British Museum, scoperto il furto di migliaia di oggetti non catalogati

Con l’inizio dei furti stimato oltre vent’anni fa, il British Museum ha predisposto la digitalizzazione della collezione

A ricostruire i fatti è stato George Osborne, presidente dei fiduciari, lanciando la notizia scioccante alla Commissione Cultura, Media e Sport della Camera dei Comuni. Circa duemila oggetti sono stati sottratti al British Museum nel corso di circa venticinque anni, scoperta che ha fatto poi emergere la presenza nel museo di oltre due milioni di oggetti non catalogati o parzialmente catalogati. Motivo per cui è stata disposta un’operazione di documentazione complessiva della collezione e una sua digitalizzazione.

Si prevede che la catalogazione costerà dieci milioni di sterline, ma i dettagli sul finanziamento del lavoro non sono stati ancora forniti. Il processo richiederà circa cinque anni: un lavoro lungo, dovuto alla mole di oggetti non catalogati che il museo possiede. Più nello specifico, un milione di questi è completamente privo di registrazione, 300 mila presentano una catalogazione parziale, non essendo digitalizzati, e infine più di un milione hanno una documentazione digitale, ma non sono fotografati.

Oltre due milioni di oggetti non catalogati su un totale di otto posseduti dal museo, sebbene circa altri due milioni di essi non richiedano una reale registrazione. Proprio questa mancata documentazione ha consentito a un insider di rubare gradualmente un gran numero di oggetti. Risale infatti al 16 agosto scorso la notizia annunciata dal British Museum relativa al furto di esemplari risalenti a un periodo compreso tra il XV secolo a.C. e il XIX secolo d.C. Tra questi, gioielli in oro e pietre semipreziose.

Una scoperta che ha reso immediate le dimissioni del direttore del museo e del suo vice, e cioè Hartwig Fischer e Jonathan Williams. L’attuale direttore ad interim del museo è Mark Jones, che ha dichiarato alla Commissione dei Comuni che la presenza di oggetti non documentati era nota solo a una persona, che ha peraltro alterato i registri del museo.

Le premesse suggeriscono che il responsabile sia stato identificato, sebbene il museo non ne abbia reso noto il nome. Secondo la ricostruzione dei media, l’individuo sarebbe Peter Higgs, che per trent’anni è stato curatore e di recente custode ad interim del dipartimento dedicato alla Grecia e a Roma. Higgs è stato licenziato durante l’estate ed è stato anche interrogato dalla polizia, sebbene non sia stato arrestato o accusato.

Un altro motivo di imbarazzo per il British Museum deriva dal fatto che la prima denuncia dei furti risale a due anni fa, quando il commerciante di antichità Ittai Gradel ha avvisato l’istituzione di aver comprato con tutta probabilità degli oggetti appartenenti al museo, identificando tra l’altro un potenziale responsabile. Un’informazione, questa, di cui il museo non ha fatto un corretto uso, secondo Osborne.

In effetti, i 350 esemplari acquistati da Gradel sono stati ritrasferiti al museo. Osborne ha annunciato che il British Museum, probabilmente il prossimo anno, dedicherà una mostra proprio a questi oggetti, rendendone chiare le vicende che hanno subito. Un modo, questo, per rendere noto al pubblico e agli specialisti il tipo di oggetti rubati, nel tentativo di favorire ulteriori recuperi.

La mostra sarà una prima occasione per ampliare la conoscenza della collezione, strumento che per Mark Jones è imprescindibile per evitare nuove situazioni di questo tipo. Il direttore ad interim – e aspirante permanente – ha infatti dichiarato che «non possiamo e non dobbiamo pensare che la sicurezza della collezione, in senso lato, possa essere raggiunta semplicemente chiudendo tutto a chiave. Sono convinto che la risposta più importante ai furti sia quella di aumentare l’accesso, perché più una collezione è conosciuta – e più viene utilizzata – prima si notano le eventuali assenze».