Il mercato dell’arte è in crisi. Sì, forse. Ma forse no

Tempi cupi per gli affari: il mercato del lusso vive una battuta d'arresto, ma nuovi player si affacciano all'orizzonte

Questo autunno sta iniziando con raffiche di venti sfavorevoli. Parliamo del mercato dell’arte, su cui si addensano nubi (ma solo nubi?), in buona compagnia del mercato della moda dato in calo, in difficoltà, in crisi. 

Le notizie sono note: crollo dei profitti dell’88% e calo del 25% nelle vendite d’asta per Sotheby’s, fatto che, essendo da tempo le aste il termometro del mercato, il luogo dove spesso si decidono le reali quotazioni degli artisti ed essendo seguite con sempre più interesse dai collezionisti, ha ripercussioni su tutto il mercato dell’arte. 

Dal versante moda, nonostante il successo mediatico della recente fashion week che si è tenuta a Milano e della Paris Fashion Week in corso fino al 1 ottobre, arrivano altrettante brutte notizie. Insomma, guai seri per due settori che incarnano il lusso, di cui si registra la prima grande crisi, non alimentata da un tracollo finanziario come è stato nel 2008 (in questo periodo la borsa paradossalmente continua ad andare piuttosto bene, il che significa che i soldi ci sono), ma dal fatto che la Cina si è piantata. Non cresce più, con la conseguenza che i ricchi cinesi sono un po’ meno ricchi, ma soprattutto non investono in arte e in marchi del lusso. 

Che fare, allora? Intanto guardare meglio il tutto, con più attenzione. Se la Cina non corre, sul mercato dell’arte e del lusso, come è noto, si sono affacciati altri player. L’India per prima, su cui si ripongono molte speranze, e prova ne è la crescita del suo mercato interno, delle gallerie, della fiera India Art Fair che si tiene a Delhi. Poi i paesi arabi che, nonostante abbiano regimi spesso discutibili, sono però parecchio graditi ad artisti, curatori e a un po’ a tutto il bel mondo dell’arte, con conseguente super display di mostre e musei. L’Africa, che rappresenta l’ultimo e ghiotto terreno di conquista per il mercato, non a caso la pittura nera, fatta cioè da artisti di colore, non è affatto in crisi, sostenuta anche dal forte impatto teorico della blackness. Fino all’ultima arrivata: l’area ex sovietica. 

Una delle notizie più rilevanti degli ultimi giorni è l’annuncio che nel 2025 si terrà la prima edizione della Biennale di Bukhara in Uzbekistan, affascinante Paese ricco di passato che ora intende mettere in mostra i suoi gioielli. Un po’ come ha fatto Al Ula, perla dell’Arabia Saudita, promossa a patrimonio mondiale dell’Unesco, e divenuta in pochi anni appetibilissima meta turistica. Non escludiamo che tra qualche anno anche Al Ula tiri fuori la sua Biennale d’ordinanza, dopo quella che ha luogo a Diriyah, sempre in Arabia Saudita. E ancora in Medio Oriente, non si può non citare l’ormai trentennale Biennale di Sharjah, sostenuta dalla illuminatissima sceicca Hoor Al Qasimi, luogo di qualità artistica e di radicale riqualificazione culturale. 

Come dire, il mondo è bello perché vario. Con nuove realtà che si affacciano anche nel mondo dell’arte, come in quello della moda. E se – signora mia – Art Basel non è più quella di una volta, Londra ha perso quota e pezzi per via della sciagurata Brexit, e la Cina arranca, ci sono altri mondi che si aprono. Che vanno esplorati, conosciuti. Fatto che, come sappiamo, comporta anche una certa fatica: viaggiare, imparare nomi nuovi, addentrarsi in territori quasi impervi. 

Un altro fronte caldo e promettente è il Sud Est Asiatico, ancora decisamente poco battuto, ma i cui artisti – filippini, malesi, indonesiani – si incontrano ormai in tutte le Biennali del pianeta e i cui curatori si affermano su scala globale. 

Dunque, forse in crisi, prima del mercato, è un certo modello e idea del mondo dell’arte e, forse addirittura, dell’arte stessa. Discorso complesso, che tanta parte ha avuto con l’ultima edizione di Documenta, dove è stato evidente il venir meno non solo dell’opera, ma addirittura dell’artista, dell’idea di autorialità legata ad esso. Insomma, ce n’è per continuare a rifletterci e ad immaginare scenari futuri. Alla prossima puntata.