Quando l’arte è anche politica

Roma

«Villa Medici è un laboratorio, uno spazio destinato alla sperimentazione, un luogo strategico per lo stato francese e per il mondo della cultura. Una missione importante che implica una grande responsabilità per chi lo abita e per chi lo gestisce». Il nuovo direttore dell’Accademia di Francia a Roma, Sam Stourdzé, ha le idee molto chiare su cosa lo attende e su cosa c’è da fare. E non potrebbe essere diversamente. Negli spazi che un tempo ospitarono gli ”Horti Luculliani”, dove trovò la morte Messalina e che nei secoli sono stati residenza dei Medici e di Napoleone, Stourdzé ha già soggiornato dal 2007 al 2009 come borsista della Sezione Cinema. Ma ha le idee chiare non solo perché conosce il genius loci di Villa Medici, ma perché come direttore e curatore di eventi culturali ovunque è andato ha dimostrato di essere un manager culturale fuori dal comune: nei sei anni in cui è stato Direttore delle Rencontres d’Arles ha organizzato 225 mostre, celebrato i 50 anni del festival e organizzato un’edizione della manifestazione in Cina, poi ha concepito il nuovo istituto della fotografia di Lille e diretto il Museo de l’Elysée di Losanna. Un vero fuoriclasse dell’industria culturale francese. Lo incontro per intervistarlo a margine dell’anteprima della mostra I peccati di Johan Creten, una mostra che, per le tipiche lunghe programmazioni culturali, non è farina del suo sacco, ma che di fatto segna il suo debutto.

Con Inside Art siamo partner di Villa Medici da molti anni, per affinità culturali, per vicinanza familiare, per passione. Conosco bene la Villa e altrettanto l’appartamento privato del direttore. Stourdzé mi fa accomodare, galantemente, di fronte alla finestra con vista. L’abitudine non evita il capogiro. Il panorama che offre la residenza dei Medici è il più bello di Roma, dunque tra i più belli del mondo. Me lo godo, perché è sempre un’emozione. Poi veniamo a noi. Quella di Sam è una visione politica della cultura. Altamente politica e responsabile, direi. Quella che piace anche a me. Il neodirettore dell’Accademia di Francia avvia la nostra conversazione partendo da un punto decisivo, che è la visione della cultura come strumento di crescita sociale, e lo fa usando parole di una lingua comune, il latino. 

«Dobbiamo partire dall’otium come antitesi del negotium – dice Sam – qui abbiamo il grande privilegio di poter impiegare il tempo per riflettere, per studiare, per analizzare, per creare. Non dobbiamo vendere, ma possiamo pensare, produrre idee. Questo è il luogo del dis-interesse. Quando un nostro borsista arriva qui in Villa sa che non ha nessun obbligo di produzione. Deve fare un suo progetto ma se alla fine non concepisce qualcosa di concreto non importa. Gli artisti, gli intellettuali sono qui per riflettere per noi. Sono residenze di stato – continua il direttore di Villa Medici – il che vuol dire che il nostro paese considera questi investimenti importanti per il futuro di tutti noi. Dunque dobbiamo viverli in questa maniera. Progetti come quelli che nascono qui in Accademia valgono in quanto idee. Si finanziano pensieri, riflessioni, approfondimenti. Un approccio rivoluzionario che va avanti da tempo. Dobbiamo lavorare in questo solco». 

Un luogo senza fretta, immerso nella bellezza, dove i borsisti vivono con uno stipendio pubblico senza l’obbligo del fare ma liberi di poter utilizzare il tempo e lo spazio per ricercare il meglio di se stessi e metterlo poi, se lo riterranno, a disposizione degli altri. È il principio dell’Accademia, il più puro, il più libero, il più difficile. «No, non è facile – spiega Stourdzé – gli artisti avvertono la responsabilità di questo privilegio. Uno o più anni per riflettere in assoluta libertà può spaventare. Ma è da questo approccio e da questa libertà che poi nascono progetti fuori dall’ordinario. Progetti utili per il pubblico e per la società. Quante volte gli artisti sono stati capiti con 20 anni di ritardo? È il senso e il valore delle avanguardie. Del resto, la missione degli artisti è anche questa, usare la propria intelligenza, la propria sensibilità per vedere percorsi nuovi, soluzioni differenti prima degli altri e poi, con le loro opere, farli vedere a tutti».

