Alberto Martini, la sua Danza Macabra nel cuore di Milano

Per il 70esimo anniversario della morte di Alberto Martini, il Castello Sforzesco propone una mostra sulle sue "macabrocomiche" incisioni

Sarà visitabile fino al gennaio 2025 la mostra Alberto Martini. La danza macabra, curata da Paola Bonifacio e Alessandro Botta nelle Salette di Grafica del Castello Sforzesco di Milano, che dal 2020 ospitano a rotazione gli esemplari grafici appartenenti al patrimonio di stampe e disegni del Castello, per celebrare il settantesimo anniversario della morte di Alberto Martini (1876-1954).

La mostra si pone in pendant con un’altra esposizione che Oderzo – sua città natale in provincia di Treviso – gli ha dedicato con il titolo Le storie straordinarie. Alberto Martini ed Edgar Allan Poe. Per l’occasione, dunque, il Castello espone le opere di Martini conservate presso la Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli” e il Gabinetto dei Disegni, ribadendo così il legame tra l’artista opitergino e Milano, dove Martini ha vissuto per circa vent’anni, dal 1934 alla sua morte nel 1954.

Come esplicitato dal titolo, il focus della mostra è costituito dal tema della Danza Macabra che l’artista ha ampiamente frequentato nel corso della sua produzione, richiamandosi alla tradizione iconografica della Totentanz nordica. Ecco dunque che nell’esposizione sforzesca – contenuta nelle dimensioni ma estremamente densa – le incisioni e i disegni di Martini vengono contestualizzati entro tale tradizione e posti in dialogo con i bulini di Michel Wolgemut ed Heinrich Ardegrever (tratti da opere Hans Holbein il Giovane e datati tra la fine del ‘400 e la metà del ‘500), di Wenceslaus Hollar (metà del ‘600) e di Jacob Binck, tutti accomunati dal tema della morte – emblematicamente rappresentata da uno scheletro – e dal suo carattere ineluttabile che prima o poi raggiungerà tutti gli uomini, indipendentemente dalla loro estrazione sociale, rettitudine morale, condizione economica. Conti e contesse, vescovi e papi, contadini e sovrani, soldati e venditori ambulanti: tutti, presto o tardi, incontreranno la Morte.

Ed è proprio a queste rappresentazioni, spesso allegorico-satiriche, che lo stesso Martini si ricollega per realizzare le sue opere, caratterizzate da uno stile grafico sospeso tra Simbolismo e proto-Surrealismo, con punte espressioniste e pervaso da una vena fortemente beffarda, la quale emerge soprattutto nella serie della Danza Macabra Europea.

Il visitatore viene accolto in mostra dall’Albo della Morte (1894-96), un ciclo di quattordici disegni su carta a penna e acquerellature realizzato da Martini agli esordi ma già artisticamente molto maturo: qui i riferimenti alla cultura classica (è il caso della tavola che rappresenta il giovane Icaro precipitare con le sue ali di cera verso la Morte che sembra attenderlo a braccia aperte) si confrontano con richiami alla situazione socio-politica coeva all’artista (si pensi a l’Albo della Morte. L’anarchico, 1985).

In questi disegni, per lo più in bianco e nero con pochi cenni di colore dati dall’acquerello, il tema angosciante della Morte è reso con eleganti e sottili tratti che richiamano il decorativismo topico dell’Art Nouveau (diffusosi in Italia come Liberty o stile floreale), evidente in diverse tavole del ciclo, quali il Frontespizio o l’Angelo della Vita e la Morte, nelle quali il soggetto rappresentato risulta incorniciato o accompagnato da motivi decorativi fitomorfi e arabescati.

Seguono, lungo il percorso espositivo, altre opere di Martini cronologicamente successive e segnate da uno stile che si fa man mano più grottesco e tendente all’espressionismo, come risulta dall’allegorico inchiostro su cartoncino La Guerra (1905), presentato nel 1906 all’Esposizione Internazionale di Milano, nel quale una marea umana disperata e atterrita si trova sospesa tra un oscuro vortice e una visionaria masnada di mostruose creature.

