Lacrime rigano i volti dei seguitissimi influencer che ogni giorno vivono le loro vite in una costante condivisione con il loro pubblico di follower alla notizia dell’oscuramento dei social in Russia. La decisione è incontrovertibile: Instagram, Facebook, whatsapp, l’intera famiglia Meta, sono uno strumento minaccioso e potenzialmente incontrollabile che deve essere eliminato secondo Vladimir Putin e la sua squadra di governo.
I social network sono stati nelle ultime settimane uno dei pochi veicoli di diffusione ancora in grado di testimoniare senza filtri l’andamento della guerra e le sue ripercussione nella vita quotidiana dei civili in Russia e in Ucraina. Anche per le istituzioni culturali l’unico modo di comunicare con l’esterno e con il proprio pubblico è stato il web non potendo, per ovvie ragioni, far entrare a diretto contatto con il patrimonio artistico i visitatori.
Il segnale di questa nuova e accentuata soppressione delle comunicazioni testimonia una condizione degenerativa dell’attuale scenario in cui si svolge il conflitto tra Russia e Ucraina. La guerra continua senza spiragli di miglioramento e neppure il mondo della cultura sembra riuscire a trovare alternative utili per andare avanti. Il bombardamento del teatro di Mariupol, le proteste degli artisti ucraini, le sanzioni ai magnati russi da parte dell’occidente non segnano ancora la parola fine per l’ondata di violenza che sta avendo luogo alle porte dell’Europa.
Prima dell’oscuramento i musei più popolari della Russia hanno postato contenuti con lo scopo di reindirizzare i propri utenti su piattaforme alternative cha ancora non sono state soggette alla censura del Roskomnadzor, il Servizio federale per la supervisione nella sfera della connessione e comunicazione di massa russo. «Iscriviti al nostro nuovo canale Telegram, è lì che continueremo le nostre pubblicazioni!» si legge nella didascalia dell’ultimo Instagram Live del Museo Ermitage. «Restiamo in contatto» scrive il Pushkin State Museum of Fine Arts sul suo ultimo post, indirizzando a Telegram e alle piattaforme VKontakte (VK) e Odnoklassniki.
La stretta sulle comunicazioni potrebbe essere stata causata anche dall’apertura di Meta, e Facebook in particolare, alla tolleranza nei confronti dei messaggi di violenza rivolti dagli utenti contro la Russia. La cautela lascia spazio a un circolo vizioso di odio verbale e fisico che non sembra trovare arresto. Immediata la risposta di Mosca che ha chiesto agli Stati Uniti di intervenire per sanare la situazione, alla quale però non sono seguite conseguenze positive. «Chiediamo alle autorità di fermare le attività estremiste di Meta e prendere misure per portare i responsabili di fronte alla giustizia», recita un tweet dell’ambasciata russa a Washington, «gli utenti di Facebook e Instagram non hanno dato ai proprietari di queste piattaforme il diritto di determinare i criteri della verità e di mettere le nazioni l’una contro l’altra».