I pionieri dell’ignoto tornano in una nuova edizione

Tra le oscure nebbie di un’eccentrica Londra vittoriana, un gruppo di avventurieri si raduna per organizzare una spedizione estrema

«La riedizione di questa storia in volume è stata per me l’occasione di ritornare con la memoria ai momenti creativi che l’hanno resa possibile, a cominciare dalla mia passione per il periodo coloniale inglese». Così lo sceneggiatore Stefano Vietti nella postfazione (“Steampunk e colonialismo”) di un romanzo a fumetti che gli appassionato attendevano da tempo, dopo essere uscito nell’edizione da edicola. Il rimando è al racconto I pionieri dell’ignoto, pubblicato da Sergio Bonelli Editore, con il soggetto e la sceneggiatura di Vietti, i disegni e la copertina realizzati da Alessandro Bignamini. L’opera (cartonato, 304 pagine in bianco e nero, 32 euro) torna oggi in una nuova edizione, ricca di contenuti extra a cura dei due autori. 

La storia (ovviamente) non cambia di una virgola, ed è intrisa di una fascinazione unica. Che prende il là in una Londra vittoriana “alternativa”, dove un gruppo di avventurieri capeggiati da Jack Gordon, capitano dei Royal Highlanders, si riunisce per organizzare una pericolosa spedizione. L’intento? Risalire il fiume Nilo fino alla regione del Sudan e oltre, per rintracciare Reginald Stockwood, un archeologo scomparso durante la ricerca di una perduta valle, popolata da misteriose creature. Gordon e i suoi compagni, però, non sono i soli a voler ritrovare Stockwood, e ben presto si ritrovano invischiati in uno scontro tra antiche società segrete per il controllo di un’invenzione capace di mutare il corso della storia. Aprendo le porte dell’ignoto.

Chiediamo a Vietti di spiegarci, più nel dettaglio, la genesi del volume. «L’idea nasce dal mio profondo amore per il genere steampunk. Mentre lavoravo al racconto, mi arrivavano alla mente molte idee di situazioni, ambienti e personaggi e meccanismi di trama che non potevo usare, ma che erano interessanti. Ho così iniziato a segnare sul mio taccuino tutti quegli spunti narrativi con la speranza di proseguire la storia in modo seriale. Il finale stesso dei “Pionieri dell’ignoto”, pur chiudendo la storia resta aperto a sviluppi futuri». Quindi lo sceneggiatore precisa di aver «immaginato un mondo cambiato dagli eventi che avevo raccontato, dove il reale e l’altrove, confusi insieme, avevano dato vita a una realtà da incubo nella quale avrei poi mosso i nostri eroi alla ricerca di un modo per riportare tutto alla normalità. La villa del professor Stockwood avrebbe rivelato segreti e possibilità ai protagonisti. Dalla Londra distrutta sarebbe ripartito il loro nuovo viaggio avventuroso narrato in albi seriali». 

Rivolgiamo la stessa domanda a Bignamini, che risponde: «Ricordo che nella fase iniziale del progetto, o perlomeno quando iniziò il mio coinvolgimento effettivo, facemmo alcuni incontri in redazione per ordinare le idee e capire la direzione da intraprendere. In quella fase ci fu di grande supporto anche Antonio Serra, che in seguito coordinò il lavoro dando un contributo importante all’avvio della produzione, gli accenni riguardo al soggetto che Stefano aveva in testa però mi erano già stati raccontati nei nostri incontri durante la realizzazione della serie a fumetti Greystorm». La lavorazione effettiva del volume, però, è cominciata qualche tempo dopo. «Questa fase ci ha visto procedere un passo alla volta sia per l’ideazione dei personaggi sia per i mezzi e gli ambienti, Stefano mi forniva references con lo scopo di suggerirmi immagini e atmosfere e io cercavo di filtrare il tutto attraverso il mio personale immaginario. L’obbiettivo era ottenere un risultato che, in termini di gusto, appartenesse ad entrambi. Ho comunque sempre sentito forte l’apprezzamento per quanto realizzavo e questo mi ha messo nella migliore condizione per creare personaggi e situazioni. Inoltre la sceneggiatura era entusiasmante, e raccontava ciò che avrei voluto disegnare. Così molto del lavoro è venuto fuori con naturalezza». 

Parole, queste del disegnatore, rinsaldate da Vietti. «Una volta steso il soggetto, ho studiato le varie scene da subito con Alessandro per preparare i concept dei personaggi e il lavoro sugli ambienti principali. È stata una collaborazione sinergica: un gran lavoro di world building. Alessandro mi mandava i suoi studi che mi ispiravano nuove idee da inserire nel racconto e viceversa. Tutta la sinergia è andata avanti anche strada facendo di scena in scena fino alla conclusione». Quindi chiediamo a Vietti come mai, a distanza di otto anni, la storia dei “Pionieri dell’ignoto” viene riproposta in un’edizione di pregio. «Con un pizzico di presunzione – ammetto lo sceneggiatore – penso che la Bonelli abbia voluto premiare l’enorme lavoro che Alessandro ed io abbiamo fatto per questo romanzo a fumetti. L’albo aveva venduto già molto bene nella sua prima edizione». Così Bignamini (che si esprime anche sulla scelta del bianco e nero): «Il progetto iniziale prevedeva la realizzazione di una serie regolare piuttosto che un romanzo, la redazione voleva infatti che si lavorasse ad un progetto con un orizzonte più largo e ciò che ci accingevamo a produrre doveva trovare collocazione nella tipica serialità della casa editrice. In quegli anni, poi, il colore era sempre legato ai numeri celebrativi o alle pubblicazioni particolari e non era una consuetudine per le serie. Credo inoltre che il pensiero di affidare a me tale progetto nascesse anche dalla tipologia di bianco e nero che ho sempre realizzato e che bene si sposava con una serie ottocentesca». 

Infine la domanda, d’obbligo per entrambi, riguarda le influenze artistiche e culturali che ci sono dietro a questo approfondito lavoro. «Le letture e i film che più mi hanno ispirato sono di genere militare avventuroso ottocentesco e steam punk. Il protagonista è un capitano dell’esercito inglese e il suo nome è un omaggio a Charles George Gordon, noto anche come Gordon Pascià, ufficiale e coordinatore dell’esercito britannico, morto durante l’assedio di Khartum nel 1885 e interpretato da uno spettacolare Charlton Easton nel film Khartoum. Dalla storia all’avventura è poi un attimo, attraverso Emilio Salgari a Jules Verne, da Robert Ervin Howard a Herbert George Wells», spiega Vietti. Conclude Bignamini: «In questo progetto ho riversato una parte delle mie letture di autori che mi affascinavano. Pubblicazioni che mi sono state di aiuto per la ricostruzione di un certo periodo storico e delle magiche atmosfere. Parliamo di romanzi come Ventimila leghe sotto i mari e Viaggio al centro del mondo di Jules Verne. E ancora, i racconti di Conan Doyle con il suo Sherlock Holmes, La macchina del tempo di H.G. Wells, oppure film come La leggenda degli umani straordinari, La Mummia o addirittura Indiana Jones.

Info: www.sergiobonelli.it

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