La mostra prosegue poi con le litografie colorate della Danza Macabra Europea (1914-16), realizzate sotto forma di cartoline in cinque serie presso l’editore trevigiano Domenico Longo all’inizio della Prima Guerra Mondiale, della quale Martini svolge una rilettura satirica a partire dal suo punto di vista fortemente interventista e anti-tedesco. La Grande Guerra viene infatti presentata come una sorta di Danza Macabra che coinvolge l’intero continente europeo con la sua ondata di distruzione ai danni della popolazione civile, in cui la Morte accompagna (con una forma di volta in volta leggermente diversa) i governanti responsabili della sofferenza delle popolazioni innocenti.

Nelle cinquantaquattro cartoline litografiche, le scene mordaci e grottesche (“macabrocomiche”, per usare un termine tratto dall’indice della seconda serie redatto dallo stesso Martini) sono accompagnate da brevi didascalie esplicative e ironiche che ricordano da vicino l’impostazione di raccolte grafiche come i Capricci o i Disastri della Guerra di Francisco Goya, altro artista che si è servito delle proprie incisioni come mezzo di critica sociale nei confronti dei vizi umani e delle brutture della guerra.

È il caso di esemplari come Gli imperatori all’osteria o Sei diventata un’oca – E tu una vecchia scimmia, tratte rispettivamente dalla prima e dalla seconda serie, in cui creature ributtanti rappresentano allegoricamente gli orrori bellici e gli interessi politici dei governanti durante la Grande Guerra. I richiami colti – già presenti nell’Albo – e l’attenzione alla tradizione incisoria nordica ritornano qui in cartoline come L’ombra di Banco e le catene di Napoleone (in cui il riferimento è naturalmente il Macbeth Shakespeariano) e soprattutto nella tavola La fortuna del 1914, ispirata all’incisione – di cui è esposto in mostra un esemplare appartenente alla Raccolta Bertarelli – Nemesi (o la Grande Fortuna) di Albrecht Dürer (1501 circa).

Conclude la mostra un gruppo di incisioni e disegni sul tema della morte e della sua rappresentazione, realizzati da artisti italiani ed europei contemporanei a Martini, tra cui Gaetano Previati con La peste (illustrazione del 1895-97 per i Promessi Sposi in cui l’epidemia viene simbolicamente rappresentata come uno scheletro che cavalca un cavallo munito di falce) o Luigi Conconi con Ruit hora, acquaforte del 1893-96 nella quale lo scorrere del tempo viene mostrato come un orologio le cui lancette sono rimpiazzate da un teschio. Per quanto riguarda invece le esperienze artistiche extra-italiane, la mostra propone ben quattro opere di James Ensor tra cui Il mio ritratto scheletrizzato (1889) e La morte minaccia la massa umana (1896), acquaforte in cui l’artista belga rappresenta la morte mentre brandisce la sua falce sopra un horror vacui di figure brulicanti.

Non manca, infine, il dialogo con opere più recenti, in particolare con Forgotten pages memorised (1971) dell’artista concettuale Vincenzo Agnetti, prestata dalla milanese Collezione Ramo in occasione della IV edizione della Milano Drawing Week (23 novembre – 1 dicembre), la mostra diffusa di disegno che pervade il capoluogo lombardo creando una rete tra gallerie e istituzioni culturali dislocate in tutta la città.

Come nelle opere di Martini, anche nel collage di Agnetti il bianco e il nero dominano ma mentre le prime sono caratterizzate da una grande attenzione figurativa per il dettaglio, il collage è costituito da una semplice cornice bianca nella quale troneggia un quadrato nero. Quelle di Agnetti, insomma, sono pagine memorizzate e dimenticate (“dimenticate a memoria” per usare l’espressione dello stesso artista) perché ormai assimilate e convertire in azioni. I fogli di Martini, invece, sono pagine in cui le azioni dell’uomo, “macabro-comicamente” immortalate nell’inchiostro, continuano a rinnovare in noi la memoria degli orrori del passato, affinché non smettano mai di indignarci.

Alberto Martini. La danza macabra
Fino al 19 gennaio 2025
Salette della Grafica del Castello Sforzesco – Piazza Castello, Milano (20121)
info: milanocastello.it