“Processi 151”, al via la mostra dei borsisti dell’Accademia di Spagna a Roma

Molti i linguaggi messi in campo in "Processi 151", l'esposizione finale dei borsisti all'Accademia di Spagna a Roma

È stata inaugurata in un caldo pomeriggio di giugno Processi 151, la mostra che presenta i lavori dei borsisti che hanno abitato nell’ultimo anno gli incantevoli spazi dell’Accademia di Spagna a Roma. 151 sono gli anni trascorsi dalla fondazione dell’Accademia, che offre agli artisti selezionati la possibilità di interagire non solo con i compagni con cui condividono questa esperienza, ma anche con gli studenti delle altre accademie d’arti straniere presenti in città, rendendo l’esperienza unica per tutti i borsisti.

Ma è la città di Roma la principale fonte di ispirazione, cornice all’interno della quale gli artisti hanno compiuto le loro ricerche e hanno esplorato tanto la realtà sociale quanto quella creativa, urbanistica o politica. Roma offre sia l’opportunità che l’ispirazione per future linee di ricerca e progetti, indipendentemente dal fatto che si materializzino nei lavori in mostra o che funzionino come semi che germoglieranno in futuro. La mostra, oltre ad essere la chiusura di un ciclo, è il risultato di queste diverse relazioni e di questo costante interscambio sociale, culturale e artistico.

Da qui il titolo annuale dell’esposizione, Processi 151, che sottolinea il carattere trasformativo del lavoro realizzato durante il soggiorno all’Accademia di Spagna. Infatti, spesso il progetto pensato inizialmente prende strade differenti e mai immaginate prima. I lavori presentati dai 23 artisti e ricercatori, provenienti dalla Spagna e dall’America Latina, ma per la prima volta anche dall’UE, abbracciano tutte le discipline come cinema, musica, tecnologia multimediale, coreografia, fotografia, animazione, scultura, pittura, architettura e così via.

Tra gli artisti visuali di Processi 151 troviamo Alejandro Andújar, che presenta Il Vuoto della Moretta, un modello in scala 1:1 di uno frammento di Palazzo Ruggia, importante edifico progettato dal Bramante e abbattuto nel 1939 dal Piano Regolatore di Piacentini, al servizio di Mussolini. Con questa scultura di grandi dimensioni, l’artista vivifica lo spazio di un frammento architettonico e mira a far riflettere sul valore dell’esperienza dell’individuo all’interno della storia.

Pedro Luis Cembranos con L’ordine della comunità propone una serie di film-saggi, con materiali e formati audiovisivi diversi, basati sui testi di Adriano Olivetti e sulla dottrina di alcuni degli utopisti del XIX secolo. Il lavoro si basa sulla costrizione ipotetica di un edificio ideale con dimensioni e capacità abitative definite, in cui la comunità possa sviluppare la vita professionale e sentimentale, determinata dalla storia e dal territorio. Prometeo è invece il progetto di Rubén Ojeda Guzmán: attraverso lo sviluppo di opere basate sul fuoco e sul fumo, il lavoro esplora la natura umana che si lega alla tecnica e alla guerra. Questo tema si lega al contesto attuale dei numerosi crimini di guerra, della violazione dei diritti umani, della crisi globale e delle migrazioni di massa, di cui l’artista fa parte.

Pila di Mònica Planes è una ricerca scultorea sulla rappresentazione del corpo in movimento nel corso della storia. Attraverso questa ricerca vuole generare potenza nel corpo stesso, appropriandosi dei movimenti presenti nelle sculture, ripetendoli lei stessa e poi sviluppare un insieme scultoreo che rende visibile il movimento dei corpi che fanno parte del canone scultoreo in diversi periodi storici. Ixone Sádaba in Abitare le rovine della modernità si chiede invece come si è arrivati alla situazione di rovina contemporanea, sia a livello ambientale che umano che sociale e cosa l’artista/ricercatore può fare per arginare questa rovina.

Fessura è l’installazione di Pedro Torres che prende le mosse da due concetti che si legano alla luce, interferenza e diffrazione. È un’opera che, con materiali come video, tende, giochi di luci, specchi o lenti, cerca di destabilizzare la percezione del reale attraverso i sensi e l’esperienza spaziale e crea una riflessione sulla domanda: cosa è la realtà e come la percepiamo?

Degli studi teorici in Processi 151 si è occupata, tra gli altri, Camila Baracat Vergara con La libertà del Cile: ritorno alle ceneri, memoria e arte pubblica alla Biennale di Venezia del 1974, in cui ha cercato di comprendere, intrecciando documenti storici e critica culturale, la portata dell’arte visiva cilena presente nella Biennale del 74, in cui il Padiglione Italia espose, per la prima volta, opere che denunciavano la dittatura in Cile. Il nucleo di ricerca del progetto Intorno a “La Gran Cacerìa” di Kamila Łapicka è sia il testo teatrale di Juan Mayorga, scritto dopo aver visto il mosaico nella Villa Romana del Casale di Sicilia, che il libro di Goethe Viaggio in Italia. Łapicka ha tradotto in polacco l’opera di Mayorga, l’ha intervistato e ha scritto un saggio sul viaggio in Italia di Goethe in Italia. Questi materiali, in spagnolo e polacco, sono esposti in mostra.

