Progettato dallo studio romano Schiattarella Associati, il Diriyah Art Future è fra i primi progetti ad inaugurare fra quelli del programma Vision 2030 della capitale saudita. Si tratta di un grande polo di 6.550 metri quadrati situato a nord-ovest di Riyadh, oggi simbolo della rinascita artistica e culturale del paese. La prima mostra ospitata, visibile sino al 15 febbraio 2025, è un approfondimento sull’intelligenza artificiale nelle arti visive ed è stata affidata al curatore indipendente Jérôme Nutter, ex direttore del Musée Nationale-Grand Palace, nonchè ex amministratore delegato del Musée Luxembourg, sempre nella capitale francese.
Art Must Be Artificial è un racconto innovativo sull’utilizzo di nuove pratiche artistiche, frutto della necessità e del bisogno degli artisti di trovare un nuovo mezzo per esprimere la loro visione di un mondo in rapido cambiamento, in cui i computer stavano diventando una componente chiave della vita quotidiana, ed è qui che è nata l’arte computazionale. Gli artisti presenti in mostra, come Vera Molnár, Manfred Mohr, Ryoji Ikeda e Refik Anadol, hanno cercato di liberare quel linguaggio dalle sue funzioni comunicative per svilupparlo come piattaforma poetica, utilizzando algoritmi e creatività per realizzare nuove forme e colori.
Basata sulla principale collezione d’arte digitale di Guy Ullens, lo scopo è quello di presentare un’indagine delle pratiche artistiche storiche e attuali dei principali artisti internazionali che condividono l’uso della tecnologia informatica, inclusi i principali artisti sauditi come Muhannad Shono. Tanti gli interrogativi che l’esposizione fa scaturire: l’intelligenza artificiale si sta evolvendo da assistente ideale a vero artista? Qual è il futuro del cervello umano rispetto al Big Brain? Quali sono i limiti dell’immaginazione artificiale? Ponendo e rispondendo a queste quesiti, il connubio fra arte e tecnologia può aiutarci a comprendere meglio le problematiche di un mondo sempre più veloce e in fermento.