Dollari da collezione

I verdoni ritoccati dagli artisti sono diventati la base della Circulart economy: l’idea del collezionista Edoardo Marcenaro

DA INSIDEART #119

I verdoni ritoccati dagli artisti sono diventati la base della Circulart economy: l’idea del collezionista Edoardo Marcenaro

Trasformare l’anima del mercato dell’arte, il denaro, in opera d’arte. Un circolo vizioso e virtuoso al tempo stesso, che rappresenta una delle possibili declinazioni della Pop art. Almeno secondo Edoardo Marcenaro, giurista, collezionista e curatore, appassionato di Pop art, che ha sintetizzato un’idea in un’intuizione. L’idea è quella di indagare l’approccio al denaro, rifacendosi alle lezioni di Andy Warhol e al rapporto ironico, provocatorio ed edonistico con la moneta. L’intuizione è stata quella di rendere le banconote stesse un’opera d’arte, in una maniera quasi manzoniana, semplicemente facendole ritoccare da grandi artisti. Un’iniziativa nata come un gioco e adesso diventata una tendenza, che il suo ideatore ha battezzato Circulart economy.

Ma cos’è la Circulart economy e come nasce?

«La Circulart economy non vuole essere né il superamento né la fine dell’arte. Mi piace descriverla come un gioco. Ma come tutti i giochi parte sempre da qualcosa di reale e di concreto che in questo caso è il mio lavoro. Nella professione che svolgo quotidianamente, infatti, tutto è all’insegna del concetto di economia circolare, in base alla quale qualsiasi attività che realizziamo, costruiamo o promuoviamo, deve avere un ciclo vitale continuo. La Circulart economy non è altro che l’applicazione di questo concetto al mondo dell’arte che vive anch’essa di un ciclo continuo, con una sorta di détournement, come l’avrebbero definita i filosofi situazionisti, in cui il denaro diventa arte, poi torna denaro e infine ridiventa arte. Nella Circulart economy si afferma una sorta di nuova creatività in cui le banconote perdono il loro valore monetario originale per acquistare il valore maggiore di opera, estetico e artistico, all’insegna del recupero, del riutilizzo e del riciclo. L’intuizione è stata piuttosto fulminea ma non nasce del tutto all’improvviso».

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Michelangelo Pistoletto, Un peso bucato, 2015

Ci racconti tutto.

«Dieci anni fa un collezionista mi offrì un dollaro. Non era un dollaro qualunque: era firmato Warhol. Era una delle banconote che l’artista regalava agli ospiti a fine serata nella sua Factory; del resto Warhol stesso diceva: “Il denaro americano è bellissimo, è il più bel denaro del mondo”. Da lì ho proseguito con altri artisti del Novecento: Keith Haring, Joseph Beuys, Michelangelo Pistoletto, J. S. G. Boggs, fino ad arrivare a commissionare lavori ad artisti contemporanei: Julia Justo, Consuelo Mura, Piotr Hanz- lewick, Dora Tass e Pax Paloscia. Un anno fa ho intuito che il denaro che diventava opera d’arte e poi torna denaro era sempre più frequente: così è nato il concetto di Circulart. Pax mi ha disegnato il logo, ho valutato se mantenere nella definizione il termine economy e, ragionando sul valore fondamentale che il denaro e le banconote hanno in questa dimensione, ho deciso di teorizzare questo concetto come Circulart economy. Nonostante tutto, però, rimane un’idea ludica che gioca con la provocazione e con l’irriverenza e non ha alcuna pretesa di istituzionalità, anzi, nasce proprio per potersi evolvere e perché chiunque vi possa aderire. Mi piacerebbe addirittura poterla sviluppare su altri materiali».

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Andy Warhol, One Silver Dollar, 1980

Arte, denaro, serialità e consumo sono dei concetti estremamente legati. Da che cosa secondo lei e in cosa li affascinano?
«Sono concetti presenti già in Warhol e in tutta la Pop art, concetti validissimi ancora oggi. Sono passati sessant’anni dalle feste della Factory, ma ci sono tanti ambienti che potrebbero ricordare realtà molto simili a quella della Pop art. Ancora è molto forte il concetto della serialità, la stessa che abbiamo conosciuto con Warhol. Quello che mi affascina è invece il legame tra arte e denaro, ma solo fino a quando questa relazione rimane strumento per fare arte, già il mercato dell’arte, inteso come denaro circolante nel mondo artistico, non mi interessa più. Nel dollaro devo ammettere che mi colpisce, al di là della firma dell’artista che lo ha realizzato, l’iconografia della banconota: dal lettering ai simboli».

Torniamo alla sua collezione. L’iconografia del dollaro dunque l’ha conquistata a tal punto da cercare solo opere d’arte realizzate sul famoso verdone.

«Nella mia collezione il dollaro assume un triplice valore: rappresenta un metodo di pagamento, ha un valore numismatico e una validità artistica. Una condizione è infatti fondamentale per la mia raccolta: il dollaro deve essere rigorosamente originale. Un dollaro a cui cambio destinazione d’uso, è vero, ma senza ovviamente senza la minima intenzione di distruggerne il valore e il simbolo che rappresenta»

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