Perché ci mancherà Umberto Bignardi: protagonista degli anni ’60, eterno sperimentatore

Umberto Bignardi ci lascia il 22 gennaio 2022, a Milano, nella sua casa studio dove ha trascorso i suoi ultimi anni circondato dall’affetto dei suoi cari. È necessario soffermarci sul suo ricordo e celebrare quell’avventura artistica che è stata la sua vita capace di portarlo a essere uno dei protagonisti assoluti di una delle stagioni più rilevanti della storia dell’arte contemporanea del nostro paese. Il decennio degli anni ’60 e quello subito successivo si sono dimostrati una parentesi temporale in cui è stato possibile riformulare ogni dettame critico ed estetico che fino ad allora avesse regolato i meccanismi dell’ambiente artistico. 

Roma e la scuola di Piazza del Popolo

L’epopea di Umberto Bignardi ha il suo inizio proprio in quell’effervescente scena artistica in cui va a calarsi una volta lasciata la sua città natale Bologna, dove nasce nel 1935, cresce e frequenta il liceo artistico. Arriva la maggiore età e la scelta di trasferirsi a Roma appare naturale. Frequentare l’accademia delle belle arti nella Capitale e seguire i corsi di scenografia lo pone di fronte alla possibilità di affinare i suoi strumenti creativi ma ciò che sarà fondamentale è l’incontro con altri artisti, più o meno coetanei, che di li a poco saranno al centro di una repentina evoluzione (e rivoluzione) che sconvolgerà il sistema dell’arte. Sarà influente come pochi altri in quel periodo Toti Scialoja, che lo apre alla produzione inglese e americana. 

Bignardi si focalizza sul mezzo pittorico, ne esplora le potenzialità e ne discute animatamente con Pino Pascali, Janis Kounellis e altri artisti che ben presto lo introducono al gruppo che passerà alla storia come la Scuola di Piazza del Popolo. La prima esposizione a cui prende parte è la collettiva Giovane Pittura Roma, che ha luogo nella mitica Galleria La Tartaruga, luogo di scambio cruciale per l’ambiente intellettuale e ampiamente all’avanguardia rispetto alle altre realtà capitoline dell’epoca. 

Bignardi
Quadro per bene, 1963, Courtesy Galleria Bianconi

Verso la sperimentazione 

La voglia di sperimentare lo distanzia ben presto dal percorso preso dai suoi colleghi. Nel 1961 arriva il momento di mostrare i risultati delle sue nuove ricerche con la prima personale che sarà seguita due anni più tardi con una nuova esposizione sempre all’interno de La Tartaruga. In questa occasione Bignardi pone agli occhi del pubblico i suoi collages di grandi dimensioni, in cui frammenti di pittura, disegno e fotografia si mescolano dando vita a un repertorio iconografico del tutto nuovo. 

La carriera segue un iter più che positivo, le partecipazioni alla Biennale di Venezia nel ’66 e alla mostra curata a Milano da Germano Celant al Padiglione d’Arte Contemporanea lo portano sul tetto del mondo dell’arte e lo riescono a far risultare una delle personalità maggiormente interessanti in circolazione durante quegli anni.

Il vero punto di svolta però lo rintracciamo nel 1967, momento in cui dal suo studio nasce quello che oggi ricordiamo come un vero e proprio mezzo anticipatore della video-arte come la conosciamo. Già nel 1965 Bignardi concepisce il Fantavisore, antesignano delle successive esperienze legate alla video arte, a cui segue due anni più tardi il Rotor, uno dei primi esempi di video-installazione fondato sull’animazione e sul coinvolgimento plurisensoriale, esposto in occasione della mostra Fuoco, Immagine, Acqua, Terra. L’oggetto è costituito da un cilindro rotante con superfici bianche alternate a strisce verticali specchianti, su cui vengono proiettate slide e immagini del film Motion/Vision (girato e assemblato con l’amico film maker Alfredo Leonardi, uno dei fondatori della Cooperativa del Cinema Indipendente). La macchina nasce con la funzione di assorbire o rifrangere le immagini nell’ambiente circostante, esempio di installazione immersiva fortemente onirica, in alcuni allestimenti amplificata anche dal sonoro.

Un addio silenzioso

Da quel momento l’immagine in movimento è il polo in cui le energie di Bignardi vanno a coagularsi. La tecnologia è il progresso nelle discipline multimediali catalizzano totalmente la sua attenzione e lo porteranno a essere l’anticipatore di un nuovo modo di concepire e produrre materia artistica. Nonostante tanta attenzione rivolta nei suoi confronti però il mondo dell’arte si gira ben presto in un’altra direzione, lasciandosi Bignardi alle spalle. 

L’artista passa il resto della sua carriera lontano dalla patinata scena intellettuale italiana, viaggia per il mondo e collabora con aziende del calibro di Olivetti e IBM. Rimane in disparte, silenzioso, senza sentire il bisogno di tornare alla ribalta nonostante abbia ampiamente dimostrato il suo talento innovativo. Ci insegna così che per lasciare il segno nel proprio tempo e quello a venire non sono così importanti i ruoli che assumiamo ma sopratutto quello che siamo in grado di realizzare, per aprire nuove strade a coloro che arriveranno dopo di noi. 

Bignardi
Ombra di Silvia, 1963, Courtesy Galleria Bianconi