Nella seconda metà del Seicento, nei più importanti palazzi nobiliari, intere stanze erano destinate a ospitare i ritratti delle “donne famose” del tempo. Le Belle. Ritratti femminili nelle stanze del potere, il nuovo libro della storica dell’arte e Direttrice della Galleria Borghese Francesca Cappelletti, ne propone un compendio, offrendo uno sguardo su una pratica simile alla catalogazione. Edito da Mondadori, il viaggio di Cappelletti tra i ritratti femminili seicenteschi è approdato il 19 marzo alla Galleria Nazionale, che torna ad essere un luogo ove si discute di arte con i protagonisti del sistema.
A introdurre l’evento nella Sala delle Colonne è stata la neodirettrice della Galleria Nazionale Renata Cristina Mazzantini, inaugurando così un nuovo palinsesto di eventi con il proposito di rendere l’istituzione uno spazio capace di ospitare discussioni e confronti. «È molto importante – ha dichiarato la direttrice – che il Museo abbia un ruolo attivo nel dibattito intorno all’arte. Francesca Cappelletti ha portato in luce un tema importante, raccontando in un libro appassionante le rappresentazioni di queste donne aristocratiche che allora costituivano dei modelli».
E questo incontro è stato solo uno degli esempi che stanno portando la GNAM a intraprendere un nuovo percorso dinamico e attivo che possa aprire al pubblico il museo in un’ottica anche didattica e formativa. Durante il dibattito hanno preso parola, oltre all’autrice, la direttrice dei Musei Vaticani Barbara Jatta e Alessandro Giuli, presidente della Fondazione MAXXI.
Inserito nella collana Le scie. Nuova serie, Le Belle. Ritratti femminili nelle stanze del potere consiste in una ricognizione delle tele ritraenti dame del tempo, influenti personaggi di corte o bellezze leggendarie la cui fama si diffondeva velocemente fra i circoli dell’aristocrazia europea, ma anche mogli di principi o future madri di cardinali, anelli fondamentali di alleanze politiche e pedine insostituibili di complesse strategie familiari. In generale, donne celebri per la loro bellezza, spesso all’origine di passioni e di eventi drammatici. Da qui, le tele in questione, che popolavano le maggiori collezioni italiane ed europee, sono note come “le Belle”.
In un testo in cui è percepibile la presenza di «una ricerca sistematica annessa, allo stesso tempo, a una grande capacità comunicativa», come ha sottolineato Barbara Jatta, il fil rouge consiste nella presenza di Venere come modello dei ritratti. «Persuasiva quanto sfuggente, la figura di Venere in molti casi non è stata immediatamente rintracciabile, come per Cristina di Svezia, un personaggio talmente complesso da eludere qualsiasi definizione», ha spiegato Francesca Cappelletti. «Le Belle che si identificano più facilmente con Venere sono le donne ritratte alla fine del Seicento, il vero punto di partenza di questa ricerca, ma che ho poi trattato come un punto d’arrivo. Questo perché si pensa che Le Belle costituiscano una specificità figurativa di fine secolo, ma in realtà hanno numerosi precedenti», ha concluso l’autrice.
Il volume di Francesca Cappelletti si configura così come un percorso in una moda longeva, a partire dalle stanze dedicate ai ritratti femminili della cinquecentesca collezione Farnese, o in quella del cardinale Pietro Aldobrandini, nipote di Clemente VIII, ma anche attraverso le “Stanze delle Veneri”, allestimenti in cui erano esposti capolavori della pittura rinascimentale raffiguranti le dee e le eroine delle favole antiche. Nella storia tracciata dal volume, che offre un nuovo sguardo sul ruolo della donna nei secoli, sono presenti delle indagini anche su alcune figure catalizzatrici, come per esempio Clelia Farnese, Lavinia Fontana o Maria Mancini. Il libro si presenta allora come un invito a riflettere “sulle metamorfosi del ritratto femminile, ma anche sul ruolo di alcune donne, sulla loro capacità di mettere in scena se stesse, di creare un personaggio in grado di autorappresentarsi e di generare forme di ritratto”.
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