Chalisée Naamani, un’arte al confine tra corpi latenti e tessuti che celano mondi lontani

L'arte di Chalisée Naamani è rivolta al mondo, i suoi tessuti  al corpo: costruiscono un immaginario di moda, ma non  necessariamente alla moda

La pratica artistica di Chalisée Naamani racchiude il rumoroso silenzio di due anime: quella iraniana delle sue origini e quella francese del suo paese natale. Nel connubio esplosivo di arte e moda, le sue stoffe sono vive, trasudano essenze, sono inno di coraggio e libertà. La sua arte è rivolta al mondo, i suoi tessuti  al corpo: costruiscono un immaginario di moda, ma non  necessariamente alla moda. Nonostante il suo non sia  un lavoro militante, risente narrativamente delle radici culturali dell’Iran, da cui provengono i suoi genitori. Il risultato è il coloratissimo racconto di una fiaba, la sua storia  personale, che diventa storia comune a qualunque individuo sia disposto a comprenderla. Un’esplorazione continua fra ibridazioni di materiali diversi, oltre ogni cultura, confine e identità. La moda di Chalisée rivela nelle  sue creazioni tutto il suo potere politico, culturale ed evocativo: eleva corpi e contribuisce a delinearne una specifica identità. Non solo ordinaria estetica ma portatrice  di profondi valori per chiunque riesca a soffermarsi oltre  la semplice matericità dei tessuti. Un’arte assolutamente non convenzionale e letteralmente cucita, che parla,  respira e invita a restare. 

La moda è una componente essenziale del tuo la voro, che è politico e profondamente personale.  Quale messaggio sottintende? 

Scegliere il mio outfit è sempre stato un esercizio di composizione a cui mi dedico con passione: l’abbinamento  di colori, fantasie, materiali e accessori. È anche un modo  di esprimersi ed emanciparsi. Mia madre ci diceva sempre «siate ben vestiti» (che poi è stato anche il titolo del la mia mostra di fine studi). La moda non è altro che una  semplice superficie e/o un ciclo di tendenze superficiali.  È un linguaggio le cui regole variano a seconda del luogo, del tempo e delle condizioni in cui viene utilizzato.  È uno strumento di modifica del corpo che rivela il sistema  di rappresentazione del nostro mondo. La moda crea  il corpo, non esiste un corpo naturale ma un corpo culturale. È un atto politico ma anche sociologico, poiché  è un accordo, un’opposizione o una discussione con  la nostra società. Mi piace citare la filosofia di Marie-Aude Baronian: “La moda dipende dalla storia e dalle storie delle donne e degli uomini che veste”. È vero che l’abbigliamento parla il più delle volte di qualcosa di diverso  da sé e contribuisce alla costruzione della nostra identità.

Ritieni la tua arte pittorica, nonostante l’assenza  di tele dipinte. È una sorta di paradosso?

Sono cresciuta con i tappeti persiani sparsi in tutto il nostro appartamento. Non erano solo sul pavimento ma an che sulle pareti. I tappeti persiani sono noti soprattutto per  i motivi floreali, ma ce ne sono anche di moderni o con temporanei, con paesaggi o riproduzioni di dipinti del Rinascimento. Ne ricordo uno in particolare con un mosaico di francobolli diversi, che contemplavo mentre era esposto alla parete, sopra il divano. Quindi, il mio rapporto con  le immagini pittoriche è nato prima attraverso i tessuti. Non  credo però sia un paradosso, piuttosto un punto di vista.  Ci sono scene della Bibbia dipinte su un mantello religioso indossato da Sant’Agostino, nella tavola di Piero Della Francesca, conservata nel Museo Nazionale d’Arte Antica di Lisbona. Come una seconda pelle, gli abiti possono esse- re leggibili, non solo perché raccontano storie della Storia  della moda, ma anche perché riflettono aspetti della persona  che li indossa. Possono essere oggetti da contemplare, naturalmente si può cadere in interpretazioni parziali. Sono  uguali se mostriamo delle sfumature: il rischio è quello  di imprigionare un’immagine in un’unica e rigida idea.  La moda ha delle ragioni profonde ed essenziali per essere  analizzata come la pittura. Credo che gli abiti siano tra i manufatti più universali realizzati dall’uomo. 

Attraverso abiti, sculture e assemblaggi, la tua arte è un incontro fra arte orientale e occidentale.  Pensi che esista una sintesi tra questi due mondi?

La sintesi è il principio dell’incontro tra diverse culture. Quando si cresce da una diaspora, imparando due lingue madri, la propria identità è multipla. 

Nell’era del fast fashion, i tuoi capi sono opere durevoli e destinate a rimanere. La tua è un’estetica dell’effimero o dell’eterno? 

