Opere d’arte e intelligenza artificiale: cosa cambia?

I legislatori dell’UE hanno approvato la legge sull’IA che stabilisce un quadro comune per l’uso e la fornitura di sistemi di IA in Europa

I legislatori dell’Unione europea hanno approvato la legge sull’intelligenza artificiale (IA) che stabilisce un quadro comune per l’uso e la fornitura di sistemi di IA in Europa. Ma cosa cambia per le opere d’arte create o assistite da IA?

L’Artificial Intelligence Act: un nuovo quadro normativo

Si chiama “Artificial Intelligence Act” la normativa, approvata dal Parlamento europeo il 13 marzo scorso, che fornisce, per la prima volta nel panorama mondiale, una classificazione dei sistemi di IA, con differenti requisiti e obblighi, ritagliati su un “approccio basato sul rischio”.

Alcuni sistemi di IA che presentano rischi “inaccettabili” sono in assoluto vietati; seguiti da un’ampia gamma di sistemi di IA “ad alto rischio” che possono avere un impatto negativo sulla salute, sulla sicurezza o sui diritti fondamentali delle persone. L’uso di questi sistemi è autorizzato, ma soggetto a una serie di requisiti e obblighi per ottenere l’accesso al mercato unionista. Infine, tutti quei sistemi di IA che presentano “rischi limitati” sono soggetti a obblighi di informazione e trasparenza, mentre i sistemi di IA che presentano solo un “rischio minimo” per le persone non sono soggetti a ulteriori obblighi. 

Opportunità e sfide per gli artisti

L’AI Act prevede norme specifiche per i sistemi di IA per finalità generali (GPAI) e i modelli su cui si basano.

Approfondendo le questioni poste dai GPIA, in particolare, i grandi modelli generativi, ossia in grado di generare testo, immagini e altri contenuti, l’IA Act afferma in modo chiaro la grande opportunità di innovazione ad essi associata, ma evidenzia anche le sfide poste agli artisti, agli autori e agli altri creatori per le modalità con cui i loro contenuti creativi sono creati, distribuiti, utilizzati e fruiti. 

La centralità del diritto d’autore

Lo sviluppo e l’addestramento di tali modelli richiedono infatti l’accesso a grandi quantità di testi, immagini, video e altri dati; così le tecniche di estrazione di testo e di dati possono essere ampiamente utilizzate in tale contesto per il reperimento e l’analisi dei contenuti protetti dal diritto d’autore. Per questo motivo, qualsiasi utilizzo di contenuti protetti richiede necessariamente l’autorizzazione del titolare dei diritti, salva l’applicazione delle eccezioni e delle limitazioni a tali diritti previsti dalla normativa sul diritto d’autore nel mercato unico digitale (direttiva (UE) 2019/790).

In base a tali norme, i titolari dei diritti hanno la facoltà di scegliere che l’utilizzo delle loro opere e di altri materiali sia “riservato” per evitare l’estrazione non autorizzata di testo e di dati, salvo per fini di ricerca scientifica. Qualora il diritto sia stato “espressamente riservato”, i fornitori di modelli di IA per finalità generali devono ottenere una preventiva autorizzazione dai titolari dei diritti, qualora intendano compiere tali attività.

Inoltre, i fornitori devono mettere a disposizione del pubblico una sintesi sufficientemente dettagliata, ma di ampio respiro, dei contenuti utilizzati per l’addestramento, pur senza violare i propri segreti commerciali e le informazioni commerciali riservate, ad esempio, elencando le principali raccolte o serie di dati che sono state inserite nell’addestramento del modello, quali grandi banche dati o archivi di dati privati o pubblici, fornendo una descrizione delle altre fonti di dati utilizzate. 

E nell’arte cosa cambia? 

Nel 2018, l’opera d’arte, generata tramite GAN (Generative Adversarial Network), “Portrait of Edmond Belamy”, è stata aggiudicata da Christie’s NY per $432.500. Il ritratto, nella sua cornice dorata, raffigura un gentiluomo corpulento, forse francese e – a giudicare dal suo cappotto scuro e dal semplice colletto bianco – un chierico. L’opera appare incompiuta: i tratti del viso sono alquanto indistinti e ci sono aree bianche di tela. Stranamente, l’intera composizione è spostata leggermente a nord-ovest. Un’etichetta afferma che il soggetto è un uomo di nome Edmond Belamy, ma l’indizio sulle origini dell’opera è la firma dell’artista in basso a destra: un algoritmo. 

Le opere create tramite IA generativa sollevano molti dubbi, come ad esempio, sull’identità dell’autore dell’opera, sulla protezione dell’opera creata mediante IA, se l’IA possa essere considerata un mezzo espressivo attraverso il quale l’opera stessa è creata, posto che l’apporto umano è un requisito necessario ai fini della protezione in base al diritto d’autore. 

