Il mercato non è tutto. Art Basel 2025 definisce nuovi codici

In una fiera storica, emergono segnali cambiamento. Più attenzione alle esperienze e a nuove strategie di mercato

Art Basel 2025 non è la solita fiera d’arte. Il tradizionale palcoscenico dove si sfidano collezionisti e galleristi per aggiudicarsi i pezzi più ambiti sta attraversando un cambiamento dopo la crisi degli ultimi anni che mette in discussione i fondamenti stessi del mercato dell’arte contemporanea. Non è più solo questione di cifre da capogiro e gigantismo delle opere, ma di una trasformazione culturale che riscrive i codici di esposizione e di fruizione, spostando l’attenzione verso la freschezza, la partecipazione e un’esperienza che non può essere ridotta a mera merce.

Nel cuore di questa evoluzione c’è “Untitled” (Go-Go Dancing Platform), performance storica di Félix González-Torres del 1991, riproposta nel settore Unlimited. Su una piattaforma minimalista, un giovane uomo danza a torso nudo, in jeans, con auricolari nelle orecchie: una presenza viva, pulsante, fuori scala rispetto agli oggetti fermi e costosi della fiera. L’opera — in vendita per 16 milioni di dollari — non è solo una reliquia del passato, ma un dispositivo ancora attivo, che interroga il presente. A differenza di molte opere-feticcio da parete o da podio, qui il corpo stesso diventa opera, soggetto e oggetto, spettatore e spettacolo. Parla di desiderio, visibilità queer, rappresentazione e controllo, con una forza disarmante. E proprio nella fiera più esclusiva del mondo, dove tutto ha un prezzo, mostra cosa resta dell’arte quando smette di essere solo una merce.

Questo episodio emblematico rivela quanto la fiera stia cercando di adattarsi a un mondo in cui la tradizionale logica del “più grande, più costoso, più spettacolare” perde terreno. La ricerca non è più solo quella di opere colossali da esibire, ma di proposte che sappiano stimolare una riflessione, creare connessioni e offrire qualcosa di nuovo. È il segno che, nel cuore di un mercato globalizzato e spesso dominato da dinamiche speculative, la domanda di autenticità e di senso sta crescendo.

Parallelamente, si moltiplicano i tentativi di ridefinire il ruolo delle fiere attraverso nuove strategie espositive e piattaforme collaterali. Eventi come il Basel Social Club offrono un’alternativa meno rigida e più sperimentale, mescolando arte, performance, socialità e luoghi non convenzionali. In queste sedi, l’arte diventa uno spazio fluido, dove le gerarchie si confondono e il pubblico può diventare protagonista attivo. È un modo per sfuggire alla prevedibilità e alla standardizzazione che spesso caratterizzano le grandi fiere.

La domanda che rimane è se questa evoluzione sarà in grado di scardinare davvero le dinamiche del mercato o se si limiterà a creare nuove nicchie di esclusività e consumo. Per ora, ciò che emerge è un quadro più sfumato, dove la rigidità lascia spazio a un dialogo aperto, a una pluralità di linguaggi e a un rinnovato interesse per ciò che non si può comprare.

Ma questa trasformazione è tutt’altro che semplice o scontata. Il mercato resiste, e con esso un’idea di arte legata al valore economico, al prestigio e alla rarità. I grandi nomi e le opere da milioni di euro continuano a occupare il centro della scena. Tuttavia, la pressione per innovare è evidente: nuove gallerie emergenti, forme di presentazione curate e interattive, e un’attenzione più forte verso l’esperienza sensoriale e il coinvolgimento del pubblico dimostrano che qualcosa sta cambiando.

Art Basel 2025 si pone così come un laboratorio critico dove si intrecciano contraddizioni e speranze. Da una parte, il mercato tradizionale con le sue logiche consolidatesi negli anni; dall’altra, un desiderio di rompere con i meccanismi della mera mercificazione e di restituire all’arte il suo potere di provocare, disturbare e trasformare. In questo senso, la fiera non è solo un luogo di scambio commerciale, ma un terreno di confronto sul futuro dell’arte stessa.

In definitiva, Art Basel 2025 ci mostra che il mercato non è più l’unico protagonista dell’arte contemporanea e che, forse, siamo all’alba di una nuova stagione in cui i valori dell’esperienza, dell’innovazione e della comunità tornano a contare davvero.