“Dipinto sull’acciaio”, il volume che racconta l’interesse dell’heavy metal per la pittura

Roma

Il metal è spesso visto da fuori ricorrendo alla lente (altrettanto sovente, deformata) del pregiudizio. Non è così: questo ambiente è pregno di rimandi a comparti artistici basilari per tratteggiare l’identità della razza umana. Ed ecco che parlare – con particolare preparazione – dell’uso del lavoro di grandi artisti (Hieronymus Bosch, Zdzisław Beksiński) o di rilevanti illustratori (Derek Riggs, Joe Petagno) per le cover di alcuni album, ma non solo, può aiutare a comprendere meglio un universo troppo spesso denigrato. E che invece è tutto da scoprire. Anche grazie a volumi come Dipinto sull’acciaio (“del rapporto tra heavy metal e pittura”, recita il sottotitolo) scritto da Francesco Gallina e pubblicato da Arcana edizioni. Ed è proprio l’autore a sgomberare il campo da qualsivoglia luogo comune, per evitare fraintendimenti di sorta: «Il metal non un ammasso indistinto di rumori ascoltati da persone rozze e ignoranti. E chi lo ascolta è anzi mediamente molto preparato a tutti i livelli».

Il corposo libro (496 pagine, 24 euro) è scisso in due macroaree: nella prima prende a titolo di esempio pittori totemici che sono stati scelti massicciamente da gruppi heavy metal, poi lo stesso fa per appartenenti a correnti pittoriche “concettualmente metal” come Romanticismo, Simbolismo e Preraffaelliti. Quindi si lancia in una corsa dal Trecento al Novecento per dimostrare come l’interesse del metal verso la pittura attraversi un arco temporale assai importante. Nella seconda, invece, si occupa di alcuni illustratori/disegnatori dallo stile pittorico o fumettistico. «Come nasce l’idea di Dipinto sull’acciaio? Musica metal e dipinti sono le passioni più grandi della mia vita, ma col crescere dell’impegno verso la prima – specialmente da quando ho cominciato a scrivere anche libri –, avevo dovuto giocoforza accantonare l’interesse per la seconda, che non riuscivo più a seguire visto il poco tempo a disposizione», spiega Gallina. Da qui una pubblicazione che coniuga due universi solo all’apparenza distanti tra loro. Con grande impegno per realizzarla e mandarla alle stampe. «Il lavoro preparatorio è stato davvero tanto – incalza l’autore –, le circa 500 pagine che compongono l’opera contengono non solo lo scritto vero e proprio, ma una massa enorme di dati sotto forma di notizie, aneddoti, citazioni, nomi, date, gruppi, album, dipinti e molto altro. Oltretutto, è stato difficile procurarseli e in tanti casi tradurre tutto in lingua italiana, visto che per ovvi motivi mi sono rivolto a molte fonti estere».

Ricco di ospiti – può contare infatti sulla cover (e su un intervento) di Paolo Girardi (copertinista dei Manilla Road e di altre realtà italiane e straniere), su uno scritto e varie opere (una in quarta di copertina) del noto musicista e pittore Mario Di Donato, su uno scritto del disegnatore Enzo Rizzi (creatore del personaggio Heavy Bone, il serial killer di rockstar), sulla prefazione di Eliran Kantor (artista e illustratore delle cover di album di Testament ed Helloween) e sulla postfazione di Steve Joester (fotografo che ha lavorato con Pink Floyd e Rolling Stones) – il saggio Dipinto sull’acciaio non è stato scevro, durante la lavorazione, da difficoltà (poi superate). «Criticità più di tipo tecnico – precisa Gallina – stabilendo di chi parlare e chi tenere fuori. Forse ancora di più per la seconda parte del volume, quella dedicata all’illustrazione moderna e in parte minore alla scultura e alla fotografia. Senza contare il doveroso controllo incrociato di ogni dato inserito: parliamo di migliaia di verifiche da più fonti non sempre concordanti e di un prodotto da terminare ovviamente rispettando la data di consegna». Sfogliando le pagine del volume edito da Arcana (con il quale l’autore, 54enne, ha già pubblicato “Donne rocciose: 50 ritratti di femmine rock” e “Adepti della chiesa del metallo”, rispettivamente nel 2019 e nel 2020) – emerge tutto l’amore che Gallina coltiva nel confronti del classico e dei tanti lavori citati. «Ma rimango un uomo del mio tempo – precisa –, cercando di viverlo e di inserirmi nelle correnti culturali moderne e contemporanee, per quanto posso. Caravaggio e Artemisia Gentileschi mi entusiasmano al pari di Hans Ruedi Giger e dello stesso Beksiński, per citare quattro nomi presenti nel mio lavoro».

Un volume, questo, nel quale l’autore pone una serie di interessanti riflessioni: perché l’immaginario heavy è contraddistinto da rappresentazioni talvolta violente che hanno però una precisa motivazione di essere? Per quale ragione determinati pittori si sono rivelati così affini al feeling della “musica del demonio”? Interrogativi ai quali è arduo dare una risposta univoca. E restando nel solco delle “domande” è impossibile non chiedere a Gallina se, a priori, ci sono elementi in più che avrebbe potuto inserire in un’opera già così ricca. «Accoppiare metal e pittura porta a disporre di possibilità di scelta praticamente infinite – replica – ma includere tutto e tutti sarebbe stato impossibile e addirittura dannoso. Lasciare fuori molti nomi è stato quindi necessario per non produrre una sorta di “effetto Treccani”. Calcola che alla fine ho voluto tagliare una cinquantina di pagine proprio per restare entro determinati parametri». Ad ogni modo, puntualizza Gallina (che dal 2005 scrive per la webzine metallized.it), «ciò che conta non sono tanto i nomi inclusi, che comunque restano di primo piano – dal medesimo Bosch a Francisco Goya a Salvador Dalí tra i pittori, da Frank Frazetta a Eliran Kantor tra gli illustratori – ma il concetto veicolato: il metal è cultura».

Info: www.arcanaedizioni.com

Articoli correlati