La Fondazione Achille Castiglioni riceve lo sfratto

Dopo 62 anni a piazza Castello 27, la lettera di sfratto. I figli del designer: «Aiutateci a salvare lo studio di nostro padre».

Dopo 62 anni a piazza Castello 27, la Fondazione Achille Castiglioni riceve la chiamata dell’ufficiale giudiziario. Sfratto. Ironia del destino o cattivo gusto, l’avviso arriva proprio nei giorni in cui Milano accoglie i festeggiamenti del Salone del mobile.

Luogo iconico per tutto il mondo del design, oggi casa-museo perfettamente conservata dalla Fondazione, lo studio che ha visto nascere capolavori senza tempo come la celebre lampada Arco, sarà forse costretto a chiudere i battenti. Il proprietario degli spazi ha infatti chiesto alla Fondazione di liberare, entro gennaio 2024, gli ambienti in cui il designer Achille Castiglioni ha lavorato con il fratello dal 1962 al 1968 e poi da solo, per oltre 40 anni. La motivazione? Probabilmente la possibilità di poter mettere le stanze sul mercato e aggiudicarsi la possibilità di guadagni più elevati. 

«È stata una doccia fredda», ha commentato la figlia Giovanna Castiglioni, che con il fratello Carlo gestisce da anni lo studio-museo paterno. «Siamo una fondazione privata e fino ad oggi abbiamo portato avanti l’eredità paterna con orgoglio e felicità, organizzando anche tante mostre temporanee. Non è neanche questione di canone d’affitto, che è triplicato in questi anni e abbiamo sempre pagato senza batter ciglio: ci è stato semplicemente chiesto di andare via. Adesso abbiamo davanti due strade possibili: rimanere qui, vincolando lo spazio con la Sovrintendenza, o traghettare la Fondazione in un altro luogo».

Il sottosegretario Vittorio Sgarbi è intervenuto nel dibattito, in difesa della Fondazione: «Ci sono tutti i requisiti per mettere un vincolo, ho già chiesto alla sovrintendente Emanuela Carpani di occuparsene». Bene, ma si sa come vanno queste cose, c’è anche la possibilità che non si riesca a trovare un nuovo accordo con la proprietà. E in quel caso? Carlo e Giovanna Castiglioni immaginano uno spazio ex industriale dove dare una nuova forma alla Fondazione. L’appello dei figli alla comunità del design milanese: «Papà diceva sempre che il progetto è un lavoro collettivo, sarebbe bello ricevere una mano». È partita così una petizione per salvare la fondazione dallo sfratto.

Intanto, la Fondazione ha inaugurato la mostra Fa ballà i man, il Design dei Castiglioni guardato con mano che riprende il famoso detto milanese “fai ballare l’occhio”. «Mi sono inventato un alfabeto gesticolare – spiega il curatore Marco Marzini – un abaco di gesti che si ritrovano in ben 42 progetti esposti in cui la mano è complice del progetto: in alcuni casi diventa proprio l’elemento innovativo e sorprendente». La mostra suggerisce, in maniera laboratoriale e provocatoria, un diverso modo di osservare: il punto di vista dell’oggetto trasformato in punto di contatto. Un invito dunque a sperimentare e guardare gli oggetti in modo diverso, non con la semplificazione e la rapidità dell’occhio, ma con la lentezza e la cura della mano, del tatto, per indagare meglio gli aspetti funzionali e pratici.