Incentivi al mondo dell’arte: l’Europa spinge per il riordino delle tasse. Occasione per il comparto

Vittorio Sgarbi: “il Governo intende recepire la direttiva Ue che riduce l’IVA dal 10 al 5,5%”. Una riforma che l'Italia chiede da decenni

L’Italia, grazie alla sua storia e alla sua vocazione, custodisce tra il 50% e il 70% del Patrimonio Artistico-Culturale mondiale. In questo settore è il paese più ricco del pianeta. È un dato noto, sul quale tuttavia, abbastanza incredibilmente, sembra che, almeno finora, la politica non abbia prestato la dovuta attenzione. È la nostra ricchezza principale sulla quale però non solo non si fanno i dovuti investimenti, ma, al contrario, la tassazione è penalizzante rispetto a quello che si fa nei principali mercati internazionali. Ma forse ora qualcosa finalmente sta per muoversi.

È di pochi giorni fa la notizia che la Commissione Europea ha incluso le “cessioni di oggetti d’arte, da collezione d’antiquariato” nell’elenco delle 29 categorie dell’allegato III (Direttiva 2006/112/Ce) che possono essere soggette alle aliquote ridotte applicabili lungo tutta l’intera catena commerciale. Una misura che avrebbe l’obiettivo di salvaguardare il funzionamento del mercato interno e di evitare distorsioni della concorrenza.

Vittorio Sgarbi, che il tema lo conosce bene, ha preso la palla al balzo e dopo un incontro con il Viceministro dell’Economia e delle Finanze, Maurizio Leo, ha spiegato cosa succederà: “Il Governo – ha detto il Sottosegretario – intende recepire la direttiva Ue che riduce l’IVA sull’importazione delle opere d’arte dal 10 al 5,5%. La riduzione dell’Iva agevolerà certamente le transazioni e dunque la circolazione delle opere, e potrà dare un contributo concreto alla ripresa del mercato dell’arte e dell’antiquariato per il quale, comunque, occorrono altre misure che stiamo studiando e che illustreremo nelle prossime settimane”.

Dopo tanto immobilismo, sembra un inizio promettente. Il perché incentivare il sistema dell’arte, posta la nostra storia ed il nostro patrimonio, è intuitivo. Il Sole 24 Ore, tuttavia, è andato più affondo entrando nel dettaglio e spiegando le positive ragioni economiche che suggerirebbero di insistere sugli incentivi e le agevolazioni alla filiera dell’arte. Il giornale di Confindustria si è rivolto a Franco Broccardi, dottore commercialista e partner di Bbs-Lombard, il quale ha spiegato che l’arte dovrebbe godere di una tassazione agevolata intanto perché la sua circolazione è importante per le comunità. Inoltre, la riduzione dell’IVA sull’arte potrebbe consentire una maggiore fruizione e disseminazione delle opere d’arte, un sostegno alla produzione contemporanea di opere d’arte e agli stessi artisti. In Italia, è bene ricordarlo, l’aliquota IVA sulle cessioni di beni d’arte è del 22%, mentre sulle importazioni e sulle cessioni dirette dall’artista è del 10%. A questo punto è importante vedere anche come si comportano gli altri paesi europei.

Vittorio Sgarbi, photo Jacopo Salvi 

In Francia, ad esempio, l’IVA sull’arte è del 5,5% (ma c’è grande insicurezza ed agitazione dopo l’aumento che l’ha portata al 10%), mentre in Germania l’aliquota è del 7%. In Spagna, invece, l’IVA sull’arte è del 10%, mentre in Belgio per le opere degli artisti viventi l’aliquota è al 6%. Poi c’è il caso del Regno Unito dove l’IVA sull’arte è del 20%, ma con l’eccezione per alcune categorie di opere per le quali è prevista un’aliquota ridotta del 5%. Insomma, un panorama variegato che spiega il perché l’Europa senta finalmente la necessità di mettere ordine anche al fine di tutelare paesi come l’Italia e come la Francia, che in questo settore sono tra i protagonisti assoluto a livello mondiale.

Ora per entrare ancora di più nel dettaglio, possiamo aggiungere che se l’Italia non adottasse l’aliquota ridotta su tutta la filiera dell’arte, l’aliquota dell’artista andrebbe al 22%, perdendo così l’occasione di assoggettare le prime vendite – quelle fatte dall’artista attraverso le gallerie – all’aliquota ridotta del 10% o, addirittura, del 5%. In Francia, i galleristi, come dicevamo, sono preoccupati poiché l’IVA sull’arte è stata aumentata dal 5,5% al 10% nel 2018 e non è ancora chiaro come si adatteranno al nuovo sistema di tassazione.

Avere un’IVA più bassa, come è del tutto evidente, è una questione decisiva perché può far perdere competitività ai mercati europei, soprattutto poi quando ci si confronta con altri paesi molto attivi a livello internazionale, come Dubai, Hong Kong, Singapore e gli stessi Stati Uniti. Insomma, l’inclusione delle opere d’arte tra le categorie che possono beneficiare dell’aliquota IVA ridotta potrebbe avere un impatto significativo sul mercato dell’arte italiano ed europeo, rendendo più vantaggioso l’impatto anche sulle istituzioni pubbliche, come i musei, e sulla pubblica fruizione. E, allo stesso tempo sarebbe una importante azione di stimolo verso la produzione di opere d’arte e verso il nuovo collezionismo.

La partita si è dunque finalmente aperta, il faro delle istituzioni europee si è acceso su un tema che da anni chiedeva di essere affrontato in modo organico ed efficace. Ora la parola passa alla politica: sia quella di Bruxelles, sia quella romana. Sgarbi, che oltre ad essere un rinomato curatore è anche un importante collezionista, conosce bene il problema e sa che per l’Italia è una questione cruciale. Speriamo che insieme al Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, riesca a trasferire l’urgenza del tema anche al Governo. Ma non bisogna lasciare la politica da sola. È una partita fondamentale, come tutti gli operatori sanno e ripetono da decenni, dunque è il momento di farsi sentire, di prendere posizione, di chiedere che questa occasione non venga perduta. Va fatto mettendoci la faccia, esponendosi, sostenendo l’atteso cambiamento. Queste pagine sono aperte a chi in merito avrà qualcosa da dire.

La direttiva europea entrerà in vigore il primo gennaio del 2025 ma dovrà essere approvata da ciascuno degli stati membri entro 31 dicembre 2024. Sembra molto tempo ma chi conosce questi iter sa che così non è. Quindi: adelante.