Capolavori in ostaggio in difesa di Assange: l’azione dell’artista Molodkin

Andrei Molodkin afferma che distruggerà opere di Picasso, Caravaggio e Rembrandt da lui custodite, se Julian Assange morirà in prigione

L’artista russo Andrei Molodkin ha minacciato di distruggere 16 capolavori a lui donati e ora custoditi in un caveau nel sud della Francia, se Julian Assange dovesse morire in carcere. Jasper Johns, Jannis Kounellis, Robert Rauschenberg, Jake Chapman, Andres Serrano, Santiago Sierra e Sarah Lucas sono solo alcuni degli artisti sacrificabili. Il progetto si chiama Dead Man’s Switch e sarà attuato con lo scioglimento delle opere nell’acido, se la vicenda del fondatore di WikiLeaks non dovesse avere un lieto fine.

La cassaforte sarà sigillata nello studio di Molodkin in Francia, per poi essere spostata in un museo. La cassa sarà però collegata a un timer da reimpostare giornalmente e resettato solo in caso di conferma della sopravvivenza di Assange. La moglie, che sostiene ovviamente il progetto, ha posto una importante domanda, profondo spunto di riflessione: «qual è il tabù più grande: distruggere l’arte o distruggere la vita umana?».

Anche l’Italia è entrata in punto di piedi in questa vicenda. Giampaolo Abbondio, noto gallerista milanese, ha donato un’opera di Picasso all’artista dissidente russo, per sostenere la causa perchè «è più importante per il mondo avere un Assange che un Picasso in più». Si aggiunge poi l’artista milanese Franko B ha donato un’opera «come piccolo gesto rispetto a quello che ha fatto Assange e a quello che sta attraversando».

Ricordiamo che WikiLeaks ha pubblicato migliaia di documenti inerenti alle guerre in Iraq e Afghanistan e si presume che Assange abbia cospirato per divulgare informazioni sulla difesa nazionale degli Stati Uniti. Questo il motivo della sua incarcerazione, che ora mette a rischio la sua stessa vita. Prossima settimana l’ultimo processo che ne stabilirà o meno l’estradizione. Difendere la sua persona equivale a difendere una libertà di espressione collettiva, che silenziosamente è sempre più repressa. Immolare l’arte per una causa del genere o utilizzarla come espediente di salvezza, è un gesto sì folle, ma forse non così sbagliato.