Tutta colpa di Warhol

Ci sono delle mostre che sembrano fatte apposta per attirare l’attenzione dei media generalisti. Con questo non si vuol dire che esse siano ruffiane, anche se a volte lo sono, ma che riflettono così nitidamente l’estetica dei tempi da trovare spazio su tutti i quotidiani e i telegiornali. Sono invece le riviste e i siti specializzati a storcere altezzosi il naso nei loro confronti, una volta ricevuto il comunicato stampa, perché la tale mostra appare troppo semplice, diretta e superficiale, l’altra troppo banalmente Pop o eccessivamente accademica e naturalista.

A un primo sguardo, “God Save Anime”, al Wow spazio fumetto di Milano fino al 29 aprile, composta da una variegata collezione di opere del poliedrico artista veneziano Sergio Cavallerin, sembra proprio ricadere in questa vituperata categoria. L’immagine “ultrapop” che accompagna il comunicato stampa, che vede Paperino, Paperina e Pippo seduti attorno al celebre bancone marrone scuro del dipinto “Nighthawks” di Edward Hopper, non l’aiuta affatto. Se però si riesce a fare uno sforzo e andare oltre questo primo brutto approccio, si viene ripagati da un’esperienza divertente e stimolante. È vero, ci sono altre opere che, come la precedente, hanno poco da dire, ma non ne mancano altre intrise d’intelligenza e da un sano spirito irriverente che lascia trasparire una vasta conoscenza della storia dell’arte. Su tutte il Papa medievale che legge un volume del manga “One piece” e le Tre grazie che tengono in mano ciascuna una delle sette sfere del destino di "Dragon ball".

Il percorso espositivo si snoda attraverso una selezione di opere su tela e di sculture e culmina nell’installazione dedicata al già citato "Dragon ball", che riproduce un altare votivo di epoca barocca che, il primo aprile scorso, è stato al centro di una vera e propria cerimonia di consacrazione in cui sono stati volutamente intrecciati riti di origine cattolica con altri buddhisti e shintoisti. Il tutto potrebbe apparire eccessivo, ma non è altro che un naturale sviluppo dell’iconografia pop nata negli anni Sessanta per mano di Andy Warhol. Una volta, al posto dei Cavalieri dello zodiaco o di Phantom ci sarebbero stati i Beatles o Mao Tse Tung, ma non è colpa di Cavallerin se la nostra epoca non sforna più personaggi di quella caratura. In fin dei conti, se l’arte non può proprio fare a meno di creare icone, meglio che esse siano rappresentazioni di Goldrake, Popeye o Minnie, piuttosto che di Britney Spears o Paris Hillton.

Fino al 29 aprile
Wow spazio fumetto, viale Campania 12, Milano
Info: www.museowow.it