Laura Martínez Panizo in Si inaugura questo borgo minerario confronta le politiche adottate dal fascismo in Italia e dal franchismo in Spagna, per lo sfruttamento delle miniere di carbone, concentrandosi sulle persone che vi hanno lavorato. In esposizione sono presenti oggetti ritrovati nelle miniere del Bierzo e Laciana. Carmen Noheda, musicologa, presenta in mostra L’arte sonora spagnola a Roma, in cui compie una ricerca sull’arte sonora spagnola in Italia, a Roma in particolare, della prima generazione di artisti che hanno sperimentato i suoni nei loro spazi insoliti.

In Materia(e) di Cura(e), Ane Rodríguez Armendariz sviluppa un’indagine speculativa sulle pratiche dei curatela nell’ambito della istituzioni artistiche, mentre l’indagine di Alex Rodríguez Suárez riguarda le campane della città di Roma, un patrimonio artistico poco conosciuto. Le campane di Roma: un patrimonio artistico sconosciuto mostra infatti gli studi compiuti dall’artista: la forma, le misure, le decorazioni e le iscrizioni delle campane esaminate (dati inseriti in un database online).

L’arte come atmosfera e la musica come sottofondo sonoro è il lavoro di Lola San Martin Arbide in cui ricostruisce l’opera di Walter Olmo, compositore italiano, per far scoprire ai visitatori una capitolo della storia dell’arte e della musica italiana ed europea del XX secolo ai più sconosciuta. Carla Zollinger con Lina Bo Bardi da Roma a Bahía compie una ricerca sulla formazione nella città eterna dell’architetto di fama internazionale Linda Bo Bardi. Il progetto si concluderà con la produzione di un video-documentario e di una pubblicazione. Cecilia Barriga realizza una video proiezione di 20 minuti intitolata Il canto delle Cecilie parte I (Ovunque mi porti il cuore). La ricerca parte da due Cecilie: Santa Cecilia e dalla cineasta militante Cecilia Mangini. A Roma, la Barriga ha intervistato più di 40 cecilie e con queste ha preparato un canto corale, interpretato insieme, contro la violenza.

Il fotografo Jon Cazenave con Una crepa nel passaggio riflette sui processi di rappresentazione della natura realizzata a partire da diversi avvicinamenti ai vulcani attivi nella geografia italiana. Un lavoro con cui intende proporre una nuova possibilità di rappresentazione del territorio. Amaya Galeote, invece, è una coreografa e in Processi 151 porta Quelli che ballavano a Roma, un progetto in cui ha intervistato persone tra 70 e 80 anni, chiedendo loro che musica ascoltassero e quali locali frequentassero nella loro giovinezza. Il lavoro, indagando come un’altra generazione abbia vissuto la propria gioventù, mira a creare un dialogo tra generazioni e città diverse (ha realizzato lo stesso lavoro anche a Madrid).

Una finestra tra due muri è il progetto della fumettista Begoña García-Alén, la quale studia il legame tra i fumetti e l’architettura, attraverso l’opera di Carlo Scarpa e i suoi disegni espositivi. Alonso Gil è un pittore che con l’opera I fantocci di Roma racconta di coloro che stanno per strada, gli esclusi, tutte le persone che non lavorano e forse non lo faranno mai. Il catalogo è questo è il lavoro di Belenish Moreno-Gi, in cui l’artista vuole mostrare le violenze, le discriminazioni e l’oppressioni subite delle donne, compositrici e non. Si compone di due parti: una consiste nella creazione di un ciclo di canzoni per piano, soprano, tastiera, video, elettronica e sensori di movimento; la seconda si chiama TikTopera e ha lo scopo di fare questa stessa riflessione ma attraverso il linguaggio di TikTok, estendendo il progetto anche a chi non frequenta abitualmente le sale da concerto.

Rocío Quillahuaman, invece, è all’Accademia per realizzare il suo primo cortometraggio di animazione, intitolato provvisoriamente Puriykachay, in cui affronta, attraverso un passeggiata tra le strade di Roma, il conflitto di identità e dissociazione che vivono molte persone migranti. Brigitte Vasallo con Improvviso [Roma o morte] compie due ricerche: una su come esprimere la letteratura per le persone che non leggono; la seconda sulla memoria attuale riguardo la scomparsa del mondo rurale precapitalistico, incarnata oggi nel corpo dei figli, figlie e nipoti di quei contadini cacciati, che sono nati nelle città e hanno già una storia industriale.

Processi 151 sarà aperta al pubblico fino a settembre.

info: accademiaspagna.org

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