La distopia digitale di Jon Rafman in mostra da Basement a Roma

Un videogioco interattivo dove il visitatore è il gamer e l’artista il suo producer. Rafman indaga la percezione umana servendosi del digitale

Un domani avveniristico fa da scenografia all’ultima mostra dedicata all’artista canadese Jon Rafman, in corso fino al 23 maggio negli spazi della galleria Basement di Roma.

L’artista nordamericano ora residente a Los Angeles, uno dei più grandi conoscitori del web, con un passato nel mondo dei videogame e nella produzione video, indaga la percezione umana servendosi delle possibilità offerte dal digitale. Con lo sguardo scientifico da antropologo ed esperto digitale, ha realizzato negli anni diversi lavori che spaziano dalla video art all’installazione interattiva, fino a giungere alla fotografia d’autore, che attivano nello spettatore una mise-en-abyme di stati allucinatori e immaginifici. Alcune di queste opere percettive trovano spazio nella mostra Player Character della Basement Roma, che con le sinuose pareti nere rivestite di materiali plastici, trasportano il visitatore in un’esperienza onirica.

Jon Rafman, Player Character exhibition view at Basement Roma. Courtesy of the artist and Sprüth Magers. Photo Roberto Apa © Jon Rafman

Il percorso espositivo, curato da Cura., è una retrospettiva sugli ultimi vent’anni di lavoro dell’artista che gioca ad essere il creatore di un universo proprio, dove lui stesso è stato il primo dei giocatori. Il titolo della mostra è un tributo al passato di Rafman ed alla sua passione per i videogame, dove il personaggio giocante è l’uomo e lo spazio in cui si muove è un mondo tridimensionale ai confini della rete. Dietro queste mura si nascondono creature ignote realizzate digitalmente che riproducono soggetti quotidiani sotto una luce macabra.

«Un’esperienza conoscitiva delle possibilità estranianti del web», dice Andrea Baccin, director di Basement, dove il visitatore è guidato lungo una stretta feritoria, ideata dallo studio BB, che volontariamente annulla la concezione di spazio e tempo introducendo lo spettatore in una multidimensione dove lui stesso è protagonista da player.

Lungo il percorso, come in un vero videogioco, il giocatore, nonché visitatore, deve prendere decisioni che incideranno sulla sua visita, come in una scena di Black Mirror, uno dei movie preferiti di Refman al quale si rifà nella progettazione di alcune delle gigantografie esposte all’interno della galleria. Sono proprio queste immagini a delineare lo spazio di movimento, con la sua serie SS Laguna prologo (2024) proveniente dal suo ultimo videogame da poco presentato in Italia. Il suono che accompagna la visita è un mix di canti, gemiti bestiali, rumori elettronici, che sorvegliano il giocatore dall’alto, divenendo gli occhi invisibili di Rafman.

Jon Rafman, Player Character exhibition view at Basement Roma. Courtesy of the artist and Sprüth Magers. Photo Roberto Apa © Jon Rafman

Lo sguardo scientifico al quale si abitua lo spettatore muta in uno sacrale dalla dimensione intima con l’opera Egregores I, II, III, IV (2024), dove davanti ad un inginocchiatoio compaiono le immagini di essere umani che invecchiano rapidamente, ripercorrendo in pochi secondi le quattro età dell’uomo. A completare l’opera vi sono alcuni canti gregoriani mixati con alcune delle tracce elettroniche preferite dell’artista: un’ulteriore dimostrazione delle contraddizioni del digitale. Il percorso continua nelle sale in fondo, dove si svela il volto cinematografico di Rafman, con una raccolta di pellicole realizzate dai primi anni 2000 ad ora.

Tra i titoli che compaiono nella selezione esposta vi sono Advice for a Prophet del 2004, City Girls del 2005, Dream Journal del 2016-19, in tutti vi si legge un messaggio comune: l’Io collettivo e la sua rappresentazione di una società orizzontale dove tutti sono uguali e indistinti. La sola distinzione che fa Rafman nel suo mondo digitale, è quella tra umano e subumano, cioè tra emozione spontanea, propria della condizione umana, e l’assenza di ogni forma di pulsione interiore per una meccanica anatomica che riduce l’uomo ad un personaggio piatto, senza alcuno spessore emotivo, dove però sopravvive il senso della morte, di un game over che tiene lo spettatore in equilibrio tra finzione e realtà. Questo senso di perdizione nelle narrazioni computerizzate di Rafman porta il visitatore a voler fuggire da quelle immagini, per poi, una volta lontano, capire che lui vive quella distopia e che il presente è già lì.

Jon Rafman, Player Character exhibition view at Basement Roma. Courtesy of the artist and Sprüth Magers. Photo Roberto Apa © Jon Rafman

A tal riguardo Rafman realizza l’opera Nine Eyes (2018- in corso), realizzata in collaborazione con Google. Il nome deriva dai nove obiettivi di Google Street View dai quali l’artista ha estratto i frame più stravaganti, che mostrano uomini muoversi senza però catturarne l’identità. In questo gioco digitale di identità a metà, vi si legge un ribaltamento dell’idea di vero nell’epoca della postverità, dove non ci si accontenta più di riconoscersi in un’immagine, ma si vuole divenirne parte, come il gamer nel videogame.

La mostra, in fondo, è una fotografia sociale che raffigura il viaggio dell’umanità nella terza dimensione, dove l’ignoto è sinonimo di possibilità. L’unica traccia del passaggio di Rafman, e dell’esistenza di un creatore esterno che muove i fili del giocatore, è rintracciabile in una delle sale principali, dove nell’oscurità si scorge una figura allegra con quattro arti umani, a rappresentare l’abilità nel manovrare più gamer in contemporanea.

Questa creatura ha le sembianze di Kool-Aid Man, il personaggio ideato da Rafman per navigare Second Life dal 2008 al 2011. Lo stesso personaggio che disse a Nicolas O’Brian che «non vi era modo di sfuggire dal mostro centralizzato dell’autorità senza nome» che controllava il gioco. In fondo Jon Rafman non vuole altro che elettrizzare l’emozione umana, fornendo all’uomo un’opportunità di redenzione dalla condizione di dipendenza dal web.

Jon Rafman, Player Character exhibition view at Basement Roma. Courtesy of the artist and Sprüth Magers. Photo Roberto Apa © Jon Rafman

Jon Rafman, Player Character
fino al 23 maggio
Basement Roma – Viale Mazzini 128, Roma
info: www.basementroma.org

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