Ma non c’è solo filosofia nell’approccio gestionale del nuovo direttore dell’Accademia di Francia, anzi la sua visione operativa è tutta improntata alla concretezza. «La mia responsabilità – dice Sam – è che la Villa sia guidata proficuamente. L’immobile, gli artisti, il patrimonio devono essere ben preservati e gestiti al meglio in modo da favorire lo sviluppo di questa istituzione culturale che è importante non solo per la Francia e per l’Italia ma per tutti. Voglio organizzare la gestione per creare valore e lo voglio fare coinvolgendo altre competenze, avviando partnership, sfruttando al meglio anche gli spazi che abbiamo a disposizione». 

Poi c’è il tema del Covid, una pandemia che ha stravolto i ritmi di un mondo globalizzato, che ha pesato notevolmente su tutti gli eventi ed in particolare sulle attività artistiche e culturali. «È quasi come una guerra – spiega Stourdzé – una crisi acuta che ha sospeso e paralizzato le attività culturali. Come del resto tutte le grandi crisi. Pensiamo a quella che ha seguito gli attentati dell’11 settembre o a quella post Lehman Brothers. Siamo stati sospesi, frustrati nelle nostre sfere più intime. Ci siamo ancora dentro ma dovremo ripartire. La cultura allora servirà molto. Il mio progetto si sviluppa attorno all’idea di mobilità, sia che sia artistica, sociale o europea. Dovremo rimetterci rapidamente in moto, tirare fuori il meglio di noi stessi».

La visione politica della cultura. Nei discorsi di Stourdzé alla fine esce fuori sempre. Parliamo di Lille. La città nel nord della Francia è storica partner del nostro premio dedicato ai talenti emergenti, il Talent Prize. La regione di cui Lille è capitale, Hauts-de-France, ha invece finanziato l’Istituto per la Fotografia realizzato da Stourdzé. Insomma, un luogo che ci accomuna. «Quando mi affidarono quel progetto – racconta – gli chiesi se avevano contezza degli investimenti necessari a realizzarlo in maniera adeguata. Erano evidentemente cospicui. Mi risposero di sì, mi dissero che in un grande budget come è quello di una regione francese destinare finanziamenti alla realizzazione di un Istituto Fotografico era possibile e fattibile perché era una scelta politica, una scelta destinata a cambiare attraverso la cultura il volto di un territorio. Lo fecero e il progetto fu realizzato». Quello di Lille è effettivamente un bell’esempio. Una città e una regione impoverite dalla fine di quella che per decenni era stata l’industria prevalente, l’estrazione mineraria del carbone. Un territorio che non sapeva quale strada prendere e che proprio grazie alla cultura ha vissuto una fase straordinaria di rinascita.

Del resto, la cultura come chiave per la ripresa anche economica e sociale dei territori oramai è una storia nota, ampiamente verificata alla prova dei fatti. Come Lille vi sono infatti molti altri di esempi che lo dimostrano. Eppure, non tutti coloro che hanno responsabilità politiche poi sono in grado di cogliere i vantaggi che offre questo tipo di percorso. Spesso non c’è competenza, altre volte è una questione di sensibilità, altre ancora è responsabilità di una certa ottusità che ancora alligna copiosa nelle classi dirigenti meno evolute. Ma la storia passa da questa strada. Villa Medici, con i suoi giardini, i suoi orti, i suoi mecenati, le sue mostre, i suoi atelier, i suoi artisti è l’erede ed il testimone di un percorso millenario che dimostra che l’otium è indubitabilmente precondizione del negotium. Una società che vuole sviluppo economico e crescita sociale non può fare a meno dei grandi pensatori. E a questi va lasciato il tempo di pensare. Buon lavoro Sam.