Di fronte alla villa San Martino di Arcore, un grande capannone ospita le opere d’arte che Silvio Berlusconi ha acquistato nel corso del tempo. Tra dipinti e sculture, sono circa 25 mila gli esemplari della collezione. Un elemento ingombrante dell’eredità lasciata dal leader di Forza Italia, che oltre a richiedere un mantenimento costoso ha anche uno scarso valore, secondo le dichiarazioni di Vittorio Sgarbi.
Tra i dipinti collezionati, «ce ne saranno sei o sette interessanti», ha dichiarato il critico, aggiungendo che la «distruzione – del resto della collezione – non sarebbe un delitto». D’altra parte lo stesso Sgarbi aveva consigliato a Berlusconi di investire le proprie risorse in un numero più limitato di opere, ma dal valore maggiore. Anche Cesare Lampronti, mercante d’arte che ha avuto contatti con il Cavaliere per decenni, lo ha definito un acquirente impulsivo, consapevole di star comprando opere senza valore.
Eppure Berlusconi ha investito 20 milioni di euro per costruire la propria collezione, che ha anche un elevato costo di mantenimento. Secondo La Repubblica, la gestione del capannone di Arcore richiederebbe circa 800 mila euro l’anno. Un costo elevato con cui la famiglia si sta confrontando e che, a fronte dello scarso valore delle opere, rende la collezione un elemento dibattuto tra le eredità lasciate dal Cavaliere, dopo la morte avvenuta il 12 giugno scorso.
Berlusconi ha acquistato la maggior parte delle opere, che Sgarbi ha definito “croste”, da televendite, ma anche da mercanti d’arte napoletani. Ritraggono per lo più Madonne, donne – che era solito donare agli amici –, paesaggi urbani da Parigi a Venezia e Napoli.
La collezione sta già fronteggiando i parassiti, ma non si esclude la possibilità che venga mantenuta per allestire tour di turisti. Come ha dichiarato Sgarbi ad Art Tribune, «se potessimo vedere in un museo le opere raccolte in questi grandi magazzini, per la gente che capisce poco d’arte sarebbe un divertimento. In realtà sarebbe stato meglio averne 2.400 buone che 24mila così e così».
Uno stato precario e costi elevati per una collezione poco redditizia sembrano condurre verso lo smantellamento.