Il mondiale delle favelas

Puntuale come un mondiale di calcio, ecco che arriva il mondiale di calcio. Col suo refrain d’inni improbabili e bandieroni appesi a ricordare agli italiani che il tricolore è la bandiera nazionale, e notti mundial del popolo pallonaro e dei tarantolati dell’ultimora, preda della sbornia collettiva. Non manca, come d’uopo, un codazzo d’artisti più o meno probabili a metterci lo zampino, partorendo chincaglieria che fa la sua bella figura nel merchandising del dopopartita. Tra tante leccornie, anche d’antan – vedetevi la galleria – piace puntare l’indice su qualche nome capaci di rendere arte persino il gettonatissimo Balo o l’abbacchiato Baggio dopo il fallito rigore che ha consegnato ai Carioca il mondiale del ’94 negli Usa. E ce ne vuole parecchio. I volti di Balotelli, Messi, Casillas e altre starlotte del calcio internazionale assumono veste pop-cubista nei ritratti del cubano Martì Riba. Decisamente virate verso il cartoonism le facce e i corpi coi quali Matteo Ceccato tratteggia i vari Iniesta, Neymar e Pirlo. Di tutt’altro genere Osvaldo Casanova, vicentino, in arte Aka Oz, che mette la sua perizia artistica al servizio del Pibe de oro, ritratto con la sua malandrina manina de Dios che tanto dolore fece agli inglesi, o il capoccione di Zinédine Zidane che tanto male fece a Materazzi e tanto bene all’Italia, nel mondiale del ’96. O, appunto, il Baggio fallimentare dal dischetto.

Ma più d’una parola d’obbligo va spesa per Paulo Ito, rimbalzato alle cronache mondiali per l’immagine icona della campagna antimundial, simbolo della lotta che un milione e mezzo di cristiani stanno conducendo nel paese grande quanto un continente. Il bambino di colore che piange davanti al pallone nel piatto, pittato su una scuola di Pompéia, il quartiere di San Paolo dove vive l’artista di strada brasiliano, classe ’78, è e resterà lì a ricordare la follia del mondiale più costoso di tutti i tempi: la belllezza di 15 miliardi di dollari, per l’85 % pagati da fondi pubblici. Inutile ogni commento buonista su quante opere sociali e occupazione reali si sarebbero potute realizzare con questa montagna di soldi, invece di ristrutturare mostri giganteschi vecchi di appena trent’anni destinati a cadere nell’oblio allo spegnersi dei riflettori, come lo stadio dove debutteranno gli Azzurri che manco a mettere insieme tutti i villaggi dell’area si riempirebbe in tempi normali. Così, in un mega paese dove il salario medio è di 60 dollari al mese la ricaduta reale sarà per le bambine e i bambini che si riversano a frotte dai posti più sperduti per gli spensierati turisti del pallone in fregola da sesso. E solo pochi manager che vanno al lavoro in elicottero sorvolando le favelas dove neanche i corpi speciali antisommossa riescono entrare, possono gioire dei cantieri per rimettere in sesto gli stadi a tempo di record e mazzettoni – tutto il mondo è paese – non certo il 55% della popolazione che, statistiche alla mano, considera questi mondiali una vergogna. Né, tantomeno, quelli di loro che resisteranno alle cariche dei 157mila poliziotti antisommossa reclutati ad hoc per tenerli a bada.

Anche per questo, un piccolo murale dipinto sul portone di legno di una scuola fa arte e notizia. Ito, poi, è pure un ragazzo intelligente: lui di perdersi il mondiale non ne ha nessuna voglia, anche se approfitterà dei vuoti in strada per dipingere qualche tratto di muro vuoto in più. Perché, come dice lui stesso, citando uno che di calcio ne capiva, Arrigo Sacchi, “il calcio è la cosa più importante tra quelle che non sono importanti”. Ergo, perché privarsene? Buona visione, e se al posto della torcida vedrete caroselli di blindo e morti ammazzati, oltre agli otto operai nei cantieri, potete sempre cambiare canale, o sintonizzarvi sulla pubblicità. Magari su Sky, ché la Rai ha perso l’esclusiva per tutte le partite, ne manderà in onda meno della metà. Buono spettacolo a tutti.

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