Arte e IVA, la parola a Virginia Montani Tesei: «L’augurio è che la direttiva resti fedele al testo europeo»

L'avvocato esperto di diritto dell'arte e dei beni culturali si esprime su una manovra attesa da tempo dagli operatori del settore

Il Governo intende recepire la direttiva Ue per la riduzione dell’IVA ma sono ancora tanti i dubbi e ambiguità sul tema fiscale. Ecco cosa ne pensano gli esperti del settore

Quello dell’IVA sulle opere d’arte è un tema latente nel settore che affiora a intervalli regolari quando si affrontano argomenti che riguardano l’economia dei beni culturali. Professionisti, artisti, mercanti, appassionati d’arte e collezionisti: sono tutti chiamati in causa quando nel dibattito internazionale si vagliano manovre in grado di facilitare la circolazione delle opere d’arte. Un punto su cui tutti gli operatori sembrerebbero essere d’accordo è proprio la necessità di una rimodulazione dell’IVA per garantire benefici al nostro Paese e vantaggi per tutta la filiera dell’arte. Già nel 2021 l’ANGAMC – Associazione Nazionale Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea aveva bussato alle porte delle Istituzioni chiedendo all’ex ministro Franceschini l’attuazione di manovre e interventi, tra cui appunto la riduzione dell’aliquota Iva, finalizzati a risollevare un settore colpito anche dalla crisi pandemica e a dare impulso alla cultura nel nostro Paese. Il discorso è riaffiorato proprio nelle ultime settimane, a seguito delle dichiarazioni del Governo, e in particolare del Sottosegretario Vittorio Sgarbi, che ha annunciato l’intenzione di accogliere la direttiva dell’Ue (che dovrebbe entrare in vigore nel 2025) che riduce l’Iva sull’importazione delle opere d’arte e su tutti i passaggi che riguardano queste ultime: dalla vendita da parte dell’artista o in galleria, sino ai prestiti al museo e così via. Così, sia per quanto riguarda le cessioni di beni artistici (attualmente al 22%), sia per quanto concerne le importazioni e le cessioni dirette da parte dell’artista (attualmente al 10%), ci sarebbe un abbassamento dell’aliquota Iva al 5%. Quali sarebbero i pro e i contro di questa operazione? Ne abbiamo parlato con Virginia Montani Tesei, avvocato specializzato nell’assistenza a imprese e privati prevalentemente nel settore del diritto dell’arte e dei beni culturali.

Qual è il procedimento per attendere l’attuazione di questa manovra?
«Se il governo recepisse questa direttiva, il cui termine ultimo per la ricezione è il 31 dicembre 2024, potremmo vedere un cambiamento nei numeri del mercato dell’arte italiano, che potrebbe diventare un reale, e non più potenziale, competitor di altri mercati europei ed internazionali. Com’è noto la direttiva è un atto giuridico che stabilisce per i paesi dell’Unione Europea il raggiungimento di un obiettivo. Spetta quindi ai singoli paesi membri, attraverso un atto normativo interno, introdurre detti obiettivi all’interno del nostro sistema legislativo. Al fine di vedere questa intenzione, oggi annunciata, trasformarsi domani in una norma di diritto, l’augurio che possiamo fare è che la direttiva venga recepita il più fedelmente possibile al testo europeo».

Il percorso intrapreso dal governo sul piano fiscale sembrerebbe quindi condurre a una maggiore circolazione di opere d’arte nel nostro Paese. Quali possono essere i benefici per i diversi attori del sistema dell’arte?
«Il nostro mercato ha più volte vestito la maglia nera del mercato dell’arte. Questo infelice premio è spesso dovuto anche dall’impatto che oggi l’IVA ha sia sulla circolazione delle opere, che sulle operazioni di compravendita delle opere d’arte. Con questa manovra si garantirebbe una competizione ad armi pari tra il mercato italiano e francese nel campo dell’imposta sul valore aggiunto, soprattutto nel mercato dell’arte contemporaneo, che faciliterebbe in termini di tempo e di spesa sia i collezionisti nazionali ed europei che desiderano acquistare all’esterno ma anche gli operatori di mercato nelle operazioni legate ad esempio alle mostre e alle fiere d’arte, oltre a costituire un concreto aiuto per i galleristi».

