Collezionismo e tassazione, Novelio Furin fa un po’ di chiarezza sul tema

Collezionista e giurista, Furin ci ha dato la sua opinione a seguito della recente ordinanza della Corte di Cassazione

Il Governo intende recepire la direttiva Ue per la riduzione dell’IVA ma sono ancora tanti i dubbi e ambiguità sul tema fiscale. Ecco cosa ne pensano gli esperti del settore

Novelio Furin, dello studio legale associato Furin – Grotto che ha sede a Vicenza, è un collezionista attento ed è un giurista altrettanto attento. Per passione, prevalentemente concettuale (se così si può dire) nel primo caso, e per mestiere nel secondo. Anche Novelio Furin è un paladino della trasparenza del mercato dell’arte, requisito indispensabile – ritiene – anche per far crescere in maniera virtuosa il collezionismo stesso. L’abbiamo intervistato a seguito della recente ordinanza della Corte di Cassazione.  

Novelio Furin

Come interpreti l’ordinanza con cui si è espressa a marzo la Cassazione? Ritieni che la distinzione nelle tre categorie sia funzionale ad abbattere il nero che grava sul mondo dell’arte rendendolo un sistema opaco e poco credibile?
«Diversi collezionisti hanno l’abitudine di comprare e poi vendere, anche nel breve termine, più o meno occasionalmente, le opere acquistate, determinando in tal modo l’emersione di una plusvalenza. Tant’è che nel mercato dell’arte sono state coniate le espressioni “wetpaint” e “flipping” per fare riferimento alle opere d’arte acquistate nel mercato primario e rapidamente messe in vendita. Non sussistendo una norma di specifica e di chiara applicazione per tale fenomeno, la giurisprudenza ha avuto modo di interrogarsi circa la distinzione che corre tra mercante d’arte, speculatore occasionale e collezionista vero e proprio. La recente ordinanza della cassazione si inserisce nel contesto giurisprudenziale in materia, ribadendo che non sono soggette a tassazione solo le vendite di opere d’arte effettuate dal collezionista “puro”, quello che acquista per godimento culturale ed estetico ed allo scopo di migliorare, incrementare, dare un nuovo indirizzo alla propria collezione oppure per dismetterla in tutto o in parte, per ragioni personali, tra le quali necessità finanziarie o anche la semplice stanchezza collezionistica. Per contro sono assoggettate ad imposte le vendite del collezionista che sono dettate da scopo di lucro ovvero di realizzare un profitto.
Gli indici utilizzati dalla giurisprudenza per inquadrare i casi concreti nell’ambito della tassazione sono i seguenti:
– la ridotta distanza temporale intercorrente tra l’acquisto e la vendita delle opere;
– la rilevanza del giro d’affari complessivo realizzato attraverso le cessioni;
– la mancanza di altre fonti di reddito in capo al venditore;
– il ricorso al credito finanziario per l’acquisto delle opere;
– la disponibilità di spazi espositivi o di depositi nonché di personale e mezzi di trasporto;
– l’organizzazione di siti internet e la promozione dell’artista attraverso l’organizzazione di mostre od esposizioni.
È invece ritenuto indice ininfluente ai fini della tassazione, l’affidamento della vendita delle opere ad una casa d’asta, dovendo il collezionista affidarsi ad esperti. Circa il fenomeno del nero che grava sul mondo dell’arte, a mio avviso esso è stato ridotto non tanto per effetto di quanto poc’anzi illustrato, bensì per effetto della legislazione sul prelievo di contante».

Oltre la distinzione proposta dalla Cassazione ci sarebbe altro da fare secondo te?
«A mio avviso il sistema dell’arte dovrebbe caratterizzarsi da una maggiore trasparenza ed anche da prezzi più ragionevoli e legati ai risultati delle aste. Tra operatori e collezionisti dovrebbe instaurarsi un rapporto fondato sulla competenza e sulla fiducia reciproca. I protagonisti del mercato, come fiere, case d’asta, collezionisti, critici, dovrebbero inoltre promuovere iniziative rivolte al “reclutamento” e alla formazione di nuovi collezionisti che non devono essere necessariamente solo giovani, perché si può iniziare a collezionare a qualsiasi età. Per tutti gli operatori del mercato la missione dovrebbe essere quella di portare l’arte e la sua bellezza in tutti i luoghi in cui viviamo: le città e le abitazioni, ma anche uffici ed imprese, ospedali, ristoranti e così via».

In un tavolo sul mercato dell’arte che avevamo fatto insieme nell’ambito del Forum dell’Arte Contemporanea nel maggio del 2020, con molta fatica eravamo arrivati a formulare la proposta di tassare le vendite del collezionista che rivende entro i tre anni dall’acquisto. Cosa c’era di buono secondo te in questa proposta?
«Secondo me quella proposta era ed è ottima. Una norma di questo tipo, da un lato, impone un acquisto documentato, fattura e rilascio dell’autentica, dall’altro, ridurrebbe il fenomeno della speculazione. È interessante in proposito ricordare che, fermo restando che il mercante d’arte in tutti i paesi, come è ovvio, è soggetto all’ordinario regime delle imposte, vi è una differenza di trattamento per il collezionista. Mi risulta, ad esempio, che negli Stati Uniti il collezionista sia soggetto ad un’aliquota del 28% sulla plusvalenza realizzata con la vendita dell’opera d’arte; in Austria ed in Germania non è soggetto ad alcuna tassa se l’opera d’arte che intende vendere è stata posseduta dallo stesso da più di un anno; da ultimo in Francia vi è un regime alternativo che prevede o il pagamento di una flat tax del 6% del valore dell’opera oppure il pagamento del capital gain sulla plusvalenza. In tal caso il collezionista fornendo la prova della data e del prezzo di acquisto dell’opera, deve pagare il 36,20% sulla plusvalenza conseguita, ridotta a fini fiscali del 5% per ogni anno di possesso dell’opera, arrivando così a non pagare nessuna imposta dopo ventidue anni dal possesso dell’opera. È ovvia la considerazione che la speculazione ha effetti negativi sul sistema dell’arte».

Novelio Furin è avvocato con studio a Vicenza. Si occupa di penale d’impresa. È autore di pubblicazioni giuridiche. Colleziona con la compagna Maria Calderara, stilista. La loro è una collezione aperta: c’è più di un tema e tra le opere si produce un gioco di relazioni. C’è un forte interesse per opere che hanno come argomento la natura e c’è la preferenza per lavori minimali e per l’economia dei segni puliti. È però presente anche il colore. Collezionano inoltre libri d’artista dagli anni 60 ai nostri giorni.

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