In Francia, al Centre Pompidou di Metz, nella mattinata del 6 maggio, alcune attiviste del movimento femminista Mee Too sono entrate nel museo e nelle sale dove si sta attualmente svolgendo la mostra Lacan. Quando l’arte incontra la psicoanalisi. Cinque opere d’arte sono state imbrattate tra cui il capolavoro di Gustave Courbet L’origine du monde e una fotografia che raffigura la controversa performance Genital Panic del 1969: sarebbe inoltre stata rubata anche un’opera dell’artista francese Annette Messanger, I Think Therefore I Suck.
L’attacco è stato rivendicato sui profili social da Deborah De Robertis, artista e (paradossalmente) con alcune fotografie di una sua performance esposte nello stesso museo, già conosciuta – per le medesime azioni – dalle forze dell’ordine e attualmente, ricercata. Anche questa sarebbe in realtà una vera e propria performance messa in atto dall’attivista e intitolata On ne sépare pas la femme de l’artiste. La direttrice del Centre Pompidou Chiara Parisi – fresca curatrice del Padiglione Vaticano in Biennale assieme a Bruno Racine- ha poi dichiarato che «con tutto il rispetto che abbiamo per i movimenti femministi siamo scioccati nel vedere vandalizzate le opere degli artisti. Condanniamo gli atti di vandalismo contro le opere d’arte conservate e presentate nei musei». Il sindaco di Metz François Grosdidier ha parlato di «atto criminale, attacco alla cultura perpetrato da femministe fanatiche», mentre la ministra francese della Cultura Rachida Dati ha paragonato le attiviste ai «nuovi iconoclasti».
Ma perchè coprire proprio il capolavoro di Courbet? L’Origine du monde è un olio su tela del 1866, conservato al Museo d’Orsay e temporaneamente in prestito al Centre Pompidou per la mostra sopracitata. Soggetto (forse controverso?) del quadro è il primo piano della zona pubica di un torso femminile di una modella sdraiata su un letto. Nessun artificio storico o stilistico, nessuna iconografia già esistente nell’arte: è la descrizione estremamente dettagliata e anatomica del corpo a rendere così accentuata la potenza visiva del dipinto.
Inoltre, Gustave Courbet per sedurre ancora di più lo sguardo dello spettatore, si dedicò a una serie di accurati studi sulle tonalità dell’incarnato, per offrire una rappresentazione che fosse il più vicino possibile al vero. L’ostentazione estrema della carne, un immaginario – per l’epoca – piuttosto scandalistico, visto da parte della critica come atto di ribellione dell’artista contro i canoni estetici dell’Ottocento. Per la prima volta nella storia dell’arte e prima della fotografia, si rappresenta in maniera così evidente il sesso femminile.
L’opera fu acquistata all’asta dallo psicanalista francese Jacques Lacan nel 1955, per entrare dopo la sua morte nella collezione permanente del Museo d’Orsay. Per anni lo psicanalista lo ha nascosto in un quadro a doppio fondo, dietro un’altra tela realizzata da André Masson, suo cognato. Lacan ragiona come un uomo barocco, quindi conosce molto bene il meccanismo della velatio e sa che nelle case romane, i quadri che avevano una certa portata di erotismo venivano coperti e scoperti soltanto in determinate occasioni. Coprire qualcosa ne aumenta inevitabilmente il desiderio: questo consapevolizza la partecipazione e la comprensione di un mistero, presentifica un’assenza, la rende concreta.
Si pensi ad esempio all’ Amore vincit omnia di Caravaggio, commissionato dal ricco collezionista Vincenzo Giustiniani e da lui coperto. Lo stesso cardinale Paleotti indicava – nel corso del Cinquecento – di coprire i quadri e addirittura anche le immagini sacre considerate più esplicite. O alle famose braghe realizzate da Daniele da Volterra per il Giudizio Universale della cappella Sistina. Un velo copre, nasconde, non fa vedere la potenza di ciò che è dietro: impedisce di rendere straordinario, l’ordinario. Proprio come la vernice che ha coperto il dipinto di Courbet.