Gli effetti della direttiva Ue potrebbero ridefinire equilibri internazionali che fino ad ora hanno governato la mobilità dei beni culturali. La Francia, ad esempio, che da sempre vanta un’aliquota bassa sull’importazione dei beni si troverebbe probabilmente a perdere il primato nel mercato dell’arte, acquisito anche dopo la Brexit. Quali dinamiche pensi possano delinearsi?
«La Francia, soprattutto in seguito alla Brexit, è diventata il polo europeo per il commercio e l’importazione di opere d’arte perché ha un’IVA sulle importazioni pari al 5.5%, rispetto all’Italia che ha un’IVA pari al 10%. Questa naturale migrazione che il mercato dell’arte ha fatto da Londra a Parigi è avvenuta certamente per le vantaggiose aliquote IVA su importazione e vendita, ma anche perché in Francia vi è una struttura normativa equilibrata in tema di circolazione di opere d’arte e beni culturali. Se il Governo italiano si impegnerà a lavorare su interventi normativi specifici come il recepimento della direttiva modificata il 5 aprile 2022 (2022/542) delle direttive 2006/112/CE e UE 2020/285 avrà compiuto un primo passo per la ridefinizione di equilibri internazionali, che, se unito ad una modifica sostanziale delle norme relative alla circolazione e vincoli sulle opere d’arte, potrebbe rendere l’Italia un paese competitivo quanto la Francia se non di più, atteso anche il numero di opere di arte antica, oggi impossibilitate a uscire dal paese, che potrebbe essere messo a disposizione del mercato».

Quali sono, invece, i contro di questa operazione? Non c’è il rischio che le opere d’arte possano diventare oggetto di una maggiore speculazione economica?
«La speculazione economica è propria di ogni mercato, soprattutto dei mercati del lusso basti pensare al mercato degli orologi, dei gioielli e dei diamanti, pertanto ritengo che pretendere che il mercato dell’arte non sia un mercato regolato dalla regola domanda e offerta sia molto lesivo per lo stesso. Tuttavia, il mercato dell’arte è chiamato anche ad adempiere ad un aspetto più onorevole, ossia il compito di generare cultura. Proprio in ragione di questo credo che un mercato più dinamico e vivace non possa far altro che accrescere anche la possibilità di investimento da parte dei privati e il conseguente aumento di operazioni culturali pubbliche da parte privata».

Nel frattempo, la Corte di Cassazione, nei giorni passati, ha emanato un’interessante ordinanza (relativa alla normativa vigente) che opera una differenziazione tra le diverse categorie di acquirenti: collezionista, mercante e speculatore occasionale, applicando una diversificazione sul regime fiscale delle loro operazioni economiche. Pensi sia opportuno fare distinzioni tra queste figure sul piano fiscale?
«La Suprema Corte di Cassazione ha emesso un’ordinanza in cui richiamava precedenti pronunce dei giudici di piazza Cavour oltre che di decisioni di alcune Commissione Tributarie (Toscana) in cui veniva riconosciuta la diversa natura – ed il conseguente regime fiscale – tra il collezionista e il mercante d’arte. Questa distinzione oltre ad essere doverosa, è necessaria per permettere al collezionista di adempiere alla sua natura tenendo sempre presente che la collezione non è un organismo statico. Infatti nel tempo un collezionista può cambiare il proprio gusto e quindi può avere voglia di cambiare alcune opere della propria collezione sostituendo delle opere d’arte non più di suo gusto con altre a lui più affini. Questa costituisce una delle attività di ordinaria gestione della collezione che deve essere regolamentata in maniera differente sul piano fiscale rispetto ad un soggetto che svolge un’attività economica ed imprenditoriale quale il mercante d’arte».

Per quanto riguarda invece l’arte digitale e il collezionismo di NFT, quali misure sarebbe opportuno prendere per chiarire una volta per tutte il loro peso anche nel mercato dell’arte?
«Per rispondere a questa domanda ci vorrebbe un articolo a sé stante!».

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L’Avv. Virginia E. Montani Tesei, è il socio fondatore dello studio, membro del comitato scientifico dell’associazione “BusinessJus” nel dipartimento diritto dell’arte. Ha diviso il suo percorso universitario fra l’Italia e la Spagna scrivendo una tesi bilingue. La sua formazione prosegue poi attraverso un post-graduate master in tutela, organizzazione e gestione del patrimonio artistico conseguito nel 2012 presso l’università LUISS Guido Carli di Roma e la partecipazione a numerosi corsi di alta formazione sul diritto dell’arte presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, per concludere con un Master in diritto e fiscalità dei mercati internazionali dell’arte nel 2017. Dopo aver collaborato in boutique firm nazionali sia a Roma che a Milano, nel 2017 collabora con un importante Studio internazionale, in qualità di specialista di diritto dell’arte. Dal 2018 apre il proprio studio legale, una boutique firm dedicata al diritto dell’arte e beni culturali

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