Muore il grande compositore giapponese Ryuichi Sakamoto

Aveva 71 anni e già lo scorso anno aveva reso note le sue condizioni di salute. A dicembre il suo ultimo concerto

«Sono sopravvissuto fino a qui, spero di essere in grado di comporre fino alla fine come Bach e Debussy, che sono entrambi musicisti che adoro». Lo aveva detto a giugno scorso, Ryuichi Sakamoto, quando aveva dolorosamente comunicato al pubblico di avere un cancro al quarto stadio, rendendo nota una battaglia che stava combattendo da oltre due anni.
La notizia della sua morte è stata annunciata solo il 2 aprile in un post via social, ma la scomparsa risale al 28 marzo.

A dicembre l’ultimo concerto, un live set inciso canzone per canzone a causa delle precarie condizioni di salute e successivamente mandato in onda come un unico show. Ryuichi Sakamoto ha lavorato fino alla fine. Dello scorso gennaio la notizia delle lavorazioni sulla colonna sonora di Monster, la prova registica del pluripremiato regista Kore-eda Hirokazu in arrivo quest’anno, e il 17 gennio, nel giorno del suo compleanno, esce 12, un album presentato come un diario della sua esistenza, dodici brani recanti la data in cui sono stati registrati in presa diretta, ambient per piano e/o droni per dare un senso all’ultimo periodo della sua vita. “Un disco esistenziale, la risposta a un bisogno di continuare a suonare e dunque a vivere”.

Nato a Nakano nel 1952, e considerato uno dei primi sperimentatori tra la musica etnica orientale e i suoni elettronici dell’Occidente, Sakamoto era stato un componente degli Yellow Magic Orchestra, gruppo che mescolava la musica elettronica giapponese e il j-pop, ma da solista ha legato al cinema molta parte della sua carriera, è del 1987 il premio Oscar per la colonna sonora del film L’Ultimo imperatore, diretto da Bernardo Bertolucci. «Il cinema è da sempre una grande fonte di ispirazione per me. Tutta la mia musica la concepisco come fosse una colonna sonora senza film», aveva detto. Una delle ultima colonne sonore a cui aveva lavorato è stata quella di The Revenant, film del 2015 diretto dal regista messicano Alejandro González Iñárritu. Nella sua carriera ha collaborato, fra gli altri, con David Bowie, Iggy Pop e David Byrne dei Talking Heads.

Figlio di Kazuki Sakamoto, editore della Kawade Shobo Shinsha, Sakamoto aveva studiato scrittura musicale all’età di 10 anni rimanendo affascinato dai Beatles e da Debussy. Nel 1978, Sakamoto formò gli YMO con Haruomi Hosono e Yukihiro Takahashi che con la loro musica techno-pop, che faceva pieno uso di sintetizzatori, era in sintonia con i tempi della fine degli anni ’70. Ha lavorato con molti artisti, specie con Alva Noto con cui ha stretto un sodalizio longevo e ricco di cinque album.
Fortissimo il suo legame con la Natura e così lo tstunami e i disastri a catena di Fukushima lo segnarono profondamente, diventando un punto di svolta nella sua vita e nell’arte facendolo diventare un attivista: nel 2011 è stato tra i firmatari di un appello di oltre 300 personalità contro l’atomo a uso civile, poco prima del minuto di silenzio in memoria delle vittime e della triplice catastrofe dell’11 marzo 2011. «Fukushima ha avuto un grande impatto su di me. Ero già consapevole dei problemi ambientali e per questo da anni cercavo di ridurre il piu’ possibile le mie emissioni di Co2, ma quel disastro mi ha fatto capire che non avevo ascoltato abbastanza la voce della natura. Una consapevolezza che e’ molto presente nel mio album Async». 
E fu proprio durante le riprese del documentario sulla sua vita (mostrato Fuori Concorso alla Mostra del cinema di Venezia 2017), che il grande musicista scoprì di avere un cancro alla gola, l’inizio di una lotta contro la malattia che nel gennaio 2021 aveva colpito il colon nonostante anni di trattamenti.