È prevista per il 18 novembre la sessione di emergenza convocata dall’Unesco per mettere in campo misure protettive urgenti nei confronti dei siti culturali libanesi. A richiederla è stato il ministro della cultura libanese Mohammed Al-Murtada di fronte all’imperversare degli attacchi israeliani nel Paese. Alla riunione il ministero della cultura sarà rappresentato da Moustapha Adib, ambasciatore del Libano all’ONU, e dal direttore generale delle antichità Sarkis Khoury.
L’archeologa Joanne Bajjaly: «Nessuno può valutare i danni»
Gli attacchi militari di Israele contro Hezbollah in Libano sono aumentati dal 17 settembre 2024, quando centinaia di cercapersone utilizzati dai membri del gruppo militante sono esplosi in tutto il Paese. Da lì, Israele ha preso di mira anche diversi luoghi storici e culturali, come l’Ippodromo, un sito patrimonio mondiale dell’Unesco, e un gruppo di siti costieri associati ai Fenici e ai Crociati, ma non solo. Tra i colpiti ci sono anche lo storico mercato ottomano del XIX secolo della città di Nabatieh, che comprende i quartieri di Saraya e Midan; antichi monumenti religiosi, come la moschea Tayr Debba, la moschea Kfar Tebnit; la chiesa di Dardghaya; e la moschea Blida, tutti designati come edifici storici.
Alcuni siti archeologici, come il castello di Tebnin, sono stati colpiti direttamente da attacchi aerei, mentre altre operazioni israeliane nel Libano orientale hanno danneggiato gravemente un edificio dell’era ottomana vicino alle rovine romane nella città di Baalbek, sito patrimonio mondiale dell’Unesco che ospita alcuni dei più grandi esempi al mondo di architettura imperiale romana. In quest’area è stato danneggiato anche il sito di un santuario musulmano, il Qubbat Doris di Baalbek del 1243 d.C., in cui una pietra della cupola è caduta.
«Quello che non sappiamo ancora è il livello di impatto dei continui movimenti sismici e delle vibrazioni sui monumenti dovuti ai bombardamenti», ha dichiarato Joanne Bajjaly, archeologa, fondatrice e direttrice della ONG libanese Biladi. «Questo danno è imprevisto. Al momento nessuno può andare a valutare i danni dovuti alla guerra o misurare la forza delle vibrazioni sul suolo. C’è anche il danno del continuo inquinamento dell’aria e delle sostanze chimiche che sono nell’aria. Nessuno saprà come influenzeranno le pietre nei monumenti», ha aggiunto Bajjaly.
Accanto all’Unesco, il fondo Aliph contribuisce alle misure
Alla chiamata d’emergenza ha risposto anche Aliph, un fondo globale con sede a Ginevra dedicato alla protezione e al recupero del patrimonio nelle zone di conflitto e nelle situazioni post-conflitto, che ha contribuito con 100.000 dollari a queste misure di protezione. Il fondo sta anche lavorando alla salvaguardia delle collezioni di diversi musei libanesi con la direzione generale delle antichità del Libano e a Biladi.
La guerra ha causato la chiusura delle istituzioni museali. Come ha ricordato Zeina Arida, direttrice del Mathaf: Arab Museum of Modern Art di Doha in Qatar ed ex direttrice del Sursock Museum di Beirut, «questa guerra segna la prima chiusura completa del Sursock. Tutte le opere d’arte sono in deposito». Di fronte a questa situazione, il direttore esecutivo di Aliph Valéry Freland ha affermato: «Cerchiamo di sviluppare misure preventive per i paesi in conflitto, ma spesso è difficile prevedere quando tali misure saranno necessarie. Dobbiamo ancora valutare il livello di danno».