MAXXI BVLGARI PRIZE: al via la mostra dei tre finalisti

Accanto alla rassegna dedicata ai finalisti del MAXXI BVLGARI PRIZE anche due esposizioni a tema architettura

L’autunno espositivo al MAXXI comincia con una tripla inaugurazione. Nella mattina del 24 ottobre 2024 sono state presentate tre mostre, tra cui la rassegna dedicata alla quarta edizione del MAXXI BVLGARI PRIZE, in cui i tre finalisti Riccardo Benassi (Cremona, 1982), Monia Ben Hamouda (Milano, 1991) e Binta Diaw (Milano, 1995) hanno realizzato opere site-specific esposte nella sala Gian Ferrari del museo. Accanto a questa, hanno preso il via anche altre due esposizioni: La Torre Velasca dei BBPR, che racconta attraverso materiali d’archivio la storia dell’edificio che dal secondo dopoguerra ha trasformato lo skyline milanese, e Architettura instabile, in cui lo studio newyorchese Diller Scofidio + Renfro (DS+R) esplora il movimento come qualità intrinseca dell’architettura.

Al MAXXI uno spettro dei linguaggi contemporanei dell’arte

Riconoscimento ormai iconico nel panorama artistico odierno, il MAXXI BVLGARI PRIZE porta in una mostra a cura di Giulia Ferracci espressioni estetiche che si fanno portavoce delle nuove frontiere creative. «È un premio di riferimento per la giovane arte italiana – ha dichiarato il direttore artistico del MAXXI Francesco Stocchi – ed è interessante come un museo riesca a valorizzare un’intera filiale artistica». «I tre artisti – ha aggiunto – hanno occupato lo spazio monumentale di Zaha Hadid in modo diverso, riflettendo la ricchezza dei linguaggi dell’arte contemporanea».

Ad aprire il percorso espositivo è ASSENZAHAH ESSENZAHAH (2024) di Riccardo Benassi. All’interno del montacarichi del MAXXI due cani robotici eseguono delle vere e proprie coreografie create dall’artista, muovendosi nello spazio accompagnati da un componimento musicale e da un testo laser proiettato sulle pareti. L’installazione apre prospettive inedite sulle nostre esistenze e sull’impatto delle nuove tecnologie che investono i nostri spazi domestici, emozionali e corporei.

Al centro dello spazio c’è poi l’opera immersiva di Binta Diaw, intrisa di memoria personale e collettiva: si intitola Juroom ñaar (2024) ed è ispirata a un evento storico del 1819 commemorato dall’artista con sette colonne di carbone. Sette sono infatti le donne del villaggio senegalese di Nder che morirono dandosi fuoco per evitare la schiavitù a seguito dell’invasione dei Mori. Intorno alle sculture trecce di capelli, suoni e voci in lingua Wolof accompagnano il visitatore in una riflessione sulle forme di resistenza agli abusi.

Con Theology of Collapse (The Myth of Past) I-X (2024) di Monia Ben Hamouda ci si confronta con un linguaggio visivo colmo di simbologia culturale e rituale e si conclude il percorso della mostra. L’opera è composta da dieci pannelli di ferro intagliati a laser con motivi ispirati alla calligrafia islamica e alle moschee. Le lastre, dipinte con spezie tra cui la paprika, l’ibisco e la cannella, sono installate sulla parete di fondo della galleria, creando un effetto di collasso che rievoca la fragilità delle identità contemporanee.

MAXXI BVLGARI PRIZE: un premio che «lavora per l’inaspettato»

La mostra romana, che aprirà al pubblico dal 25 ottobre, è l’esito di un progetto che unisce ormai da tempo MAXXI e Bulgari nel sostegno e nella promozione dei giovani artisti in Italia e nel mondo. La rassegna si concluderà nel 2025, quando verrà annunciato il vincitore del premio, che non solo vedrà la propria opera entrare nella Collezione permanente del MAXXI, ma potrà anche iniziare un percorso di residenza all’American Academy con il vincitore della Biennale del Whitney Museum di New York.

