Israele potrebbe essere escluso dalla Biennale di Venezia?

Israele meriterebbe l'esclusione dalla Biennale? Lo hanno richiesto alcuni attivisti in nome di un'arte che "non può trascendere la realtà"

Israele, secondo le ultime indiscrezioni, rischierebbe di essere escluso dalla Biennale di Venezia. O almeno, questo è l’intento di alcuni attivisti noti come “Art Not Genocide Alliance“. Il gruppo è composto da artisti, curatori, scrittori e operatori culturali e ha di recente pubblicato una petizione – Padiglione No Genocide alla Biennale di Venezia – per richiedere l’esclusione dello Stato di Israele dalla esposizione biennale. In realtà, un precedente storico per motivi umanitari c’è già: al Sudafrica dal 1968 al 1993, anni dell’apartheid, venne vietata la partecipazione, tornata in auge solo dopo l’abolizione del terribile regime. L’esposto dell‘ANGA inoltre, arriva dopo una sentenza della Corte internazionale di giustizia che avrebbe trovato prove plausibili sulla violazione della Convenzione sul genocidio del 1951 da parte di Israele.

Tra i firmatari della lettera aperta online, che per ora ha raccolto oltre 7000 firme, figurano anche personalità di spicco del mondo culturale. Tra questi Adam Broomberg, un fotografo sudafricano residente a Berlino, l’artista e attivista statunitense Nan Goldin, l’artista marocchino Yto Barrada, l’artista e scrittrice britannica Hanna Black, la performance artist basilese Sophie Jung, Michael Rakowitz, Rehana Zaman, alcuni team curatoriali come la piattaforma italiana LOCALES Project, il CEO della Biennale di Karachi Niilofur Farrukh e anche istituzioni come il Palestine Museum US. Delle migliaia di persone che hanno firmato, alcuni hanno già partecipato in passato alla Biennale come Sin Wai Kin nel 2019 e Sophie Al-Maria nel 2022.

La lettera denuncia chiaramente il conflitto israelo-palestinese e l’enorme perdita di vite umane a Gaza. «Mentre il team curatoriale israeliano progetta il cosiddetto “Padiglione della fertilità” riflettendo sulla maternità contemporanea, Israele ha ucciso più di 12.000 bambini e distrutto l’accesso alle cure riproduttive e alle strutture mediche. Di conseguenza, le donne palestinesi fanno cesarei senza anestesia e partoriscono per strada». Il direttore del Palestine Museum US Faisal Saleh ha osservato che non si tratta di un progetto espositivo proveniente dalla popolazione israeliana e quindi a rappresentanza della gente comune, ma dallo Stato di Israele che sta «perpetrando un vero e proprio genocidio nei confronti di Gaza».

La Palestina inoltre non ha nessun padiglione nazionale, visto che la Biennale ne ha respinto le richieste. Il Palestine Museum sarà comunque presente a Venezia, con la mostra intitolata Stranieri nella loro patria, che si terrà Palazzo Mora, anche se non sarà nel programma degli eventi generali. Il ministro Sangiuliano ha replicato con una nota diffusa dal ministero della Cultura, manifestando solidarietà e vicinanza a Israele e sottolineando come la cultura sia «un ponte tra le persone e le nazioni, non un muro di divisione». Non di certo l’edizione più felice per la Biennale, dopo l’inspiegabile ritiro del Marocco e la Russia che nuovamente non parteciperà, ora anche questa.

info: anga.com