Lo stato dell’arte: un’intervista a Numero Cromatico

Dal numero 128 di Inside Art, l'intervento di Numero Cromatico sulle eredità dell'Arte Povera e sulle sue forme più contemporanee

Se come scrive Germano Celant “uscire dal sistema significa rivoluzione”, cosa succede quando la rivoluzione diventa sistema? L’Arte Povera rimane per molti il paradigma anche internazionale dell’arte italiana, per altri invece qualcosa è già cambiato. Da Inside Art 128, Numero Cromatico interviene sul tema offrendo prospettive sull’arte italiana contemporanea.

Quale dovrebbe essere il ruolo dell’artista nella società?
Reagire alla tradizione e affrancarsi dalle convenzioni della contemporaneità. In sintesi: immaginare nuovi paradigmi estetici.

Quanto l’Arte Povera è rimasta un punto di riferimento per le ricerche odierne?
È certo che l’Arte Povera, anche per una questione di prossimità culturale e temporale, sia un riferimento da studiare, ma anche da collocare in un tempo specifico, con valori, ideali e principi superati. In quegli stessi anni, peraltro, altri artisti e movimenti – con minore riscontro mediatico e di mercato rispetto all’Arte Povera – promuovevano importanti istanze di matrice futurista che, a nostro avviso, risultano ancora oggi molto attuali.

Giornalismo e critica hanno ancora un peso nel sistema artistico?
Nel sistema artistico internazionale, giornalismo e critica hanno certamente ancora un peso. Molto diverso è il ruolo e il peso di gran parte del giornalismo e della critica in Italia. È inutile nascondersi dietro un dito: la maggior parte dei testi che leggiamo in Italia sulle mostre e sugli artisti sono, il più delle volte, parafrasati dai comunicati stampa e senza alcun tipo di approfondimento e valorizzazione degli aspetti critici. È auspicabile quindi una presa di coscienza del settore e un’inversione di tendenza. Queste professioni potrebbero avere un ruolo strategico ma, allo stato attuale, risultano pleonastiche.

Qual è oggi l’aspetto più rivoluzionario della pratica artistica?
La storia dell’arte è una storia delle rivoluzioni, delle “rotture” con i paradigmi del passato. L’arte oggi, per ambire alla rivoluzione, deve essere ben più di un fatto stilistico o estetico, ben più della rappresentazione figurativa di precisi canoni o dell’espressione dell’interiorità o delle idee dell’artista. Essa deve instaurare un nuovo rapporto con la realtà e con i suoi interlocutori. L’azione di Numero Cromatico è tesa verso tale scopo: la pratica collettiva, l’abbattimento di stantie barriere disciplinari, lo studio dei meccanismi di funzionamento del cervello umano in relazione all’opera d’arte, lo sguardo attento alle necessità del nostro pianeta, sono solo alcune delle attività che concorrono a questa nostra ambizione.

Perché tranne rare eccezioni l’arte contemporanea italiana è invisibile all’estero?
Probabilmente per motivazioni diverse. In primo luogo, l’Italia non ha saputo difendere la propria storia e i propri artisti. Non ha saputo farlo in moltissime occasioni a partire dal secolo scorso. Si pensi al Futurismo, che molti storici, critici e artisti ancora oggi contestano o sminuiscono; ai movimenti dell’Arte Programmata, rivoluzionari ma praticamente sconosciuti; alla Scuola di Piazza del Popolo, che ha anticipato molte pratiche, anche d’oltreoceano, e che gli stessi italiani hanno messo in secondo piano preferendo altri movimenti. In passato, a causa di una dimensione provinciale del sistema italiano dell’arte contemporanea, l’Italia non ha saputo difendere e proporre paradigmi nuovi, inseguendo falsi miti fuori dai confini nazionali. È mancata la visione e il coraggio istituzionale di puntare su artisti che potessero veramente immaginare un futuro per l’Italia e per il mondo. Oggi qualcosa sta cambiando, ma è necessario sostenere con sempre maggiore forza quegli artisti che possono rendere internazionali le istanze estetiche italiane.