Giulia Mangoni: ripensare l’archetipo per creare una seconda narrativa

Dal numero 128 di Inside Art, la pratica artistica di Giulia Mangoni, tra messaggeri fantastici, talismani e lupi mannari

La pratica di Giulia Mangoni ruota attorno all’etica del ritorno ed è interessata a creare interventi che possano decostruire nozioni di memoria e identità legate a specifiche geografie e comunità. Da poco si è conclusa la sua prima personale alla galleria Operativa Arte Contemporanea di Roma, La strega si trasforma persino in vento, con una nuova produzione di opere con cui l’artista ha indagato il folclore ciociaro tra creature fantastiche, tradizioni orali e immaginario archivistico.

Giulia Mangoni, Peppino che Piscia (Watering Hole), 2019, courtesy Operativa Arte Contemporanea, Rome, photo Roman Makhmutov

Tra i personaggi rappresentati in mostra, due figure-archetipo risultano particolarmente cruciali: la strega e il pupanaro. «L’archetipo della strega è emerso dalla ricerca sulle credenze popolari ciociare – racconta Mangoni – e mi ha colpito la descrizione di come una donna normale, spargendo dell’olio d’oliva su corpo e capelli, si potesse trasformare. Per me non era scontato che la strega diventasse tale solo quando ne avesse bisogno e ciò era collegato a un’idea di libertà dal proprio corpo. Ho trovato magica la descrizione della strega che, unta d’olio, si trasformava per andare lontano».

«Il personaggio del Pupanaro, il Lupo Mannaro, è – continua l’artista – l’uomo fragile ma al contempo “troppo solido” che non riesce a scappare dal proprio corpo animalesco e che trascina in sé una bestialità maschile. Mi ha sorpreso la descrizione di questo personaggio come un uomo dai nervi squilibrati che causa più male a se stesso che ad altri e che deve essere accudito con compassione dalla sua comunità. Dentro gli stereotipi di strega malvagia e lupo mannaro violento ci sono storie di grande libertà femminile e di fragilità maschile che rendono le credenze più complesse».

I quadri di Mangoni sono facilmente adattabili al contesto antropologico. Il wall painting che ha realizzato per la mostra da Operativa, per esempio, è diventato l’insegna del Museo Gente di Ciociaria ad Arce, passando così da un contesto archiviale a uno artistico contemporaneo e antropologico: «Mi piace – spiega l’artista – espandere la pittura sulla parete e dentro lo spazio, giocando con l’idea di mettere in tensione un’aspettativa decorativa in relazione agli oggetti. Quando le pareti sono dipinte e non ci sono quadri appesi il soggetto diventa il corpo dello spettatore che entra nello spazio. Penso all’idea del paesaggio non passivo che prova a cambiare il soggetto, creando una seconda narrativa che infastidisce la prima. Prendere il wall painting digitalizzato e renderlo un’insegna, fa diventare lo sfondo utile per uno scopo comunicativo. Mi piace pensare alla pittura che oscilla tra i mondi dell’usabilità e osservare cosa cambia quando entra ed esce dal contesto artistico».

Giulia Mangoni, Bits & Cream, Metabolizzazione d’Archivio, 2022, installation view, courtesy ArtNoble Gallery, Milan, photo Luca Corgnali

Mangoni definisce spesso i suoi lavori come talismani, attribuendogli un potere magico in grado di innescare delle azioni e conseguenze, assumendo così una funzione sociale. «Usare la pittura – continua l’artista – come strumento di base per poi indagare altre discipline, mi fa riflettere sulla funzione dell’arte fuori dai centri urbani. I miei quadri spesso trasmettono dei messaggi che possono essere letti localmente e globalmente. Il quadro del Peppino che Piscia, per esempio, celebra una storia orale connessa a Isola del Liri, legata a un folletto che fa la pipì nella cascata. I quadri del Peppino, come le statue in ceramica che lo rappresentano, creano un legame con il territorio. Quando i quadri si trovano in un contesto dove la loro storia è ignota diventano messaggeri fantastici senza la specificità del legame geografico. Essere una pittrice che raffigura storie rende possibile il coinvolgimento con artigiani locali che lavorano sull’idea di appartenenza territoriale. Essere pittrice qui, adesso, vuol dire tornare a un paesaggio sfruttato da secoli. L’atto di fare della provincia un centro di produzione pittorica è per me una scelta che entra inevitabilmente nelle mie decisioni di composizione e soggetto».

Giulia Mangoni, Il Bosco Magico (notturno), 2022, installation view, courtesy ArtNoble Gallery, Milan, photo CoAtto

Quest’anno è nata Cinevetrina, progetto dell’artista a Isola del Liri. Già da tempo Mangoni indagava l’utilizzo del medium vetrina non come display commerciale bensì espositivo, con l’installazione di alcuni suoi quadri prima e di poster di derivazione cinematografica dopo, fino a diventare una pratica sociale territoriale. Cinevetrina – conclude Mangoni – nasce dal desiderio di rendere fruibile la vetrina del Cinema Teatro storico di Isola del Liri per ricollegare l’artigianato locale a un pubblico giovane. Il progetto esplora l’identità territoriale attraverso manufatti artigianali di tradizione locale e nasce inoltre dal desiderio di costruire, attraverso la catalogazione delle mostre, un’archiviazione di vecchi saperi collegati sia agli oggetti che agli artigiani della zona. Attraverso installazioni che accompagnano gli oggetti, incoraggiamo specialmente l’esplorazione di una parte della loro produzione che normalmente non viene svelata».

Artist at work, 2023, Isola del Liri, photo Giulia Fornari

ALTRI PROGETTI

Nel 2022 Giulia Mangoni presenta La strega si trasforma persino in vento, la prima personale negli spazi romani di Operativa Arte Contemporanea. Il 2023 è l’anno in cui Mangoni si concentra sulla pittura installativa. In programma la realizzazione di uno stendardo dipinto per la Biennale di Gubbio, organizzata da Spazio Taverna; un nuovo progetto site-specific per una grande collettiva in un’istituzione italiana e, infine, sta lavorando a una bi-personale insieme all’artista Augusta Lardy Micheli, curata da C.G. Williams, Siena.

Giulia Mangoni, photo Marta Tonelli

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