Donazione da record, un magnate greco cede la sua collezione a 4 musei occidentali

Il collezionista greco Dimitris Daskalopoulos dona più di 350 opere della sua vasta collezione d'arte a quattro musei

Il collezionista greco Dimitris Daskalopoulos dona più di 350 opere della sua vasta collezione d’arte contemporanea a quattro musei internazionali: Il Museo Nazionale Greco di Arte Contemporanea di Atene (EMST) che riceve 140 pezzi, il Tate ottiene 110 opere mentre il Guggenheim di New York e il Museum of Contemporary Art Chicago (MCA Chicago) assumono dopo la donazione circa 100 nuovi capolavori.

Daskalopoulos inizia a collezionare nel 1994, fa fortuna nell’industria alimentare greca ed è il fondatore e presidente di Damma Holdings, una società di servizi finanziari e di investimento. Crea la sua fondazione Neon, con sede ad Atene dal 2013. Non avendo intenzione di trasformare la fondazione in un museo e credendo di aver già apportato sufficientemente il suo contributo al settore delle arti decidide. quindi di smantellare la sua raccolta di opere che in tutto conta più di 500 elementi. «Penso che sia una mossa saggia perché un collezionista ha una responsabilità nei confronti della collezione, degli artisti e delle opere: non puoi semplicemente inserirle nel tuo testamento o in un magazzino. Siamo nomadi. – afferma Dimitris Daskalopoulos – Non è mai stata un’opzione creare una mia fondazione strutturale o un museo, non si adatta al mio carattere. Darò alla collezione un futuro assicurato quando questa arriverà a istituzioni pubbliche capaci di comprendere il valore e conservare le opere, per mantenerle in dialogo».

The D.Daskalopoulos Collection Gift announcement, April 13th, 2022

Questa corposa donazione rappresenta non solo un esempio da seguire per altri collezionisti ma soprattutto un grosso supporto per le istituzioni scelte. La pandemia ha messo a dura prova i musei e il mondo dell’arte in generale, le vie di ripartenza sono state innumerevoli a partire dalle visite virtuali e i progetti online, fino ad arrivare alla tecnica del deacessioning che ha provocato non poche polemiche.


Questa crisi senza precedenti non è però solo una caduta libera del sistema dell’arte come molti sostengono, ma piuttosto è una possibilità di evoluzione: gli Uffizi ad esempio, con il direttore Eike Schmidt, hanno presentato il progetto Uffizi Diffusi, per diluire il pubblico all’interno del museo e per dare valore a tutte le parti della vastissima collezione che sennò rischia di essere oscurato dalle opere più famose.

Nel caso del collezionista greco la donazione all’EMST significa che il museo ora, dopo aver avuto una storia difficile, si inserisce saldamente nella mappa dell’arte contemporanea. Katerina Gregos, direttore artistico di EMST, è entusiasta: «È stato anche un fattore per me che lei sia lì. Ha lottato a lungo per reggersi in piedi, ora sono molto fiducioso» afferma Dimitris Daskalopoulos e aggiunge – Stiamo colmando importanti lacune per il nostro museo greco».

La scelta di suddividere la donazione su quattro musei deriva dalla consapevolezza della coerenza e della difficolta nel maneggiare una raccolta di opere del genere. L’obbiettivo rimane quindi quello di rendere le opere accessibili al pubblico, nel miglior modo possibile. Inizialmente Dimitris Daskalopoulos e il suo team hanno diviso la collezione in tre sottogruppi, dopodiché sono state analizzate le varie collezioni dei musei.

Già nel 2014 il collezionista aveva annunciato la possibilità di questa operazione ciclopica: «Questa è stata la prima volta che ho detto che la mia collezione sarebbe andata alle istituzioni pubbliche. Avevo già preso la decisione. Queste [opere] sono creazioni di esseri umani dotati, quelle persone che chiamiamo artisti: ci hanno pensato e li hanno realizzati. Il fatto che li abbia acquistati non fa di me l’unico proprietario. Non c’è significato in un’opera d’arte se non interagisce con qualcuno: è in una scatola, non esiste nemmeno. È lì che divento solo un intermediario».

Queste affermazioni sono tanto vere quanto poco scontate. La paura della tecnica del deaccessioning, in nome della direct care secondo cui i musei americani sono autorizzati a procedere non soltanto per acquistarne di nuove ma anche per sostenere il museo stesso, consiste proprio dalla conseguente possibilità di perdita di fruibilità di alcune opere comprate da collezionisti privati e quindi la scomparsa di quest’ultime dalla visibilità pubblica. Con questa azione il collezionista apre con la sua filosofia di lavoro uno spiraglio di luce per l’arte pubblica.

Louise Bourgeois’s Fillette (Sweeter Version, 1968-99, cast 2001)
Marina Abramović and Ulay’s black and white video projection with sound Imponderabilia (1977)

I pezzi della collezione saranno anche accompagnati dalla creazione di una rete di curatori, in cui si inserisce uno spazio dedicato alla Tate e uno condiviso al Guggenheim e all’MCA di Chicago. «Abbiamo grandi speranze che questo crei uno scambio culturale, soprattutto per EMST. Il fatto che ci siano nuovi curatori mi fa sperare che ci sarà una cooperazione transatlantica» afferma il collezionista.