«Trovare grazie agli artisti nuove letture», parla il CEO dello Swatch Art Peace Hotel di Shanghai

Carlo Giordanetti racconta le sfide di un marchio da sempre profondamente legato all'arte, partner della Biennale dal 2011

Carlo Giordanetti, membro del Consiglio di Amministrazione di Swatch Ltd., è una figura chiave nello sviluppo continuo del design e dei prodotti del brand, sinonimo di innovazione e cambiamento. In qualità di CEO dello Swatch Art Peace Hotel di Shanghai, Giordanetti supervisiona progetti artistici, contribuendo alla loro elaborazione e sviluppo. La sua carriera in Swatch, iniziata negli anni ’80, è stata caratterizzata da vari ruoli, incluso quello di Vicepresidente Marketing, con la gestione di collaborazioni artistiche e progetti di branding, tra cui i Giochi Olimpici di Atlanta 1996. Dopo un periodo come direttore creativo in Montblanc e come co-fondatore di Brand DNA, Giordanetti è tornato in Swatch per guidare la visione artistica del brand.

Swatch ha da sempre avuto una stretta relazione con l’arte, iniziata negli anni ’80 con il primo orologio d’artista creato da Kiki Picasso, che ha segnato l’inizio di una lunga serie di collaborazioni artistiche. Questa passione per l’arte è culminata nella partnership con la Biennale di Venezia, iniziata nel 2011 e consolidatasi nel 2015, quando Swatch ha ottenuto uno spazio all’Arsenale per esporre i lavori degli artisti residenti dello Swatch Art Peace Hotel. Giordanetti ha giocato un ruolo cruciale anche in questo, curando personalmente le esposizioni e adattando il progetto alle esigenze della Biennale, con mostre che riflettono l’evoluzione artistica e tecnologica del brand.

Quali sono i linguaggi con cui Swatch comunica al pubblico?

Per un marchio come Swatch la sfida principale è quella di sviluppare una serie di linguaggi che siano in sintonia con un pubblico estremamente differenziato. Noi siamo un marchio completamente trasversale, a partire dal modo in cui intendiamo il prodotto. La Swatch infatti è sicuramente un grande fenomeno del marketing e della comunicazione, ma è soprattutto un grande fenomeno dal punto di vista industriale: siamo un’azienda che prima di tutto ha il prodotto al centro del proprio essere. Swatch ha lavorato fortemente sul discorso delle emozioni è un prodotto che  sin dall’inizio ha aggiunto questa valenza a tutto quello che ha fatto e in questo senso il mondo dell’arte è stato quello che più di tutti ha rappresentato un fattore differenziante per Swatch. Oggi sono tante le aziende che lavorano con l’arte, ma forse swatch é stata una delle prime: abbiamo cominciato negli anni 80 usando la teoria che il lavoro con l’artista é un lavoro che arricchisce aiutando ad affrontare le sfide. La sfida di oggi è quella di continuare a sfidarci! La sfida è di trovare, grazie al lavoro con gli artisti, delle chiavi di lettura nuove all’interno del prodotto e delle strategie che siano sempre in qualche modo diverse e innovative. Naturalmente non sempre si può fare la rivoluzione, ci sono anche dei piccoli passi e cambiamenti che si possono fare: ci può essere una grande idea che porta cambiamenti anche a livello di strategia aziendale e ci può essere una serie di piccoli segnali che portano a cambiare e maturare in maniera diversa. Il nostro CEO fa della volontà di Swatch di essere un brand che continua a provocare in maniera positiva un credo assoluto.

    Quali sono le sfide di quest’epoca?

    La complessità oggi in particolare è quella di fare delle scelte chiare, è qualcosa che fa un po’ paura  e per noi rappresenta la capacità di rinunciare a qualche cosa. C’è sempre un po’ la volontà o il rischio di voler piacere a tutti e invece la complessità oggi é quella di saper scegliere in maniera chiara un percorso. Vivere in un’epoca di incertezza che pervade il quotidiano a volte può generare una mancanza di coraggio e di chiarezza nella visione.  Il fatto di appartenere ad un gruppo con una forte solidità finanziaria aiuta a gestire queste situazioni di incertezza perché nel momento in cui le decisioni vengono prese sono sempre con un orizzonte di medio termine e quasi mai ci sono progetti fini a se stessi. Oggi quello che ci potrebbe aiutare a gestire situazioni complesse all’interno di uno scenario incerto è proprio di lavorare pensando anche a quello che succederà nel futuro e non solo nell’immediato.

