Nell’Ucraina rurale Zhanna Kadyrova realizza Palianytsia, un progetto a sostegno delle organizzazioni di volontari a Kiev

L'artista, che ha partecipato anche alla 58esima Biennale di Venezia, presenta in Ucraina un progetto dal forte valore simbolico

Zhanna Kadyrova, nata in Brovary in Ucraina, negli ultimi venti anni ha ottenuto riconoscimenti e premi internazionali. Tra questi, merita di essere ricordata la sua presenza all’Esposizione Internazionale della 58° Biennale di Venezia curata da Ralph Rugoff e quella alla Biennale Grafica di Lubiana, curata da Slavs and Tatars. Molte delle sue riflessioni sono legate a temi geopolitici e strettamente connessi alle questioni contemporanee del suo paese. Il lavoro della giovane Kadyrova è infatti estremamente attuale e fin dall’inizio contro la tradizione del mosaico sovietico. Possiamo citare Experiments del 2014, una serie di foto panoramiche di Kiev con macchie realizzate con acido nitrico che vengono visivamente associate alla presenza di esplosioni, o anche Behind a fence del 2014, nato nella penisola di Biryuchy nell’estate 2014 quando la tematica dei muri e delle recinzioni ha ripreso a diffondersi nell’ex Unione Sovietica e sono nati nuovi confini tra l’Ucraina e la Crimea; ma si pensi anche a Monumental propaganda del 2013, Crowd  del 2012 e Unitled del 2014.

Il suo ultimo progetto Palianytsia è stato realizzato all’interno della sua casa nell’Ucraina rurale, che l’artista ha usato temporaneamente come abitazione al riparo dai bombardamenti. L’esposizione prevede la presenza di sassi di fiume raccolti da Zhanna Kadyrova e presentati come una pietanza sul tavolo. Il pane assume però un significato particolare, strettamente legato alla guerra in Ucraina: Palianytsia è infatti la parola ucraina che significa “pane”, presto diventata uno shibboleth, ovvero un modo per distinguere con certezza gli occupanti russi che non sono in grado di pronunciarla correttamente. Per citare Zhanna, “per le prime 2 settimane di guerra mi è sembrato che l’arte fosse un sogno, che tutti i vent’anni della mia vita professionale fossero solo qualcosa che avevo visto mentre dormivo, che l’arte fosse assolutamente impotente ed effimera rispetto alla spietata macchina militare distruggere città pacifiche e vite umane. Ora non la penso più così: vedo che ogni gesto artistico ci rende visibili e fa sentire le nostre voci”.

I lavori che hanno reso maggiormente nota Zhanna Kadyrova anche sulla scena internazionale sono quelli che includono l’uso di materiali di recupero come le piastrelle degli edifici. Questo materiale è molto durevole e mette in relazione la scultura creata con l’edificio nel quale era utilizzato in precedenza. Alla Biennale d’Arte di Venezia del 2019, May you live in interesting time, Zhanna Kadyrova ha presentato Second hand allestito nello spazio dei giardini della Biennale, abiti appesi o indossati dai manichini sono stati realizzati con piastrelle di un hotel di Venezia, l’Hotel All’Angelo che ha una lunga storia di sostegno agli artisti, e Market con il quale l’artista ha ricreato un vero e proprio mercatino con la frutta e i fiori di vari materiali, come la pietra naturale e il cemento, ma soprattutto con i mosaici. I lavori creati con questa tecnica sono presenti però fin dagli esordi di Zhanna come possiamo notare nei progetti Diamonds dal 2006 al 2011, Trash monuments dal 2005 al 2009, Calculation del 2009 e Tolya, the plumber del 2004-2005, la prima scultura in piastrelle di Kadyrova in cui l’artista usa per la prima volta metaforicamente la materia trasformando il soggetto della scultura nella sua forma: l’idraulico è fatto dello stesso materiale con cui si guadagnerebbe da vivere.

www.kadyrova.com

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