L’orizzonte degli eventi: gli scatti di Paolo Pellegrin a Venezia

Le Stanze della Fotografia di Venezia ospitano la mostra fotografica di Pellegrin, testimone dei conflitti della contemporaneità

Le Stanze della Fotografia

Venezia

Paolo Pellegrin in questa mostra si occupa in realtà di orizzonti nel vero senso della parola. Per quanto L’orizzonte degli eventi sia effettivamente un fenomeno fisico relativo ai buchi neri particolarmente esemplificativo rispetto al tema che l’artista vuole affrontare, l’orizzonte può anche essere visto come una sorta di muretto dal quale poi ci si può affacciare per vedere altro. Interessante è pensare a quanto la fotografia in realtà, forse più di un dipinto o di un’installazione o semplicemente in modo diverso, sia essa stessa un orizzonte. Ciò che viene messo a fuoco in una fotografia è sempre un nuovo punto di vista. Ciò che si sceglie di fotografare ne è ancora un altro e dice molto del soggetto o dell’oggetto fotografato ma anche di chi fotografa (e ciò rimanda alla mente opere come Las Meninas di Velasquez). 

La fotografia è un vero e proprio caleidoscopio di punti di vista e in particolare questa mostra di Paolo Pellegrin, curata da Denis Curti e Annalisa D’Angelo e realizzata in collaborazione con Magnum Photos, lo fa in modo preciso e chiaro. 

L’orizzonte di cui si parla qui è rappresentato con la metafora del fenomeno fisico che vede persino la luce perdersi nei buchi neri, oltre i quali è impossibile capire cosa ci sia. L’artista infatti si pone proprio sulla soglia e con il suo obbiettivo immortala quei minuscoli e precisi attimi che non vengono mai mostrati né visti e che altrimenti non sarebbero mai ricordati. Ciò lo si vede benissimo da lavori come Stanchezza e lunghe ore di attesa nel caldo cocente provocano il collasso e lo svenimento dei rifugiati sull’isola di Lesbo o Civili arrivano a Tiro dopo essere fuggiti dai loro villaggi nel sud del Libano durante i raid aerei israeliani. I titoli stessi, lunghi e quasi didascalici nella forma, fanno comprendere quale sia “la soglia” di cui si parla. La soglia fra l’umano e l’inumano, il limite tra ciò che è e non è, il muretto oltre il quale spesso nessuno vuole guardare. 

Inoltre la stessa curatrice Annalisa D’Angelo fa notare quanto l’attenzione ai materiali e alle tecniche in sé rispecchi e richiami spesso il tema: «Paolo Pellegrin sin dall’inizio ha cercato di rappresentare le sue storie da tutti i punti di vista disponibili, raffinando la sua visione e scegliendo ogni volta il modo più consono per farlo. È per questo che in Ucraina troviamo l’utilizzo della panoramica, le serigrafie rimandano ai muri crivellati di Gaza». 

Esattamente come tuttə i grandə artistə, Pellegrin parla attraverso le sue fotografie che sono vere e proprie opere d’arte e non si stanca di rimandarci un mondo fatto di piccoli attimi e genti lontane che appaiono quasi evanescenti ai nostri occhi proprio perché oltre il nostro orizzonte. Un orizzonte misurabile come quasi tutti gli altri e spesso imposto da noi umani. 

Particolarmente rappresentativa del lavoro di Pellegrin credo sia una fotografia intitolata Angelina gioca a casa di sua nonna Sevia in cui una bambina coperta da una veste semplice quasi somigliante a un lenzuolo è intenta a scavalcare una bassa finestra somigliando a una creatura sovrumana fatta di luce e che poi avvicinandosi risulta fatta esattamente di corpo e materia. Questo credo sia la fotografia di Pellegrin: un’incanto di luci, visi, paesaggi e materiali ma anche la testimonianza di un corpo che tuttə ci rappresenta e che è sempre al limite tra l’esserci e il non esserci. 

Paolo Pellegrin, L’orizzonte degli eventi
a cura di Denis Curti e Annalisa D’Angelo
fino al 7 gennaio 2024
Le Stanze della Fotografia, Venezia – Isola di San Giorgio Maggiore