«Anche noi di Bulgari siamo artisti. Da 140 anni ci ispiriamo alla nostra città, ma dobbiamo fare anche in modo che il gioiello non guardi solo al passato: per partecipare al futuro valorizziamo giovani artisti che hanno avuto uno stretto contatto con l’Italia», ha dichiarato l’amministratore delegato di Bulgari Jean-Christophe Babin nel corso dell’inaugurazione al museo romano. «Con il MAXXI – ha aggiunto – oltre a collaborare per una Roma del futuro, che non sia solo un museo a cielo aperto, lavoriamo per l’inaspettato».

Nato nel 2001 come Premio per la Giovane Arte, a partire dall’edizione 2018 è diventato MAXXI BVLGARI PRIZE, rafforzandosi grazie al prezioso supporto di Bulgari. Il Premio costituisce il nucleo fondante della collezione d’arte del MAXXI e negli anni è stato un importante trampolino di lancio per molti artisti, valorizzandone le espressioni artistiche innovative e sperimentali. Tra le novità di quest’anno, il MAXXI BVLGARI PRIZE for Digital Art, che ha assegnato la menzione speciale per il miglior progetto digitale a Roberto Fassone. Il 17 gennaio 2025, data di annuncio del vincitore, l’artista presenterà nella hall del Museo il progetto And we thought (2021 – ongoing), una produzione Sineglossa, con il quale esplora il rapporto tra autorialità e intelligenza artificiale, indagando i limiti dell’immaginazione e sfidando le logiche autoreferenziali del sistema artistico contemporaneo.

Architetture al MAXXI

Accanto alla mostra dei finalisti del MAXXI BVLGARI PRIZE hanno preso il via altre due rassegne, entrambe dedicate all’architettura. Negli spazi del Centro Archivi MAXXI Architettura, che ha curato la mostra, è esposta La Torre Velasca dei BBPR, un’esposizione che ripercorre la storia dell’edificio simbolo del boom economico e della Milano sulla via della ricostruzione. Il meticoloso lavoro di catalogazione e studio portato avanti dal Centro Archivi del MAXXI Architettura – reso possibile grazie al comodato d’uso dell’archivio BBPR – mette in luce, dettaglio per dettaglio, la storia di un edificio simbolo dell’architettura italiana degli anni ‘50.

I veri protagonisti sono infatti i materiali d’archivio: una ricchissima collezione di fotografie, migliaia di elaborati grafici e documenti che ripercorrono le tappe della Torre Velasca, dalle fasi iniziali alla lettera di incarico, dagli studi preliminari per torri che non sarebbero mai nate all’inizio del cantiere, fino allo studio degli interni e i particolari degli arredi. I materiali d’archivio coesistono e si integrano per tutto il percorso espositivo con altri due livelli di narrazione paralleli, uno virtuale e uno tattile, funzionali all’approfondimento di specifiche tematiche restituite al pubblico con linguaggi nuovi.

Architettura instabile è invece il titolo del nuovo progetto del Dipartimento di Architettura e Design contemporaneo del MAXXI, curato da uno tra gli studi di progettazione più celebri e influenti al mondo, il newyorchese Diller Scofidio + Renfro (DS+R). La mostra, che apre al pubblico il 25 ottobre e occupa la galleria KME del museo, è il risultato di una ricerca ampia e approfondita sul movimento come proprietà interna dell’architettura e come punto di contatto con l’arte, la tecnologia, le dinamiche sociali. La mostra rappresenta l’occasione per implementare il patrimonio della Collezione di Architettura del museo che si arricchisce con l’iconico progetto The Shed, proprio dello studio Diller Scofidio + Renfro e la Nakagin Capsule Tower di Kisho Kurokaw, in perfetta coerenza al programma di acquisizioni del MAXXI Architettura e Design contemporaneo.

info: maxxi.art

Articoli correlati