Licenziamenti, bilancio e proteste. Sorti e vicende del Centro Pecci di Prato

In seguito ai due licenziamenti da parte del museo pratese, motivati dalla necessità di risanare il bilancio, il mondo dell’arte si interroga sulle sorti del Centro Pecci

Secondo i recenti avvenimenti, il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci sembra avere un destino incerto. La vicenda che ha portato l’attenzione sul museo pratese è quella del licenziamento di due dipendenti sui diciotto in totale. E la motivazione addotta è la necessità di risanare il bilancio, chiuso nel 2022 in perdita di 330 mila euro. Secondo un video riportato da Ansa, si stanno svolgendo delle proteste di fronte al Centro. Organizzata da Cgil e Uil, la manifestazione contesta il licenziamento dei due dipendenti, rimanendo in attesa di un incontro con la Fondazione, con Eugenio Giani – presidente della Regione Toscana – e con il sindaco di Prato Matteo Biffoni.

A gestire il Centro Pecci è la Fondazione per le Arti Contemporanee in Toscana, attiva dal 2016. La Fondazione è stata istituita l’anno precedente dal Comune di Prato e dall’Associazione Culturale Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci Prato, con il sostegno della Regione Toscana. Il Centro dipende quindi in gran parte da enti pubblici, fatto che ha inciso e incide tuttora sulla programmazione artistica.

I fatti economici e finanziari del Centro sono stati ripercorsi da Il Sole 24 Ore, che ha evidenziato come il ritardo nel versamento dei contributi da parte degli enti di competenza abbia causato il bilancio in negativo alla fine del 2022. È vero infatti che se i pagamenti fossero avvenuti per tempo, entrando dunque nel conto economico dell’anno di pertinenza, la Fondazione avrebbe notificato un bilancio quasi in pareggio. Il Sole 24 Ore ne riporta precisamente i dati: dopo la chiusura in positivo di 26 mila euro nel 2021, il Centro redige un bilancio nettamente in perdita alla fine del 2022 – come anticipato, di 330 mila euro – proprio per i contributi non versati per tempo, che ammontano a 335.122 mila euro.

Di questa somma, la quasi totalità fa riferimento a quote di pertinenza della Regione Toscana e del Ministero dei Beni Culturali, rispettivamente 184.153 e 113.750 mila euro. Il che riporta alla questione sopra annunciata, ovvero la forte dipendenza del Centro da enti pubblici. Le complicanze operative che derivano da una situazione economica di questo tipo, come una potenziale discontinuità dei fondi, hanno condotto il Centro a mettere in atto varie strategie. Da una parte, tentativi di diminuzione dei costi, soprattutto durante il caro energetico del 2022, ma anche lo sviluppo di un piano volto ad incrementare i contributi da parte di privati.

Nonostante tutto, Il Sole 24 Ore sottolinea il prospetto di un bilancio in pareggio alla fine del 2023. E ci si potrebbe chiedere che ruolo abbiano i due licenziamenti molto discussi in questi giorni nel risanamento. Un processo, questo, che avviene nell’ambito del Consiglio di Amministrazione della Fondazione, il cui mandato è scaduto a marzo scorso. Come riportato da Toscana Media News, nella nomina del nuovo CdA manca però quello del membro della Regione Toscana che, come chiarito, è un finanziatore essenziale per il Centro. Quest’ultimo si ritrova quindi privo, finché non avverrà la nomina, di un controllo pubblico, fatto che accanto ai licenziamenti delinea un futuro tutt’altro che certo per il museo.