Inizio fine. Rotondo. Tutte le cose del mondo. L’intrusione dolce di Chiara Camoni a Spoleto

Figura di primo piano nel panorama artistico nazionale, coinvolta anche nel celeberrimo Festival dei Due Mondi, Chiara Camoni porta la sua visione poetica nell’ultima personale a Palazzo Collicola

Giocando un po’ con le inversioni di prospettiva, e mescolando le carte al punto da confondere ospite e invitato, si potrebbe quasi affermare che sia stata Chiara Camoni a prendersi cura di Palazzo Collicola, e non il contrario. Sia chiaro, beninteso: un incipit così spiazzante non vuole far altro che sottolineare l’ottimo lavoro svolto da Saverio Verini, curatore della mostra che, dallo scorso 28 giugno fino al prossimo 20 ottobre, occupa nella sua interezza il piano Nobile del palazzo, e che suggella, con una rassegna personale, il ruolo di primo piano ricoperto di Camoni nell’estate spoletina. Già responsabile del manifesto ufficiale del Festival dei due Mondi, giunto quest’anno alla sua 67esima edizione, l’artista piacentina classe 1974, di base a Seravezza in Versilia, si è introdotta a palazzo con una delicatezza e una cura che, inseguendo un po’ gli stereotipi, potremmo definire femminili. 

Chiara Camoni, Inizio Fine. Rotondo. Tutte le cose del mondoEsercito di terracotta, 2012-2024
Veduta della mostra a Palazzo Collicola, Spoleto, 2024. Fotografia di Camilla Maria Santini.
Courtesy l’artista e SpazioA, Pistoia

Rispetto ad altri artisti che hanno provato, negli ultimi anni, a misurarsi con la storia del palazzo – penso ad esempio a Flavio Favelli, e alla verticalità accentuata di Intervallo, convincente personale curata dallo stesso Verini – Camoni sviluppa, con Inizio fine. Rotondo. Tutte le cose del mondo una narrazione orizzontale, un percorso progressivo in cui la presenza dei lavori e loro distribuzione sul piano pavimentale non li configura come “oggetti” antagonisti – etimologicamente parlando, l’objectum è l’essenza che ostacola il soggetto, contrapponendosi ad esso – bensì come alleati dello sguardo e del cammino del visitatore.

Le sculture, gli agglomerati polimaterici di Camoni, chiedono fiducia, e la ottengono, probabilmente proprio in virtù di una consistenza che li rende percepibili come dati reali. “La scultura si colloca nella realtà – scrive l’artista -, nel nostro stesso spazio”, e a differenza della pittura e della fotografia, essa “soggiace alle stesse regole di tutti gli altri oggetti”. Richiamandosi ad Arturo Martini, anche Camoni infatti tende a credere che “una mela dipinta è un quadro, una mela scolpita è una mela”.

Chiara Camoni, Inizio Fine. Rotondo. Tutte le cose del mondoSister (Serpentessa), 2024. Veduta della mostra a Palazzo Collicola, Spoleto, 2024. Fotografia di Camilla Maria Santini. Courtesy l’artista e SpazioA, Pistoia

Già il gruppo di stampe vegetali su seta (Senza titolo, 2024), posizionato al centro della prima sala, viene concepito come una struttura in cui il supporto in ottone dona una certa pregnanza fisica all’insieme. Ancora nella prima sala, fa poi la sua comparsa un essere strisciante, assemblato a partire da piante, frammenti di terracotta, rami, rocce e conchiglie – un insieme eterogeneo di materiali, spesso prelevati dall’area limitrofa del bosco di Monteluco – che accompagna lo spettatore lungo tutto il tracciato espositivo.

Questa sorta di enorme rettile “diffuso”, costruito con elementi primordiali, attiva una riflessione più ampia sul binomio natura/cultura troppo spesso trattato alla stregua di un dato di fatto, con la stessa certezza che si riserva agli assiomi matematici. A un primo impatto, infatti, ogni fronda, ogni ciottolo strappato all’habitat originario può sollevare dei dubbi, provocare quella reazione di sospetto che emerge in presenza di un intruso. A ben vedere, però, a introdursinelle sale della cultura non è il dominio altro della natura, bensì una cultura ancestrale, arcaica, che però non perde il diritto di essere definita tale. Una storia antica, preliminare, un momento di manualità artigianale e di creatività diffusa. Definendo se stesso come frangente specifico della storia, e addossandosi la responsabilità unica della cultura, l’uomo crea una separazione con il mondo che abita.

