Willem de Kooning e l’Italia: quando l’artista divenne scultore

Tra le tante mostre inaugurate in occasione della Biennale, anche un retrospettiva su Willem de Kooning che indaga i periodi trascorsi in Italia dall'artista

Gallerie Dell’Accademia

Venezia

In parallelo con molti altri eventi con la 60° Biennale di Venezia, l’esposizione dedicata a Willem de Kooning è la prima in assoluto che analizza i due periodi dell’artista in Italia, ovvero nel 1959 e nel 1969. Sono 75 le opere incluse nella retrospettiva, visibile fino al 15 settembre 2024 a Venezia negli spazi delle Gallerie dell’Accademia. La mostra, che si presenta come una piattaforma di dialogo tra pittura, scultura e disegno fra anni Sessanta e Settanta, è a cura di Gary Garrels e Mario Codognato e in collaborazione con The Willem de Kooning Foundation, fondazione privata che gestisce e promuove il patrimonio dell’artista.

Willem de Kooning e l’Italia esplora l’intenso rapporto del grande artista con il nostro paese e in particolare con Roma, da lui vissuta attraverso i densi rapporti con gli artisti che ne esperivano ogni singolo frammento di antichità. L’influenza artistica italiana ha accompagnato tutta la vita dell’artista: proprio in Italia, colui che è considerato fra i principali esponenti dell’Espressionismo astratto, si è consacrato alla scultura divenendone fedele discepolo. Come? Attraverso lo studio ravvicinato dei capolavori del Rinascimento, studiando il plasticismo di Michelangelo, lo sfumato corporeo leonardesco, gli inimitabili rilievi antichi che costellano Roma e anche gli antichi affreschi pompeiani.

C’è un aneddoto in particolare, rivelazione del suo amore per lo scultoreo: nel corso di una delle sue tante visite romane, l’artista incontra lo scultore Herzl Emanuel. Grazie a questo incontro de Kooning realizza in una piccola fonderia a Trastevere 13 piccole statue in Creta. Nel progetto curatoriale di questa esposizione veneziana, la scultura seppur affiancata alle altre arti, assume un importante ruolo di rivendicazione primaria.

Tra le tante connessioni pittoriche invece, come non ricordare quella con Chaïm Soutine, il genio ribelle che vivificava la morte attraverso l’arte, tra polli spennati e carcasse di buoi. «Sono sempre stato pazzo di Soutine, di tutti i suoi dipinti. Rappresenta la lussuria del dipingere. Costruisce una superficie che sembra un tessuto, una materia. C’è una sorta di trasfigurazione, un certo impasto di carne nella sua opera». E le numerose tele esposte in mostra, lo evocano indubbiamente.

Dal 17 aprile al 15 settembre 2024
Gallerie dell’Accademia di Venezia
info: gallerieaccademia.it

Articoli correlati