Greg Jager, interpretare le rovine del contemporaneo

L’artista residente nell’artist-run space romano  Ombrelloni, evolve la sua ricerca, si dedica oggi al nuovo progetto Ballad of the End, mirando a  ridefinire il significato di passaggio, di rovina e di  maceria nel presente dell’immediatezza

Quanto temiamo oggi il concetto di associazione? Il tempo corrente ci spinge a doverci porre di  fronte a un pubblico, una platea spesso invisibile ma concreta, costituendo la nostra identità come facilmente riconoscibile, senza ammissione di fraintendimenti. La soglia dell’attenzione  dell’individuo si fa sempre più sottile e correre al riparo da questa circostanza vuol dire semplificare ciò che siamo, svuotandosi del superfluo che necessiterebbe eccessiva accortezza. 

Greg Jager, artista di base a Roma, sfida tale consuetudine: Ballad of the end, il nuovo progetto a lungo termine dell’artista, si impegna a evolvere la sua linea di ricerca – questa già in precedenza legata  al concetto di archeologia industriale, fragile metafora del fallace ed effimero sistema capitalista  su cui poggia la società odierna – determinandone risultati inaspettati. 

Ballad of the end, Fondazione Rusconi, Bologna. Photo James Beghelli. Courtesy Greg Jager

Calabro di nascita, Jager viene accompagnato fin dall’infanzia dall’immagine di corrosione  tipica del paesaggio interrotto, incompleto, elemento troppo spesso ricorrente nella  terra a cui deve i natali. L’inefficienza del processo produttivo si incarna nella desolazione: colossi architettonici evirati prima del tempo, mai completi, mai attivati. Macerie di un futuro che mai si palesa. Cosa resta di qualcosa che mai ha visto veramente la luce? L’antropizzazione di un territorio si manifesta nell’atto del costruire ma è l’abbandono dell’incompleto ciò su cui si concentra l’indagine dell’artista. L’oggetto della riflessione si esprime al meglio nel concetto di terzo paesaggio, espressione coniata dal paesaggista francese Gilles Clement, utile a definire tutti quegli spazi sfuggiti alla cura dell’attività umana, luoghi dal carattere indeciso, spoglio di funzionalità ma non per questo senz’anima.

Il linguaggio performativo a cui oggi approda Greg Jager è lo stadio successivo di una ricerca sperimentale da sempre condotta parallelamente alla pratica della pittura murale: durante la residenza Bitume industrial platforms of arts, organizzata nel 2020 nello spazio industriale dell’ex fabbrica A. Ancione, in provincia di Ragusa, l’artista sceglie di operare nello spazio manipolando i pieni e i vuoti, gli spazi di risulta e la materie in eccesso, ogni elemento trova il suo ruolo in un’installazione che mira a modificare lo stesso paesaggio. All’interno della stessa area, la cui funzione originaria era quella dell’“insaccamento del gesso”, l’artista dà luce ad altri quattro interventi che completano l’opera centrale componenti la serie Primitive Paintings: segni razionali realizzati in assenza di spazio e tempo che suggeriscono all’osservatore l’innata esigenza dell’uomo di controllare ed organizzare la natura. Tali gesti vengono inseriti in aree irraggiungibili dal pubblico in maniera volontaria, impreziosendo l’installazione centrale vivendo nella loro intangibilità perdendo quindi la loro impossibile fruizione, allo stesso modo dello scenario in cui Jager ha operato.

Seguendo quella scia di polvere di gesso arriviamo ad oggi: il progetto a lungo termine  a cui si dedica adesso Jager riparte dal residuo, per costruire un domani possibile proprio  dal pulviscolo che fluttua nell’aria e che, senza corpo, cerca nell’aggregazione la forza per portare  avanti il movimento. Ballad of the end si manifesta in un processo performativo attivato attraverso l’utilizzo del blocco di tufo, dispositivo essenziale, su cui ruota l’azione dell’intelligenza collettiva della quale l’artista orchestra la concertazione dei movimenti. La forza dell’atto sta nella comunità che lo svolge: il minerale friabile rappresenta il destino effimero dei risultati dell’antropizzazione; intorno a questo si attiva l’interconnessione degli individui che con esso interagiscono, sincronizzandosi e desincronizzandosi in un’entropia lasciata libera, per lo stesso volere di Greg Jager.  

L’operazione, ha preso forma a Bologna con la collaborazione di Hidden Garage nell’ambito della programmazione di Arte negli Spazi Temporanei presso lo Spazio Petroni della Fondazione Rusconi e ancor prima  nell’esposizione MATERIA NOVA alla Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale, si compie nel  trascinamento dei blocchi che, venendo traslati dal pubblico partecipante all’azione, lasciano  dietro di sé il segno della loro alterazione. L’esperienza bolognese ha segnato un nuovo stadio  dell’atto: arricchita dalle installazione sonore di Maru Barucco e Lorenza  Ceregini, assenti nella performance romana, Ballad of the end si evolve verso una dimensione sempre più ampia di opera totale e totalizzante, interessata alla dinamica dell’improvvisazione, perennemente in mutazione, mai definitiva.  

Greg Jager
Ballad of the end, Materia Nova, GAMC, Roma. Photo Max Intrisano. Courtesy Greg Jager

Greg Jager realizza un cantiere in divenire, un’opera in continua costituzione capace di rendere  conscio l’osservatore che l’assenza di determinazione è l’unico vero sentiero da seguire per  osservare lo scorrimento del tempo: questo è infatti soprattutto considerazione del passato, del  suo ricordo che non ha, di per sé, un significato positivo in quanto non è la verità di nessuno ma  solo lo scheletro inconscio di un’evoluzione interiore in perpetuo divenire. L’artista invita il pubblico a costituirsi come intelligenza collettiva alle prese con le macerie di un futuro ancora mai giunto  alla sua definizione; Jager osserva lo sgretolamento di blocchi di tufo capaci di restituire l’idea di  un mondo sbriciolatosi prima del tempo. Lo stesso Marc Augé scrive: «l’arte stessa è una rovina o  una promessa di rovina». L’interrogativo si pone su ciò che di questa società verrà detto da coloro che ci osserveranno da lontano, ignari testimoni di una realtà mai nata, figlia della fretta di voler essere ciò che mai ha avuto il tempo necessario per diventare. 

Il completamento del progetto si raggiunge attraverso la sua testimonianza fisica: Greg Jager insieme a Dito Publishing di Martha Micali e Klim Kutsevskyy e i performer Alessandra di Cicco e Marco Aurelio Di Giorgio dà vita al libro d’artista alla performance associato. Come uno specchio il risultato rispecchia l’identità di un esperimento artistico capace di disarticolarsi: l’assemblaggio delle pagine, volutamente non rilegate, è pensato per essere rimodulato proprio come i blocchi di tufo che nello spazio diventano tasselli di un mosaico in continuo mutamento, dando al fruitore la possibilità di creare una propria sequenza del progetto editoriale. Ballad of the end nasce e si trasforma senza freno, senza sosta, per stimolare la riflessione verso un domani sempre e comunque possibile.

Ballad of the end, libro d’artista, PH.Martha Micali Courtesy Greg Jager

Info: gregjager.com