni.

Il progetto, dal destino non chiaro, si iscriveva in un piano non solo di nuove iniziative museali – accanto al Museo della Resistenza e alla Biblioteca Europea di Informazione e Cultura – ma soprattutto rivolto a rendere l’area di Porta Venezia il nuovo polo d’avanguardia di ricerca per il digitale, un riferimento per il Ministero della Cultura. E questo soprattutto per la sinergia instaurata con MEET – Digital Culture Center di Milano, partner del polo digitale.