Sisley e Renoir, restituiti capolavori sottratti dai nazisti

"Les Péniches" di Sisley e "Cariatidi" di Renoir appartenevano originariamente al gallerista ebreo Grégoire Schusterman. Le opere, sottratte dai nazisti, ora ritornano agli eredi

 «Siamo molto commossi. La storia sta venendo a galla» ha affermato uno dei beneficiari durante la cerimonia di restituzione dei dipinti di Sisley e Renoir. Giovedì 16 maggio, alla presenza del ministro francese della Cultura Rachida, Les Péniches di Sisley e Cariatidi di Renoir sono state consegnate agli undici attuali titolari dei diritti legale di Schusterman, proprietario di una galleria parigina risalente al XVI secolo che un tempo possedeva i due capolavori di carattere impressionista.

La storia di Grégoire Schusterman si unisce a quella di tanti ebrei derubati tra il 1933 e il 1945 dal regime nazista. Durante l’occupazione nazista della Francia infatti, il gallerista per garantirsi il sostentamento, fu costretto a vendere diversi dipinti, tra cui anche questi: scambiati sul mercato d’arte parigino, vennero poi acquistati da un noto mercante tedesco. Alla fine della guerra vennero rimpatriati in Francia dove divennero MNR (Recupero Musei Nazionali): la prima richiesta di restituzione è stata inviati nel 2022 e ora il lieto fine.

Il ministro della Cultura ha dichiarato che «è nel percorso di questi due dipinti che possiamo leggere il resto della storia e la doppia ingiustizia vissuta da Grégoire Schusterman. Innanzitutto quella della vendita forzata, che è appunto una modalità di spoliazione, poi quella di vedersi rifiutare, a guerra finita, tutte le pretese di risarcimento e di restituzione, come se la sua proprietà su queste opere fosse contestata una seconda volta».

La complessa vicenda che riguarda i tesori d’arte sottratti dai nazisti è ancora oggi una vera e propria intricata odissea: ricordiamo che nel 1933, Joseph Goebbels, ministro della Propaganda durante il regime nazista, attuò un violento programma di censura in ambito artistico. Tutti coloro che non rispettavano i canoni estetici del regime, automaticamente dovevano essere cancellati assieme alla loro arte e naturalmente le opere confiscate – molte a collezionisti di origine ebraica – furono vendute per finanziare il governo.