Le ceramiche di Capodimonte incontrano l’estro di Patricia Urquiola all’Hotel Eden

Tradizione e innovazione si fondono nella collezione di Urquiola, nel concetto molto contemporaneo di ibridazione, presente anche in natura

Tra le storiche mura dell’Hotel Eden, albergo cinque stelle lusso di Dorchester Collection situato a pochi passi da Villa Borghese, da sempre dedito alla promozione della cultura e dell’arte, è possibile ammirare fino al 27 agosto i lavori nati dal progetto Hybrida x Hotel Edenuna collezione di ceramiche e pezzi unici, nati dalla collaborazione tra la designer e architetta spagnola Patricia Urquiola, gli artigiani della Real Fabbrica di Capodimonte e Made in EDIT.  Quest’ultimo è un programma internazionale di residenza e produzione di opere che connette designer internazionali contemporanei con artigiani italiani, fondato da Emilia Petruccelli, owner di Galleria Mia a Roma, e Domitilla Dardi, storica e curatrice indipendente di design. «Portiamo avanti questo progetto di residenza – dichiara Emilia Petruccelli – con l’intento di mostrare come si possono valorizzare le maestranze e il saper fare locale senza pensare che al tradizionale sia associato un concerto di vecchio. Come vediamo in questa mostra, la contemporaneità degli artigiani è enorme».

Hybrida nasce nel 2020, quando Made in EDIT invita l’Urquiola a pensare ad una collezione unica da produrre nello storico Istituto superiore Raro Caselli Real Fabbrica di Capodimonte a Napoli, situato all’interno dell’omonimo Parco, che porta avanti l’antica tradizione artigianale delle porcellane di Capodimonte con un occhio all’innovazione e alla sperimentazione. 

Allestite nell’elegante salotto posto al primo piano, La Libreria, le porcellane progettate da Patricia e realizzate a mano dai maestri della Real Fabbrica, reinterpretano la tradizione secolare del luogo arricchendo vasi, tazze e centrotavola con innesti di muschi, licheni, funghi e pezzi di corteccia rintracciati nel sottobosco intorno alla scuola e alla Reggia del rione partenopeo, a metà strada tra presente e passato, tra ricerca individuale e collettiva, tra design e opera d’arte. Ma non solo elementi naturali, nei pezzi prodotti sono inserite corde, spugne, ovatta e tanti altri elementi molto lontani della porcellana, ma che hanno dato vita a dei prodotti unici e sensazionali.
Quando Patricia è arrivata nella scuola è stata colpita dallo spoglio cortile, il quale in teoria avrebbe dovuto ospitare un giardino didattico. Infatti, nella tradizione della porcellana, gli studenti si recano lì a prendere degli elementi quali rametti, fiori e quant’altro e li riproducono al vero, andando a  creare tutte le composizioni delle figure tipiche di Capodimonte. L’architetta ha così immaginato di creare un giardino di porcellana non solo con fiori e foglie, ma con tutti gli elementi che ha trovato passeggiando nel Real Bosco di Capodimonte, come cortecce, i licheni, tutte quelle piante e quegli elementi vegetali che hanno delle geometrie molto interessanti. Poi ha iniziato a sperimentare e a proporre delle cose molto lontane dalla tradizione: ha realizzato opere con spugne naturali, spugnette per lavare i piatti, ovatta, corda, mescolandoli agli elementi vegetali. 

Da qui il titolo della collezione, Hybrida, poiché quelli che sono stati creati sono degli ibridi tra tradizione e innovazione. Questo è un concetto molto contemporaneo di come la natura non è più pura, ma è sempre più ibridata di elementi che sono di produzione umana, e quindi saremmo sempre più in una commistione tra vegetale e prodotto umano. Tutte le porcellane prodotte sono state vendute, battute all’asta da Christie’s, e con i proventi è stato ricreato il gradino vegetale spoglio da cui tutto il progetto è nato, il quale diventa la base, lo spunto, per creare nuova porcellana. Esattamente come c’è una circolarità tra il giardino vegetale e quello di porcellana, abbiamo cerato anche le condizioni perché ci sia una vitalità in tutto il progetto di produzione. 

«È stato un progetto entusiasmate – ha dichiarato Domitilla Dardi – sia per noi di EDIT che per l’artista, perché non è stato realizzato con un produttore qualsiasi, ma con una scuola, e questa variabile non è una banalità. Abbiamo inviato Patricia, una delle più grandi architette e designer del mondo, a unirsi a noi in questo progetto visionario e folle, ovvero coinvolgere i maestri e gli studenti dell’Istituto Caselli, i quali sono a tutti gli effetti dei produttori. C’è stata un po di reticenza iniziale, sopratutto da parte dei docenti, quando un personaggio innovativo come la Urquiola è entrato nella scuola con una proposta così lontana dalla tradizione. Ma il sospetto in pochi tempo si è trasformato in un grande amore, come sempre quando si spinge l’acceleratore sulla sperimentazione e sulla ricerca, i quali sono anche un grande divertimento. Infatti, quando si esce fuori dagli schemi e ci si rende conto che tante altre strade sono percorribili oltre a quelle già conosciute, l’entusiasmo prende il sopravvento. Numerosi sono stati i ragazzi che hanno chiesto di poter entrare a far parte del progetto. È bello il fatto che continui. Non è stata una vetrina, a noi non interessa fare un esercizio di stile, vogliamo creare dei progetti che vadano poi a determinare un indotto territoriale ma anche una circolarità che deve avere un su ritorno economico».

«In un primo momento le idee di Patricia erano fantascienza – ha raccontato Alessando Borrelli, uno dei mastri che hanno guidato il progetto – erano delle figure anomale. Ma ben presto questa sensazione si è trasformata in uno stimolo per poter trasmettere agli studenti il fatto che il materiale ceramico può essere utilizzato per mille usi e prendere infinte forme artistiche, essendo molto duttile. Patricia ci ha dato l’opportunità di trasmettere e dimostrare ai ragazzi che con la fantasia, la  ceramica si può utilizzare per realizzare qualsiasi cosa». Hybrida è la dimostrazione di come si possa omaggiare una tradizione millenaria e darle nuova linfa per portarla nel contemporaneo.