    L’arte e la cultura possono rappresentare uno strumento per portare innovazione e posizionamento all’interno dell’azienda?

      La risposta è un grande sì, a lettere maiuscole e anche in neon! Sicuramente per noi è così ma non vuol dire che sia semplice. Nel momento in cui si decide che il lavoro con l’arte e gli artisti è un lavoro strategico per l’azienda bisogna federare tutto il gruppo attorno a questo linguaggio, trasmettendo questo credo all’interno di tutta l’azienda. Si tende sempre ad utilizzare la comunicazione per raccontare all’esterno quello che si fa per attivare il mercato, ma abbiamo imparato negli anni che è un lavoro che va fatto anche all’interno. Da questo punto di vista bisogna capire che gli artisti e il loro lavoro vanno portati dentro l’azienda perché è così che questa scelta acquista  ancora più credibilità. È proprio nel momento in cui si riesce  a fertilizzare la cultura interna che si acquista creatività. Noi questo lo abbiamo fatto e lo continuiamo a fare in tanti modi diversi: dalle collaborazioni con istituzioni come la collezione Peggy Guggenheim di Venezia, di cui siamo partner da tantissimi anni, o quelle con i musei che portiamo avanti dal 2018. Queste attivitá ci consentono di portare i nostri collaboratori all’interno del mondo delle istituzioni culturali con attività che incarnano lo spirito di Swatch. Quando invece lavoriamo con gli artisti, come succede a Shanghai dove abbiamo una residenza per artisti, è importante che questi progetti non rimangano iniziative astratte e per questo portiamo gli artisti di Shanghai ad incontrare le organizzazioni Swatch in giro per il mondo. Cerchiamo in tutti i modi di fare  cross pollination tra i vari progetti in modo tale che tutta l’organizzazione si senta coinvolta in modo che tutti possano trarre la propria ispirazione. Abbiamo recentemente presentato una collaborazione con la Tate che diventa un ulteriore elemento che si aggiunge al nostro modo di collaborare con l’arte. Abbiamo sempre dichiarato di voler collaborare con artisti viventi che interpretassero l’oggetto Swatch a modo loro, poi ci si sono aperte delle finestre mentali per iniziare a lavorare con dei grandi capolavori dell’arte e questa cosa ci piace molto. Queste iniziative hanno avuto una grande risposta positiva in termini di risultati, scatenando un nuovo modo di intendere il collezionismo all’interno del mondo Swatch. Siamo partner della Biennale dal 2011, e saremo presenti sia ai Giardini che all’Arsenale. Credo che il lavoro fatto con gli artisti in questi anni ha contribuito a far sì che dentro il mondo biennale abbiamo acquisito una credibilità permettendoci di essere all’interno del percorso ufficiale della Biennale. Presentiamo ai Giardini il lavoro di un artista contemporaneo e all’Arsenale portiamo gli artisti dello Swatch Art Peace Hotel di Shanghai.

      Quale consiglio può dare a un giovane?

      Di non smettere mai di essere curiosi, anzi di sforzarsi un po’ di esserlo. Di non dare nulla per scontato e investire un po’ in curiosità. Questo è veramente importante perché ognuno di noi ha delle passioni e degli interessi e sono quelli che ci nutrono, però non bisogna chiudersi troppo all’interno di queste passioni lasciando una percentuale di apertura affinché altre cose possano entrare. Un secondo consiglio è quello di leggere, leggere la carta. Se si legge la carta si assorbe molto di più. La visione che guida il mio lavoro è l’ottimismo. Che non è la speranza. Cerco sempre di ragionare su quale possa essere il lato positivo delle cose, e anche in un momento complicato come questo, il mio futuro lo vedo legato al mio mondo e non mi sento responsabile di quello che succede fuori da esso. Cerco di mantenere uno sguardo positivo sulle cose, che non necessariamente significa trovare il meglio ma comunque qualcosa di positivo.

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