Chiara Camoni, Inizio Fine. Rotondo. Tutte le cose del mondoSenza titolo, 2024
Veduta della mostra a Palazzo Collicola, Spoleto, 2024. Fotografia di Camilla Maria Santini.
Courtesy l’artista e SpazioA, Pistoia

Nella sua ricerca, Chiara Camoni opera per ricucire quello strappo, per reinserire l’essere umano in una rete comunitaria di relazioni che smentisce ogni assetto gerarchico. A tale scopo, un passaggio fondamentale nella sua pratica è il recupero di un’autorialità condivisa (“E se l’autore non esiste?”, si chiede). I suoi Eserciti di terracotta (2012-2024), ad esempio, sono il frutto di sessioni di lavoro in cui l’artista coinvolge bambini, amici e conoscenti.

La terracotta è sicuramente uno dei materiali prediletti da Camoni: ad essa affida il compito di realizzare busti (è il caso Lei non ama il mare, è tanto piatto e non ci può camminare, lavoro del 2024 e vero e proprio Omaggio a Maria Cvetaeva), vasi di fiori (Barricata #02, 2016) o formazioni “anfibie” tra il vegetale e il corallino (Senza titolo #15, 2014-2024) in conversazione con gli arazzi parietali.

Chiara Camoni, Inizio Fine. Rotondo. Tutte le cose del mondoFogliette, 2024.
Veduta della mostra a Palazzo Collicola, Spoleto, 2024. Fotografia di Camilla Maria Santini.
Courtesy l’artista e SpazioA, Pistoia

Per quanto riguarda la ceramica, invece, anche quest’ultima viene modellata per realizzare dei vasi antropomorfi, dove il soggetto religioso (l’Annunciazione) viene contaminato da riferimenti alla mitologia greca (in lavori come Zeus, 2024, il grès dà forma al padre degli dei olimpici ma anche all’angelo annunciante), modificando la morfologia e lo statuto ontologico tanto della “scena” rappresentata quanto il valore d’uso del manufatto stesso.  Nell’intervista rilasciata in occasione di una mostra romana (Nomas Foundation, 2015), l’artista si è interrogata sulla natura degli oggetti prodotti: “Difficile a prima vista considerare un vaso una scultura – commenta – poiché appartiene per consuetudine a un contesto artigianale. Ma se fosse una scultura il cui soggetto è un vaso? Una scultura in forma di vaso?”.

Portando alle estreme conseguenze una simile operazione, Camoni arriva addirittura a chiedere, al pubblico che approccia il suo Erbario (2024), se l’insieme di fogli in porcellana disposti su un tavolo in legno possa effettivamente rientrare nella grande famiglia della scultura. Camoni è disposta, perciò, a mettere in crisi l’atto stesso della visione, non esitando a scommettere sulla fiducia guadagnata, concedendo a coloro che la seguono un dono, degli Anelli ossei che in qualche modo ufficializzano un patto intersoggettivo fondato sulla volontà di farsi guidare da quella spirale che, nel corridoio terminale del palazzo, acquista maggiore concretezza nella mutazione finale. Una metamorfosi che dà vita alla Serpentessa (2024), una delle sue Sisters, sculture tutte al femminile unite da un rapporto spirituale di sorellanza che condensano, anzi ricreano daccapo, il legame che univa – e che dovrebbe riunire di nuovo – l’uomo e la natura.

Chiara Camoni, Inizio Fine. Rotondo. Tutte le cose del mondoSenza titolo #15, 2014-2024.
Veduta della mostra a Palazzo Collicola, Spoleto, 2024. Fotografia di Camilla Maria Santini.
Courtesy l’artista e SpazioA, Pistoia