Banksy, intervento pro-Gaza su un’opera dell’artista 

Il murale di Banksy colpito è la "Madonna con la pistola". Si trova a Napoli e per alcuni sarebbe la prima opera italiana dell'artista

Banksy si è trovato, a sua insaputa, portavoce di un messaggio politico ben chiaro e che oramai tutti conosciamo, il cessate il fuoco a Gaza. L’opera in questione è la Madonna con la pistola realizzata dallo street-artist nella centralissima piazza Gerolamini di Napoli nel 2010. Alcuni sconosciuti, la scorsa notte, hanno apposto sul vetro che preserva il murale (e quindi senza intaccare l’opera), la scritta adesiva “Gaza” sulla testa della Madonna, e alcuni stencil adesivi posti al di sotto, raffiguranti un gruppo di bambini nudi moribondi.

Un intervento sicuramente molto forte, che però è stato completamente distrutto da un uomo poche ore dopo, tornando quindi alla rappresentazione originale. Si tratta di una iconografia davvero molto emblematica: una Madonna con lo sguardo afflitto verso il cielo, che però invece di avere la consueta aureola, ha i contorni di una revolver.

Non è la prima volta che l’artista utilizza una tematica religiosa per una denuncia sociale: si pensi alla Santa Teresa al McDonaldrealizzata sempre nel centro storico di Napolirilettura provocatoria dell’estasi della celebre scultura berniniana, e che ormai non esiste più. Questa volta invece, l’immagine rappresenterebbe il doppio filo che lega mafia e religiosità.

Anche se questa volta inconsapevolmente, Banksy non è di certo nuovo a questo tipo di sfide politiche: nel dicembre del 2023, a Londra, era comparsa un’opera di questa natura: un cartello stradale di stop, con tre droni militari in 3D e che si ritiene fosse riferita alla guerra in corso tra Israele e Hamas. Il murale è stato rubato poche ore dopo e l’artista sul suo profilo social, ne avrebbe rivendicato la paternità senza smentire il messaggio di pace e di cessate il fuoco, che il cartello silenziosamente celava.

Inoltre, nel 2015, dopo aver visitato i territori palestinesi per realizzare una serie di murales, avrebbe affermato: «Gaza è spesso descritta come la più grande prigione del mondo all’aria aperta, perché nessuno è autorizzato a entrare o uscire. Ma definirla così sembra ingiusto nei confronti delle prigioni, visto che qui manca l’elettricità o l’acqua potabile quasi tutti i giorni». Quel che è certo comunque, è che l’artista che (forse!) nessuno conosce, riesce sempre, consapevolmente o meno, a far parlare di sé.

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