Credo di non avere una risposta. Faccio collage, il che significa combinare elementi di natura diversa sia formalmente che concettualmente. Non so dire se l’estetica  sia dell’una o dell’altra, anche se nel mio lavoro c’è un tentativo di afferrare l’acqua con entrambe le mani. Nell’era di Instagram, dove le immagini sono catturate in “storie” e rimangono effimere, il flusso è impossibile da sospendere. Nel mio lavoro c’è una presunta sovrabbondanza.

In che modo la tua arte partecipa alla lotta delle donne iraniane? E cosa pensi della situazione attuale delle donne in Iran? 

Il mio cuore è in Iran. Il mio lavoro evoca ovviamente  le mie origini iraniane e in maniera esplicita, nella sostanza  o nella forma, un rapporto con l’Iran e con le sue donne, ma rimane su un piano narrativo. Non posso pretendere  che il mio lavoro sia militante, non me la sento. Ci sono  persone che rischiano la vita per la libertà, donne e uomini della mia età ma anche più giovani sono al loro fianco  al costo della vita. Pondero le mie parole: molti di questi  sono condannati a morte e questo è qualcosa che ti rende innegabilmente umile. Si potrebbe pensare che la situa- zione attuale sia un ritorno alla “normalità”, sotto il giogo  della dittatura, perché le manifestazioni sono cessate, ma la  protesta ha assunto un’altra forma dopo l’arresto e la morte di Mahsa Amini, nel settembre 2022. La sfiducia quotidiana si manifesta con il non indossare il velo o l’abbigliamento islamico e con la solidarietà dei commercianti quando  una donna viene importunata per la non conformità del  suo vestiario. I social media hanno un ruolo importantissimo e sono davvero numerosi i video che vengono diffusi  a sostegno delle vittime. Abbiamo letto storie di farmacisti e panettieri che hanno visto chiudere le loro attività  dopo aver difeso le donne, altri arrestati perché ballavano  e cantavano in video postati via social: perché ricordiamolo, ballare e cantare in Iran, alle donne, è vietato. 

Consideri la tua pratica artistica femminista?

Certo che si. La sua comprensione e la sua applicazione rimangono difficili, ma come donna mi viene spontaneo tornarci. Nonostante i miei privilegi, la decostruzione del patriarcato è una lotta quotidiana. Il discorso dell’attrice francese Judith Godrèche all’industria francese contro le violenze sessuali nel mondo del cinema e in occasione della cerimonia dei César 2024 lo ha dimostrato. Non siamo sole. Godrèche ha iniziato dicendo: «Sto parlando ma non vi sento» e ha concluso: «Devi diffidare dalle ragazzine. Toccano il fondo della piscina, si urtano, si fanno male, ma rimbalzano su. Le ragazzine sono punk che tornano travestite da criceti». Perché pensi che l’avvelenamento seriale delle studentesse in Iran sia continuato senza sosta? Attenzione alle ragazzine! È il mantra.

Premio Pista 500

Chalisée Naamani è la vincitrice della prima edizione del Premio Pista 500, nato in collaborazione con Artissima Torino per offrire a uno degli artisti o delle artiste esposti dalle gallerie presenti in fiera, l’occasione di realizzare un progetto site-specific sul cartellone monumentale della iconica Pista 500. Chalisée, grazie alla sua indagine, è stata unanimemente selezionata nell’edizione 2023 da una giuria e sarà invitata in occasione di Artissima 2024 dal 1 al 3 novembre, dove presenterà la sua creazione inedita. Nella sua arte pittura, scultura, moda, tecnologia e cultura popolare si intersecano divenendo terreno fertile per continui intrecci culturali e scambi linguistici. Continuano così le esplorazioni dell’artista sui modi attraverso cui con il corpo esperiamo il mondo e sulla diffusione delle immagini in epoca contemporanea.

Biografia di Chalisée Naamani

1995
Nasce il 6 marzo a Neuilly-Sur-Seine (Francia)

2021
Si forma all’ École Nationale Supérieure des Beaux-Arts a Parigi. La sua prima personale è J’t’oublierai vite j’te ljure presso la Galleria Ciaccia Levi di Parigi. Riceve i prestigiosi Prix Benoît Doche de Laquintane e il Prix des Fondations, per la scultura e installazione.

2022
Prende parte alla collettiva Power Flower alla Biennale di Nizza. Partecipa alle collettive Felicità, Milieu des Choses, Des Corps Libres, 100% l’expo e Piel de Serpiente, tutte a Parigi

2023
La Galleria Ciaccia Levi di Milano espone una sua personale, Quando tutto va male, il leopardo. Vince il
premio Pista 500 in collaborazione con Artissima Torino

2024
Realizza il progetto Pista 500 alla Pinacoteca Agnelli

*L’articolo è stato pubblicato sul numero #131 di Inside Art.