Ci ha prematuramente lasciato questa notte, dopo una lunga malattia, Massimo Uberti. L’artista bresciano, diplomato all’Accademia delle Belle Arti di Milano agli inizi degli anni Novanta ha ottenuto importanti riconoscimenti in Italia e all’estero, tra numerose personali e collettive. Dopo una formazione prettamente pittorica, passa alla fotografia, fino all’uso del neon come espediente e strumento essenziale per la sua ricerca spaziale. Nel 2020 crea SPAZIO AMATO, un’opera permanente esposta nell’Oasi del WWF del Lago di Burano e nel 2022 è vincitore del bando MIBACT per il piano dell’arte contemporanea. Per il riconoscimento delle sue opere di arte pubblica viene esposta a Riyadh CITTA’ IDEALE durante il NOOR Riyadh Festival.
La luce è l’immancabile protagonista della sua arte: Massimo Uberti parte dalla fotografia come matrice di scrittura luminosa e da qui sviluppa innumerevoli possibilità spaziali. I suoi lavori sono il risultato di una sottrazione della materia che raggiungono l’essenzialità della struttura, spazi inediti che mettono in crisi i concetto di interno ed esterno. «Gli spazi possono essere vasti e naturali o anonimi e contorti, come le periferie, i luoghi invece hanno un anima, sia che si trovino in aree urbane o sull’alto di un monte. È il nostro sguardo che ne cambia il paesaggio abitandolo. Se rispettiamo la natura dei luoghi, l’essenza di ciò che c’era resta. Ciò che cambia è l’ habitat, non la sua anima», queste le sue parole all’intervista qui rilasciata nel 2020.