Era il 1955 quando a Termoli, una cittadina sulla costa molisana, veniva istituito uno tra i riconoscimenti artistici più longevi del panorama nazionale. Nel corso di oltre sessant’anni di storia, il premio ha intercettato i grandi talenti dell’arte, rivelando uno sguardo lungimirante verso i linguaggi del contemporaneo. L’eredità del riconoscimento, prima dispersa nei depositi e nelle scuole del paese, è ora custodita dal MACTE Museo di Arte Contemporanea di Termoli, che ha inaugurato il 18 ottobre 2024 la rassegna dedicata alle opere di Irene Fenara, vincitrice del Premio mostra al 63° Premio Termoli.
Irene Fenara, le potenzialità estetiche della sorveglianza
«Questo lavoro l’ho cominciato un po’ per caso, ma ha la sua origine nel mio interesse per le tecnologie, di cui cerco i limiti, sfruttandoli per dire qualcosa di più». Così Irene Fenara (1990), protagonista della nuova personale al museo molisano Le buone ombre, ci racconta i passaggi iniziali della sua pratica, caratterizzata da incursioni nel mondo delle videocamere di sorveglianza. «Essendo a circuito chiuso – spiega – è sufficiente disporre di una connessione internet e di un indirizzo IP per accedere al loro contenuto». È da questo spazio virtuale controverso, pensato per proteggere ma al tempo stesso aperto a tutti, che l’artista scopre nuovi mondi in cui guardare, con una postura non tanto voyeuristica né sociologica, ma strettamente poetica.
Rovesciando la funzione tradizionale delle telecamere di sorveglianza, Fenara sceglie allora immagini astratte a sfondo naturalistico di luoghi geografici disparati e non dichiarati, prelevandole da un flusso di registrazione pronto a disperdersi. Due i filoni di ricerca principali: se in Supervision raccoglie giochi di forme, ombre e coni di luce da riprese meccaniche, in Autoritratti la figura dell’artista si inserisce nelle registrazioni di sorveglianza salvandole prima che il sistema ne cancelli ogni traccia. Entrambe le serie sono esposte nella mostra al MACTE, ma a esse si aggiunge un’imponente installazione video a ledwall – anch’essa una ripresa – che illumina con la sua luce fredda alcune stampe fotografiche inedite tratte dall’archivio dell’artista e collocate nello spazio circolare attorno al quale si organizza il museo, costruito in un ex mercato rionale.
La mostra prosegue negli ambienti raccolti del MACTE, dove un tempo si trovavano le saracinesche dei venditori. In tre di questi si mescolano stampe su carta baritata delle due serie realizzate da Fenara, che a loro volta intrecciano un dialogo con la collezione del Premio Termoli, una cui selezione è riallestita in occasione di ogni rassegna presentata dal museo, che dal 2020 è guidato da Caterina Riva, anche curatrice della prossima edizione del riconoscimento.
Al MACTE le visioni poetiche delle macchine
Griglie e riflessi caratterizzano molti lavori di Irene Fenara, che nella sua ricerca pone all’attenzione la presenza di una lente tra il nostro sguardo e il paesaggio osservato. «Quando parlo delle macchine – racconta l’artista descrivendo i suoi lavori di Supervision – mi piace parlare di errori. Però, un riflesso o una luce intensa costituisce un errore dal nostro punto di vista: a me interessa ribaltare questo approccio, decentrare l’atteggiamento antropocentrico e vedere il mondo dal punto di vista della macchina, che ha la sua specificità».
Un approccio, questo, che si lega a una dichiarazione d’intenti. Se la questione della sorveglianza richiama le riflessioni di Michel Foucault, le opere in mostra rappresentano l’esito di un approccio estetico. «Mi piace liberare le macchine dal lavoro a cui noi le abbiamo costrette – spiega Fenara – perché loro si possono perdere nell’osservare e catturare qualcosa di bello, creando un’estetica. Il risvolto antropologico della sorveglianza è importante fino a un certo punto, perché nel lavorare con queste immagini mi interessa aprire nuovi punti di vista».
Il MACTE, una realtà inaspettata nel cuore del Molise
«È stato il Premio Termoli a portarmi qui per la prima volta», racconta Fenara. A proposito del museo, l’artista afferma di aver trovato «una realtà unica e rara», facendo eco alle parole della direttrice Caterina Riva. «Termoli – spiega – è un luogo dove trovare un museo d’arte contemporanea non è un dato di fatto, perciò lavoriamo con l’obiettivo di creare una fidelizzazione del pubblico, al quale proponiamo sì un museo d’alta qualità, ma che sia generoso verso i non addetti ai lavori». Un approccio che, spiega ancora l’artista, «la direttrice e il suo approccio curatoriale le hanno trasmesso, perché è importante costruire una relazione con il pubblico, senza chiudersi».
La mostra Le buone ombre di Irene Fenara, vincitrice del Premio mostra al 63° Premio Termoli, sarà visitabile fino al 25 gennaio 2025.
info: fondazionemacte.com