La “Biennale miracolosa” di Cecilia Alemani

Dopo un'attesa lunga due anni, apre le porte l'attesissima nuova edizione della Biennale d'arte di Venezia

“Una mostra miracolosa”, così commenta l’esposizione Cecilia Alemani, curatrice della 59.Biennale Arte di Venezia. Genesi e preparazione difficoltose, via zoom, con l’impossibilità di vedere dal vero le opere, toccarle, parlare direttamente con gli artisti isolati a causa della pandemia globale. Per questo motivo l’esposizione risulta così speciale, perché riunisce ancora, dopo due anni, tanti corpi in un luogo solo. 

Proprio il corpo è al centro della ricerca che Alemani ha sviluppato con gli artisti invitati: un corpo rappresentato, in metamorfosi, in relazione con la tecnologia e la natura. Nella mostra allestita presso l’arsenale si passa attraverso tutte le domande che Alemani, insieme agli artisti, si è posta riguardo al corpo e, in particolare “come sta cambiando l’umano?”.

Monumentali sculture primordiali, evocatrici di gigantesche immagini di fertilità, piano piano si decompongono lungo il percorso. La rotondità lascia il posto a frammenti, talvolta sanguinanti, per poi rinascere nella natura. Nei padiglioni nazionali e nella mostra centrale ai giardini un assaggio di post umano con opere che, attraverso linguaggi diversi, propongono un’idea corporea trasformata, ibrida. Pittura (tanta), fotografia, scultura, video, interventi architettonici, tutti i media sono coinvolti in questo cammino a richiamare anche quelle che la curatrice ha definito “capsule del tempo” che punteggiano tutta l’esposizione e richiamano alle biennali e agli artisti del passato.

«Per capire cosa è stato fatto e cosa no» afferma Alemani. Passato e presente si uniscono con elementi e strumenti che scandiscono i tempi dell’arte». Nel ventre sotterraneo del padiglione centrale una capsula “stregata” nella quale opere storiche emergono come sogni. Qui si comprende davvero il senso di tutta la kermesse e di ciò che ha mosso il curatore in questi due anni. Il dialogo con il passato è fortemente presente anche nel padiglione Italia curato da Eugenio Viola e affidato a Gian Maria Tosatti dal titolo “Storia della notte e destino delle comete”: una visita lenta e silenziosa,  come vuole l’artista, nella malinconia e che d’un tratto si fa poesia.Le grandi sculture totemiche e creole del padiglione statunitense ci rimandano a culture lontane e al loro rapporto con le forme archetipe. 

Giochi di assenze, invece, nei padiglioni della Spagna e della Germania. Musica, buio e lievi proiezioni laser caratterizzano il padiglione giapponese, potentissimo nella sua eleganza. Come potente è il suono del respiro del corpo alieno che abita ls stanza centrale del padiglione coreano. In chiusura un cenno all’iniziativa Biennale College per la prima volta realizzata anche per la sezione Arte. Tra i partecipanti sono stati selezionati quattro giovani artisti esposti nel padiglione centrale dei giardini a fianco dei grandi nomi dell’arte contemporanea, a sottolineare l’attenzione della Biennale per le nuove generazioni e la ricerca.

Info: https://www.labiennale.org/it

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