In attesa di conoscere come si pronuncerà il giudice italiano chiamato a dirimere le questioni su IA generativa e opere d’arte, ci sembra di poter condividere le recenti linee guida dell’U.S. Copyright Office (2023): le opere generate dall’IA non possono essere protette da copyright laddove la tecnologia, e non l’essere umano, determini gli elementi espressivi del risultato finale (output).

E’ solo una questione di input e output?

Quanto allora il contributo dell’essere umano (input) è necessario per qualificare l’utente di un sistema di IA come autore di un’opera generata tramite IA? Quale l’ambito di protezione dell’immagine così generata? Come valutare l’originalità delle opere generate da IA nel caso in cui i sistemi potrebbero essere stati addestrati su opere preesistenti? Queste alcune delle implicazioni poste alla base della creazione di opere d’arte mediante sistemi di intelligenza artificiale generativa.

Alcuni studiosi della materia del diritto d’autore hanno affermato che i risultati della creazione artificiale non possano essere protetti dal diritto d’autore, poiché gli esseri umani hanno di fatto perso il controllo del processo creativo. Alcuni autori, quindi, sostengono l’introduzione di speciali diritti connessi per proteggere l’output “senza autore” generato dall’IA. Ma questa ipotesi è corretta? Oppure l’output assistito dall’intelligenza artificiale può essere protetto, nonostante il ruolo sempre più importante che le macchine svolgono nella sua creazione?

Altri studiosi hanno proposto di applicare un approccio basato su quattro criteri per affermare se un output “artistico” assistito da IA possa essere considerato un’opera protetta, ossia devono essere soddisfatti quattro criteri interconnessi: (1) ambito artistico; (2) prodotto dello sforzo intellettuale umano e (3) risultato di scelte creative che sono (4) espresse nell’output.

Uno sguardo alla legge

La nostra legge sul diritto d’autore afferma che sono protette le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione; intendendo per “opere dell’ingegno” quelle opere create ad opera del genio umano, pertanto escludendo tutto ciò che è generato da una macchina. Tuttavia, in passato, l’uso di un software per la creazione di un’opera non ha posto dubbi sulla protezione del risultato in quanto il programma è stato qualificato come strumento utilizzato da una persona nell’ambito del processo creativo. Un’opera inoltre deve riflettere la personalità del suo autore nel senso di esprimere e identificare in quell’opera l’esecuzione dell’artista. 

Del resto anche il Parlamento europeo in una risoluzione del 2020, in tempi antecedenti alla entrata in vigore dell’AI Act, sui diritti di proprietà intellettuale per lo sviluppo di tecnologie di IA, aveva posto l’accento proprio sulla problematicità dell’autonomizzazione del processo creativo di generazione di contenuti di natura artistica con riguardo alla titolarità dei diritti di proprietà intellettuale relativi a tali contenuti. Avendo ritenuto, a tale proposito, che non sarebbe opportuno conferire personalità giuridica alle tecnologie di IA, aveva altresì sottolineato l’impatto negativo di tale possibilità sugli incentivi per i creatori umani, confermando infine il principio secondo cui laddove l’IA sia utilizzata solo come strumento per assistere un autore nel processo di creazione, l’attuale quadro normativo in materia di diritti d’autore rimarrebbe inalterato. 

Occorre dunque distinguere tra opere generate autonomamente da IA e opere create con l’ausilio di IA, per concludere che gli output generati da IA “senza autore” rimarrebbero completamente sopravvisti di tutela ove non protetti da diritti connessi. Ma se è vero che i diritti connessi possano estendersi potenzialmente alle produzioni di IA “senza autore” in molteplici settori creativi come la radiodiffusione, gli audiovisivi, la musica, non altrettanto si può dire per le opere d’arte alle quali il regime dei diritti connessi non trova applicazione.

Le opere d’atre generate da IA dovrebbero dunque essere protette da diritti d’autore solo se vi sia un intervento dell’artista nella creazione dell’opera e a condizione che siano soddisfatte tutte le altre condizioni per la protezione in base alla normativa sul diritto d’autore. Le opere d’arte generate da IA senza l’intervento dell’artista non dovrebbero invece essere protette da diritti d’autore. 

Noto è il caso di “The Next Rembrandt”, una nuova opera d’arte in 3D generata da un algoritmo che aveva analizzato migliaia di dati estratti da opere dell’artista olandese del XVII secolo, Rembrandt Harmenszoon van Rijn, dietro alla quale il ruolo umano nelle varie fasi del processo creativo sembrerebbe, a giudizio dell’esperto, del tutto evidente.

Per approfondimenti sul tema, Silvia Stabile, Arte, intelligenza artificiale generativa e diritti d’autore, in AA. VV., Il diritto e la fiscalità dei mercati internazionali dell’arte, a cura di Silvia Stabile (Wolters Kluwer, 2024).