La vicenda risale al 2010 quando John Bonafede riproduce al MoMA una nota performance di Marina Abramovic in occasione della mostra dedicata alla regina della performance. Il museo non sarebbe intervenuto durante le avvenute molestie sessuali da parte del pubblico nei confronti dell’artista, che lunedì avrebbe fatto partire la denuncia citando in giudizio il museo newyorkese. L’artista performativo, durante la rassegna Marina Abramović: The Artist is Present ha presentato Imponderabilia, eseguita dalla Abramovic con il suo ex compagno, per la prima volta nel 1977 alla Galleria comunale di Arte moderna di Bologna. Assieme a lui sono stati coinvolti altri 38 artisti che a rotazione dovevano riprodurre le più significative performance dell’artista.
Marina Abramović e Ulay, Imponderabilia, 1977, Galleria d’Arte Moderna, Bologna.
La performance prevede il passaggio estremamente ravvicinato del pubblico tra i due attori della performance in posizione frontale, totalmente nudi. Bonafede assieme a un’artista ha riprodotto il compito per un totale di 75 minuti, mentre il flusso dei visitatori passava in mezzo ai due. Il pubblico è così necessariamente costretto a venire in contatto fisicamente con i performer e deve scegliere istintivamente se rivolgere lo sguardo all’uomo o alla donna.
«Siamo in piedi, nudi, sull’ingresso principale del Museo, una di fronte all’altro. Il pubblico che entra nel Museo deve oltrepassare, mettendosi di traverso, il piccolo spazio tra di noi. E ogni persona che passa deve scegliere chi di noi due affrontare». Così la Abramovic descriveva negli anni ’70 la sua performance.
In questa occasione, Bonafede ha riferito di essere stato più volte palpeggiato e di aver ricevuto anche diverse molestie verbali, con l’organizzazione museale che nonostante fosse a conoscenza dell’accaduto, non avrebbe fatto assolutamente nulla per impedirlo. Addirittura, la donna assieme a lui, sarebbe stata baciata da un visitatore senza il suo consenso. Solamente giorni dopo l’avvenuta fattualità delle molestie, il MoMA avrebbe creato un sistema di segnaletica per tenere il pubblico a una adeguata distanza. A quanto pare però, ormai troppo tardi.
Nonostante la causa sia stata intentata 14 anni dopo, Bonafede spera di ottenere un rimborso dal museo per i diversi anni di stress emotivo aggressioni sessuali avrebbero apportato «alla sua salute mentale, all’immagine del suo corpo e alla sua carriera».